BERLUSCONI AL QUIRINALE?

La pigrizia mi ha trattenuto dallo scriverne, e poi Michele Gambino lo dice meglio di come avrei potuto dirlo io.

BERLUSCONI AL QUIRINALE?
B.

"Moltissimi anni fa, quando ero ancora giovane e ingenuamente convinto che svelare verità sui potenti servisse a qualcosa, scrissi insieme a Claudio Fracassi un libro che raccontava la vera storia della straordinaria cavalcata di Silvio Berlusconi, da figlio di un impiegato di banca a padrone del Paese. Lui ci querelò, noi portammo in tribunale i documenti che avevamo utilizzato per scrivere, i suoi avvocati li lessero e decisero che era meglio chiudere la faccenda.

Dopo innumerevoli rinvii causati dalla mole dei suoi impegni, Silvio Berlusconi apparve in aula col suo codazzo di miracolati, si sperticò in lodi per i miei avvocati, fece il piacione con la cancelliera e poi lesse una lettera con cui ci dava atto di aver correttamente esercitato il nostro mestiere. 


Nel libro scrivevamo che l’uomo più potente della nazione aveva investito denari mafiosi, pagava il pizzo ai clan, aveva un braccio destro che dava del tu ai boss, aveva ricevuto finanziamenti dalla P2, faceva scrivere leggi a suo uso e consumo da politici prezzolati e via discorrendo


In qualunque altro grande Paese occidentale, in base alle leggi non scritte dell’etica, dell’onore personale e del gioco democratico, Berlusconi avrebbe dovuto dimettersi un attimo dopo aver riconosciuto che non eravamo due pericolosi diffamatori ma due onesti giornalisti. Noi però eravamo in Italia. 
Questa vecchia storia mi è tornata in mente perché si è ripetuta quasi uguale pochi giorni fa: la Cassazione ha definitivamente assolto altri due biografi di Berlusconi, il magistrato Luca Tescaroli e il giornalista Ferruccio Pinotti, dall’accusa di aver diffamato il cavaliere e la Fininvest. Nel loro libro, avevano scritto che a partire dal 1974, e per molti anni, le aziende del cavaliere avevano pagato una specie di contributo volontario periodico di 200 milioni di lire, prima a Bontade e poi a Riina

Come nel caso della nostra assoluzione, la notizia è passata quasi sotto silenzio. Ancora una volta il fatto che l’uomo più potente d’Italia abbia intrattenuto rapporti di ottimo vicinato con gli assassini di Falcone e Borsellino non interessa allo stesso popolo che ogni anno si commuove, o immagina di farlo, agli anniversari di Falcone e Borsellino

Pasolini sbagliava nel dire che l’Italia è un Paese senza memoria: al contrario, la maggioranza del Paese ha una memoria antica, strisciante e sorda; si specchia e si riconosce in chiunque incarni l’uomo di Machiavelli, meglio ancora se nella simpatica versione portata al cinema da Alberto Sordi; il nostro eroe non è chi rispetta le leggi o le fa osservare, ma chi le elude o le infrange, a patto che non si faccia beccare.

Stiamo con i disonesti, purché siano anche furbi. Se poi sono anche simpatici, come Berlusconi, è un trionfo. Per questo abbiamo avuto per sette volte come presidente del Consiglio uno che brigava con la mafia e per questo, tutto sommato, Berlusconi al Quirinale rappresenterebbe plasticamente il Paese che siamo."

 

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IL PAESE SENZA MEMORIA e SENZA VERGOGNA. Il Caimano torna di moda. Nel Paese orribilmente sporco arrivano proposte scellerate da parte di personaggi scellerati: non vedevano l’ora di riabilitare l’ex Cavaliere di Arcore. Una rovina per questo Paese, altro che statista. Quando ci libereremo politicamente di questi personaggi? Quando potremo chiudere una parentesi trentennale vergognosa? È un Paese alla rovescia: gli onesti diventano delinquenti e i delinquenti continuano a passare per martiri.