Abruzzo verde, ma non troppo

La Regione Abruzzo rilancia il brand della regione verde d’Europa e delle bellezze della costa dei trabocchi, ma la mattina dopo ad Ortona ci si oppone ad un’azione volontaria di tutela delle dune, mentre a Vasto si continuano con discussi tagli di alberi. E la costa dei trabocchi viene rilanciata da chi si oppose al Parco Nazionale.

Abruzzo verde, ma non troppo
fonte: Coordinamento Dune Bene Comune, Stazione Ornitologica Abruzzese

Venerdì scorso, prima della semifinale di Coppa Italia Juventus-Milan, la RAI ha trasmesso uno spot della Regione Abruzzo sulle bellezze della Regione Verde d’Europa. Fiore all’occhiello di questa regione ancora una volta è stato proposto nella costa dei trabocchi, i chilometri di spiaggia della provincia di Chieti in cui abbonda una natura straordinaria e commovente. Le dune rappresentano una delle parti pregiate di queste spiagge su tutta la costa, non solo bellissime, ma anche importante presidio per la conservazione delle spiagge stesse, così come autorevoli studi scientifici hanno dimostrato da tanti anni.

E già questo andrebbe considerato vitale in una costa dove, da decenni, ogni anno vengono buttati "letteralmente a mare", milioni di euro per rinascimenti di sabbia che non hanno mai risolto il problema dell’erosione costiera e durano (se tutto va bene) al massimo il tempo di una stagione balneare. La tutela delle dune e la difesa dei nidi dell’uccello fratino (tutelato da direttive comunitarie) sono tra le priorità della Stazione Ornitologica Abruzzese. La Soa (sigla dell’associazione) ad Ortona ha costituito il Coordinamento Dune Bene Comune, insieme ad altre associazioni e a privati cittadini. Sabato mattina il Coordinamento è sceso in spiaggia per un sit in per contestare quello che ha definito «incredibile comportamento del Comune che ostacola i volontari che vogliono proteggere le dune».

«Enti inadempienti rispetto ad obblighi di legge per la tutela di un ambiente unico ma i problemi sono i volontari del Fratino e del Giglio del Mare» attacca il comunicato inviato alla stampa. «Sei associazioni del coordinamento Dune Bene Comune – rende noto il comunicato - avevano inoltrato a tutti gli enti, dalla Regione Abruzzo al Comune di Ortona, il 21 gennaio 2020 una lettera in cui si comunicava l'intenzione di voler delimitare - con piccoli paletti e un semplicissimo cordino di canapa comprati dai volontari - le dune della stazione di Tollo, di enorme importanza per la tutela del Fratino e di diverse specie rare di piante, dal Giglio di mare al Verbasco».

Giunta la fase di ripartenza dopo il lockdown l’iniziativa era stata fissata per l'11, 12 e 13 giugno ma, il giorno prima dell’inizio, «dopo un silenzio di sei mesi il Comune di Ortona ha pensato bene di inviare una nota il 10 giugno» sostenendo «da un lato di non essere competente e dall'altro dichiarando che tali "recinzioni" (!) costituirebbe "occupazione di suolo demaniale marittimo" e addirittura "ostacolo alla libera fruizione da parte della collettività di ampi tratti di spiaggia" e che l'operazione "se posta in essere sarà a responsabilità diretta degli esecutori”». Gli ambientalisti sottolineano che le attività di tutela ambientale, proposte a spese proprie e in maniera del tutto volontaria, sono previste dall’annuale ordinanza balneare della Regione Abruzzo, dal Piano marittimo del demanio regionale, dalla legge regionale numero 47 del 1979 e da direttive comunitarie. «Dopo decenni di chiacchiere sulla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema in Abruzzo siamo ancora a questo punto» è l’amara conclusione del Coordinamento.

Abruzzo, regione verde d’Europa, quanto è bella la costa dei trabocchi spot fenomenale: (per carità, sempre un passo in avanti rispetto allo spot emozionale dell’anno scorso con le immagini delle Maldive per pubblicizzare la spiaggia abruzzese) ma la realtà resta sempre questa. Tra le città che vanta a destra e manca la bellezza del proprio territorio e la ricchezza ecologica c’è anche Vasto: fiore all’occhiello di questo vanto è sempre la spiaggia di Punta Penna e tutta la Riserva di Punta Aderci. Dove più o meno periodicamente vengono segnalati miasmi e "puzze" nessuna programmazione territoriale è mai stata portata avanti concretamente per risolvere la pluridecennale coabitazione con la zona industriale. Bellissima la spiaggia: all’arrivo il benvenuto avviene tra capannoni e ciminiere.

In questi giorni a Vasto si è tornato a discutere del taglio degli alberi, in attesa dell’approvazione e applicazione del «piano del verde» (con calma, senza fretta, attende solo dal 2007) si susseguono provvedimenti drastici, contestati da botanici, naturalisti e molti cittadini. Il 15 giugno di prima mattina moltissimi cittadini hanno partecipato ad un sit in per chiedere di fermare l’ennesimo abbattimento di pini, obiettivo che sembrava riuscito durante la mattinata e alle 11 una delegazione è stata anche ricevuta in municipio dal sindaco Menna. Dopo quest’incontro, nel giro di due ore, l’amara sorpresa con la ripresa dei tagli e i pini abbattuti, cosa che ha scatenato vivaci proteste sui social network. Lo stesso Menna, già avvocato e segretario comunale, ha reso noto che si era preso l'impegno di valutare «insieme agli uffici tecnici comunali e alla ditta esecutrice dell'appalto possibili soluzioni alternativa all'abbattimento» ma di aver avuto comunicazione successivamente che la ditta non si sarebbe assunta responsabilità per danni eventuali e la «impossibilità di modificare in corso d'opera dei lavori oggetto di appalti e contrattualizzati con un progetto definito».

Ortona è stata la città da cui partì, nel 2007, l’imponente mobilitazione contro le trivelle petrolifere nel Mar Adriatico che in otto anni ottenne importanti risultati in difesa della costa abruzzese. Negli stessi anni ci fu una delle «ripartenze» dell’iter travagliato del Parco Nazionale della Costa Teatina. Un iter iniziato nel 1997 (23 anni fa, nel frattempo una persona nasce, cresce, si può fare pure una famiglia e diventare genitore!) con la costa teatina, individuata come «area di reperimento» per un Parco Nazionale, quattro anni la legge finanziaria nazionale avviò l’iter e stanziò i primi fondi. Ma tutto si arenò una prima volta, negli stessi anni dell’inizio della lotta contro le trivelle petrolifere la giunta regionale di centro-sinistra (poi travolta da sanitopoli) propose di riavviare. La legge sui parchi stabilisce che la Regione sia coinvolta nella definizione della perimetrazione nell’iter istitutivo, nulla dice sui Comuni ma l’allora assessore regionale all’ambiente Caramanico (all’epoca DS, poi PD e infine Sel) decise di coinvolgerli.

E tutto si arenò una seconda volta. Nel 2010 il procedimento fu ripreso dal Ministero e l’anno dopo si fissò un termine (settembre 2011) entro il quale la Regione doveva inviare la sua proposta: scaduto il quale il Ministero avrebbe nominato un commissario sostitutivo che arrivò (dopo un paio di rinvii solo anni dopo) lavorò un anno senza che nessuno contestasse nulla e consegnò il lavoro. A quel punto i sindaci di tutti gli schieramenti politici (compreso Vasto tra l’altro) contestarono e rimisero in discussione tutto. A gennaio scorso il ministro Costa dichiarò che quest’anno sarebbe stato l’anno della nascita di alcuni nuovi parchi nazionali ma tra i nominati la costa teatina non c’è. Wanted, chiamate «chi l’ha visto?». Nel 2011 contro la possibile istituzione del parco si scatenò di tutto da parte di alcuni partiti politici, esponenti istituzionali, cacciatori e altre categorie.

Il parco era diventato il nemico numero uno di tanti, una mobilitazione tanto feroce (con momenti a dir poco sconcertanti come un «convegno» a San Vito Marina, dove insulti ed epiteti di ogni tipo, volgari e sessisti, la fecero da padrone) che se ci fosse stato un decimo contro mafie, opere che hanno accelerato il dissesto idrogeologico, contro la mala gestione del servizio idrico integrato e qualche altra bella medaglia al valore della stessa fattura in questa regione si poteva fissare la sede sociale del paradiso. I parchi nazionali non sono la panacea di tutti i mali e, anzi, in alcuni casi si sono evidenziati gestioni a dir poco discutibili e anche ai limiti o oltre il lecito. Ma deve far riflettere che il fronte contrario si basava tutto sulla «perdita di potere dei sindaci» (nella regione del re del clientelismo e, comunque, i sindaci amministrano non esercitano potere…), sulle limitazioni alla caccia e alla cementificazione e simili.

Chi c’era in prima fila tra gli esponenti istituzionali? L’allora assessore Mauro Febbo, all’epoca in comunanza di partito e d’intenti con il Fabrizio Di Stefano con cui le strade si sono ormai separate e potrebbe trovare contrapposto nelle prossime elezioni comunali a Chieti

Quanto sono belli ed emozionali la regione verde e la costa dei trabocchi…