Rancitelli, Di Credico: «chi ha bisogno non occupa le case»

Spaccio, violenze e prepotenze, racket e occupazione abusiva case popolari, sono tanti i mali di Rancitelli a Pescara. Dove sono presenti e resistono cittadini onesti, che non si arrendono e da tanti anni lottano per un futuro migliore molti dei quali hanno costituito l’anno scorso il comitato di quartiere "Per una nuova Rancitelli". Intervista alla presidente del comitato Francesca Di Credico.

Rancitelli, Di Credico: «chi ha bisogno non occupa le case»
Per gentile concessione di Francesca Di Credico, presidente del comitato Per una nuova Rancitelli. Articolo del 17 marzo 1993 sulle attività dell'allora comitato

Villa del Fuoco, periferia di Pescara, negli ultimi decenni mentre lo Stato è apparso sempre più lontano quando non ci sono passerelle e campagne elettorali sono aumentati degrado, ghettizzazione, spaccio di stupefacenti, violenze, occupazione abusiva delle case popolari e racket sulle stesse.

Le ricostruzioni della storia della città riportano che gli stupefacenti si sono diffusi a partire dal 1985, introdotti in Puglia dall’Albania e poi smistati lungo la dorsale adriatica arrivando anche a Pescara. Villa del Fuoco è il vero nome di questa zona di Pescara ma è nota come Rancitelli e con questo nome abbiamo cercato di raccontarla in questi mesi. Partendo dal sangue che ha segnato il primo giorno dell’anno e passando per il racconto delle violenze, delle gang, dello spaccio imperante nei vicoli e nelle strade. Ma soprattutto tramite la resistenza di chi non si arrende al degrado, alla criminalità, allo sfregio continuo del bene comune.

L’anno scorso è sorto il comitato di quartiere «Per una nuova Rancitelli» ma è una lotta che va avanti da decenni. Abbiamo intervistato la presidente del comitato Francesca Di Credico che ci ha raccontato questo straordinario impegno civico che non si è fermato in queste drammatiche settimane di emergenza sanitaria.  In questi mesi di quarantena come abbiamo riportato in molti articoli lo spaccio, l’usura, le violente prepotenze e altre attività criminali in tutta Italia e anche in Abruzzo non si sono mai fermate. Rancitelli, come ci ha raccontato Francesca Di Credico in quest’intervista, compresa. Il comitato non ha mai fermato l’attività di vedetta civica e sociale e il 27 aprile, dopo gli ennesimi episodi di fuochi d’artificio, assembramenti vietati e una rissa notturna al Ferro di Cavallo, ha inviato una lettera aperta alle autorità denunciando che «la situazione è peggiorata rispetto al solito perché alle normali attività illecite si sono aggiunte le reiterate violazioni dei divieti di assembramento e di spostamento» e «al civico 171 nell’androne del palazzo sono stati predisposti due posti letto per alcuni tossicodipendenti».

La sera prima «per l’ennesima volta nel quartiere si svolgevano feste e assembramenti vietati dalle vigenti normative fino a tarda notte, in particolare al ferro di cavallo ed in via Lago di Capestrano, culminati con fuochi d’artificio sia intorno alle ore 22 che intorno alle ore 00 e con una rissa al ferro di cavallo», «ultimo in ordine cronologico di una lunga serie di eventi che avvengono quotidianamente in via Tavo, in via Lago di Capestrano, in via Trigno, in via Ilaria Alpi e in altre zone. Solo nel mese di aprile per ben 4 volte (11-13-23-26 aprile) abbiamo assistito ai fuochi d’artificio.

Per non parlare dei festeggiamenti in luoghi privati e pubblici, anche all’interno dei parchi chiusi nelle giornate di sole». Ma, come già sottolineato in precedenti articoli, lo spaccio di droga e l’illegalità violenta sono diffusi in tutta la Regione e in queste ultime settimane non è cambiato nulla. Il 30 aprile a L’Aquila, una situazione dalla dinamica quasi identica ai dramma bloccati di recente dalle forze dell’ordine a Vasto e Avezzano, un 35enne è stato arrestato per le ripetute percosse alla madre per costringerla a fornirgli denaro per l’acquisto di droga, il 21 aprile a Casalbordino è stato arrestato un 50enne che spacciava cocaina davanti casa.

Sono state rese solo le iniziali dello spacciatore casalese e non le generalità estese ma D.R. sono apparse subito inequivocabili, quasi un marchio di fabbrica: come abbiamo sottolineato già in uno dei primi articoli del gennaio scorso lo spaccio di droga, la presenza violenta in piazza e nei locali pubblici, l’usura sono praticamente egemonizzati – nel comune e in tutto il circondario – da una sola famiglia e dai suoi parenti. L’ultimo blitz anti droga dei Carabinieri di Avezzano che ha portato a 3 arresti è del 17 aprile, tra Vasto, San Salvo e Gissi l’ultima operazione di polizia è del 29 aprile con otto arresti per spaccio, usura ed estorsione scattata dopo la denuncia di un operaio finito nelle mani della banda per uso di cocaina e che aveva tentato in poco tempo tre volte il suicidio schiacciato dalla disperazione perché travolto dai debiti con gli spacciatori-usurai.    

In queste settimane di distanziamento rimanendo a casa come il comitato sta cercando di rimanere attivo?

«Tra le attività su cui ci siamo attivati c’è stata l’assistenza alle persone che hanno inviato le domande per il sostegno economico regionale stabilito a seguito dell’attuale emergenza. Un sostegno che si realizza con bonus d’acquisto ma la procedura, al contrario di quelli comunali qui a Pescara, ha avuto una procedura più complessa: era necessario compilare un modulo sul sito della Regione Abruzzo riportando i dati personali e del nucleo familiare, il codice IBAN perché l’erogazione avverrà sul conto corrente, avere a disposizione una casella di posta elettronica su cui ricevere il link per completare la procedura caricando la scansione del modulo firmato (era necessario stamparlo, firmarlo e poi scansionarlo) e del documento d’identità dei componenti del nucleo familiare esclusi i minorenni. Una procedura che appare farraginosa, ancor di più considerando che il bando era rivolto a persone senza reddito, non stanno neanche in cassa integrazione, non percepiscono il reddito di cittadinanza e conto corrente con bassa disponibilità (duemila euro da maggiorare di mille euro fino a cinquemila per ogni componente del nucleo familiare) quindi persone indigenti e con scarsi mezzi economici, anche anziani, e quindi con limitate possibilità di accesso ai moderni mezzi informatici, alcuni non hanno neanche un indirizzo e-mail o un cellulare.

Siccome abbiamo ricevuto diverse richieste di aiuto nella compilazione abbiamo chiesto a don Max la disponibilità del salone parrocchiale, attrezzato anche di computer, scanner e stampante e dove abbiamo anche la nostra sede, e siamo stati attivi da lunedì 20 a giovedì 23 aprile. In questi quattro giorni abbiamo compilato oltre cento domande (e molte altre persone sono venute solo a chiedere la scansione del documento e altri ci hanno chiesto aiuto al telefono) ed è venuta molta più gente di quanto ci aspettassimo anche di altre zone di Pescara e addirittura di Montesilvano, l’ultimo giorno è stata una frenetica corsa contro il tempo con l’ultima domanda completata alle 23.40, 19 minuti prima della scadenza.     

Gli incontri del comitato di quartiere avvenuti finora con cadenza mensile o, in alcuni periodi, anche settimanale sono ovviamente sospesi e siamo rimasti in contatto grazie a telefono, gruppi whatsapp e facebook dove stanno arrivando le segnalazioni di quello che accade nel quartiere. L’attività di segnalazione alle forze dell’ordine è tra le più importanti, abbiamo costituito l’associazione anche per fare da scudo al singolo cittadino che può essere timoroso e dubbioso a denunciare da solo. Col passare dei mesi molte persone sono state spronate a denunciare ed è stato uno dei più importanti traguardi della nostra associazione, segnale della riappropriazione dei cittadini degli spazi pubblici e della normalità della vita. L’anno scorso abbiamo avuto un grande supporto dal comandante della Polizia Municipale Palestini e dall’ex comandante provinciale dei Carabinieri Riscaldati che hanno partecipato ad alcuni nostri incontri pubblici e con i quali avevamo iniziato un percorso. Un meccanismo virtuoso che stava funzionando bene, le persone si sono sentite spronate e avevano iniziato a denunciare e a capirne l’importanza e il funzionamento della legge, del rispetto delle garanzie costituzionali anche di chi denunciamo e la complessità delle situazioni concrete. Può essere semplice affermare che a Rancitelli va sgomberato tutto e buttare fuori di casa gli abusivi ma la realtà è molto più complessa e difficile: ci sono famiglie con minori, disabili gravi e anziani a cui va data una destinazione diversa.

Una delle problematiche più gravi del quartiere è la povertà educativa infantile, per questo abbiamo puntato da subito ad un rapporto con le scuole. E con la facoltà di urbanistica dell’Università D’Annunzio in collaborazione con il prof. Rovigatti. Colpisce molto il lavoro nel quartiere del prof. Rovigatti che porta i suoi studenti sul posto con varie attività, sono ormai anni per esempio che svolgono l’esame in piazza così che le persone del quartiere possono assistere e vedere le attività. È stato un meccanismo virtuoso importante con le persone che hanno iniziato a frequentare gli spazi pubblici, pensiamo al parco dell’infanzia, a riappropriarsene e a prendersene cura. Se le persone non girano e non frequentano le strade e le piazze rimangono presenti solo spacciatori e tossicodipendenti.

Un’altra iniziativa partita dal prof. Rovigatti e da uno studente dell’Università di Pescara, Giuseppe Beatrice e che ha anche svolto con la Caritas il servizio civile, è Retake Rancitelli. È nato poi anche l’Osservatorio di Cittadinanza Attiva. Retake è nato per portare avanti l’idea di riappropriazione degli spazi pubblici lavorando per esempio andando a pulire il parco dell’infanzia o costruendo manufatti, un teatrino o delle panche con i bambini. Ci sono tanti spazi abbandonati al degrado che dovrebbero essere restituiti alla collettività su cui si sta lavorando, l’anno scorso abbiamo svolto il cinema all’aperto in uno di questi spazi riqualificati da queste attività. E Retake Rancitelli non è l’unica, sono diverse le iniziative e le associazioni che s’impegnano. A qualcuno potrà anche apparire paradossale ma Rancitelli è tra le zone di Pescara con maggior fermento sociale e associativo. Associazioni, scuole e privati cittadini che riescono anche a collaborare tra loro, tempo fa era partito anche il progetto «Biblioteca casa di quartiere», c’è anche un laboratorio teatrale alla scuola don Milani con Cam Lecce e Jorg Grunert di Deposito Dei Segni Onlus per la stesura di un racconto da portare in scena. Tra i vari progetti prima del lockdown stava nascendo anche un orto urbano. Uno dei progetti più importanti sicuramente è la ludoteca che ogni giorno accoglieva i bambini del quartiere nel doposcuola, un’iniziativa che avevamo avviato anche come comitato prima di doverci fermare per l’emergenza sanitaria».      

Il parroco don Max ha denunciato nelle scorse settimane che lo Stato sta arretrando e le attività criminali stanno avanzando, cosa sta accadendo?

«Rispetto a qualche settimana fa lo scenario è totalmente cambiato, nell’assenza di gente per le strade (anche se alcune strade del quartiere sono sempre rimaste deserte) ci sono ancora molti che continuano a girare e colpisce di più il movimento dei tossicodipendenti e le attività di spaccio. Durante le recenti festività pasquali, un fatto per noi molto grave, ci sono stati tantissimi che si sono mossi per andare da parenti assembrandosi dentro le case organizzando feste. È questo il clima nel quale siamo arrivati persino ai fuochi d’artificio, e non è stato il primo episodio in queste settimane di lockdown, le sere di Pasqua e del giorno precedente e continua ad avvenire.

Sono fatti che ci restituiscono il termometro della situazione: c’è chi pensa che tutto sia ancora possibile, che non stia succedendo nulla e continua anche a spacciare e occupare le case pensando di poter fare tutto quel che vuole. Costretta dalle esigenze a dover uscire di casa io stessa su via tavo ho notato la presenza di molte persone, soprattutto tossicodipendenti che si recavano evidentemente dagli spacciatori. Sono fatti che dimostrano quanto ho scritto in un post su facebook: queste persone si considerano legittimate a proseguire come se fossero normali lavoratori, noi tutti siamo costretti a rimanere in casa e loro si comportano come coloro che hanno avuto la possibilità di continuare a lavorare in queste settimane. Stanno cercando di approfittare dell’arretramento del lavoro delle forze dell’ordine, dovuto all’impegno di vigilanza sul rispetto delle misure di contenimento del covid19. I mezzi e le persone a disposizione sono quelle che sono e purtroppo le forze dell’ordine non possono fare altrimenti.

Il clima che si stava creando, con alcune iniziative istituzionali e soprattutto l’aumento della presenza delle forze dell’ordine, si trova ad arretrare. Quanto accade a Rancitelli possiamo paragonarlo ad un tiro alla fune: nel momento in cui lo Stato e i cittadini si sono ripresi i loro spazi la criminalità li ha persi, ora che noi siamo temporaneamente costretti a perderli perché rimaniamo a casa loro se ne stanno riappropriando. Episodi come i fuochi d’artificio a Pasqua sono esempi di un menefreghismo di quanto accade intorno e della volontà di fare qualsiasi cosa. Quanto sta accadendo mi dispiace perché stavamo portando avanti un bel lavoro, contemperando sempre l’attività di vigilanza con il rispetto umano. Non dobbiamo pensare che a Rancitelli ci sia una guerra tra buoni e cattivi anche perché i «cattivi» sono persone come le altre e hanno, per esempio, figli che vanno a scuola e il pomeriggio giocavano all’aperto».

Sul futuro dopo la fine dell’emergenza, come si potrebbe ripartire?

Poco prima della chiusura avevamo iniziato le attività del doposcuola in via Sacco, le attività di inclusione sociale per il nostro comitato è un’attività importante, per la prossima estate avevamo iniziato a programmare eventi come il cinema all’aperto. Sono iniziative con le quali abbiamo dimostrato che dove lo Stato torna ad essere presente e i cittadini si riappropriano dei loro spazi si può costruire tantissimo. Nessuno di noi intende gettare la spugna e non ripartire quando l’emergenza sarà finita, anzi si ripartirà ancora più arrabbiati e carichi di prima. Dovremo ripartire più forti di prima perché troppi passi in avanti hanno fatto, quando si ripartirà non si dovranno più gestire per esempio come fatto finora con le case popolari, andrà tutto rivisto a fondo. Non è pensabile che a maggio o giugno o comunque quando si potrà ripartire si debba ancora a cercare di capire dove prendere i fondi per eseguire gli sfratti o per la manutenzione fino a frenarli o non realizzarli se il livello degli stanziamenti non basta.

Così come andrà assolutamente rivista la gestione delle politiche sociali, Rancitelli dovrebbe essere un quartiere presidiato dalle politiche sociali, quanto avvenuto finora è evidente non è abbastanza, mancano da troppi anni imponenti progetti di inclusione sociale.  Tra gli spacciatori ci sono molte persone che non hanno trovato nella vita alternative per vivere, perché non cercare di dargliela? Si potrebbe partire con progetti pilota anche di piccole persone. Si fa spesso di tutta l’erba un fascio ma non è così, nello spaccio non ci sono solo grossi delinquenti che si sono arricchiti e costruiti enormi ville. Uno degli aspetti più inquietanti è che si prendono di mira anche poveri disgraziati, non esistono solo coloro che si sono arricchiti e vivono in lussuosi appartamenti. Abbiamo avuto notizia poi che tra coloro che invece le ville le vivono ci sono alcuni per i quali la casa popolare è una seconda casa che poi subaffittano, esiste un vero e proprio mercato parallelo degli appartamenti delle case popolari. Nella mia vita, invece, non ho mai visto un povero, una persona in stato di bisogno, che occupa una casa popolare. Il ferro di cavallo è una piazza di spaccio e un grande mercato dove ci sono coloro che lo sfruttano per i loro traffici».

Il Ferro di Cavallo è stato il luogo dell’omicidio di Capodanno, nelle settimane successive si è tornato a discutere di cosa fare di quel palazzo. Quale posizione esprime il comitato? Dopo l’omicidio di capodanno cosa è cambiato nel quartiere, quale impatto ha avuto a livello sociale?

«L’omicidio di capodanno ha scatenato un immediato e vivace dibattito all’interno del comitato prima della fiaccolata che abbiamo organizzato. A livello di percezione popolare non ha sconvolto del tutto perché notizie di pestaggi non sono rari e la sensazione è che prima o poi poteva finire nella maniera più drammatica possibile con una morte. Ci tengo a sottolineare che ovviamente non è una sottovalutazione o una riduzione della gravità di quanto accaduto, anzi. Un fatto drammatico che ci deve portare a riflettere sulla condizioni dei tossicodipendenti, molto spesso poveri disgraziati vittime loro stessi di un sistema, lasciati dormire all’abbandono anche per strada e addirittura schifati da chi guida lo spaccio che li allontana quando non li sfruttano come galoppini o corrieri.

Si riscontra una dinamica anche assurda in cui alcuni che vivono in certi contesti tendono a considerare normale e negare la gravità di certi fatti, anche cercando di rilasciare dichiarazioni alla stampa locale. Quanto accaduto a Capodanno ci ha dato in un certo senso una spinta perché ha fatto nascere occasioni di confronto, dibattito e riflessione su cosa fare e quali opportunità possono esserci per il futuro di tutta Rancitelli. È necessario sempre ricordarlo: la situazione non coinvolge solo quel palazzo ma tutti i complessi dell’area. Qualche giorno dopo nell’incontro avuto col presidente della regione Marsilio siamo stati chiari: il primo punto da cui partire deve essere la partecipazione della cittadinanza nelle decisioni sul destino del quartiere perché non deve più succedere come in passato quando sono piovuti anche miliardi di finanziamenti di cui non si è mai saputo la destinazione finale, siamo d’accordo con una demolizione anche parziale del palazzo ma la riflessione è necessario sia molto più ampia e valutare come ricollocare le famiglie che ci vivono, anche degli irregolari che non si possono buttare in mezzo alla strada altrimenti il mercato delle occupazioni non si fermerebbe. Si potrebbe prendere ad esempio il modello di riqualificazione di Restart Scampia, una soluzione potrebbe essere coinvolgere con una cooperativa sociale proprio chi ci vive nella demolizione e riqualificazione del Ferro di Cavallo. Possiamo essere perfettamente d’accordo con un progetto che prevede dopo l’abbattimento la ricostruzione degli alloggi popolari, per esempio, in tutta la città così si eviterebbe di creare una nuova ghettizzazione».

La ghettizzazione di Rancitelli non è recente, lo stesso impegno civico contro il degrado è datato nel tempo, quando possiamo collocare nel tempo la svolta negativa?

«Alla radice sicuramente c’è un problema urbanistico con la concentrazione delle case popolari porta ad una ghettizzazione, Rancitelli in questo non è molto diversa da altre periferie italiane. Il declino è iniziato sicuramente negli anni ottanta quando ci partì il boom del traffico di droga, erano gli anni della diffusione dell’eroina, e persino la vecchia criminalità cittadina si rifiutò di entrarvi e questo è anche il motivo per cui c’è una forte prevalenza di famiglie di origine rom, la cui presenza è fortemente concentrata a Rancitelli. Negli stessi anni i cittadini di Rancitelli formarono un primo comitato, la vecchia guardia del quartiere negli anni mi ha donato molto materiale fotografico e giornalistico su quegli anni da cui emergono certe dinamiche non molto diverse da quelle attuali – uno degli articoli era titolato, esattamente come accaduto pochi mesi fa, sulla repressione che non basta per il contrasto al degrado – o episodi anche divertenti come la protesta con le fornacelle sotto casa del sindaco di allora».

 

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