Carmela Grippa: «sarà più rapida l’approvazione delle leggi e avremo una sostanziale riduzione dei costi»

SPECIALE REFERENDUM, LE RAGIONI DEL SI. Intervista alla deputata Carmela Grippa (M5S).

Carmela Grippa: «sarà più rapida l’approvazione delle leggi e avremo una sostanziale riduzione dei costi»
Carmela Grippa, per gentile concessione della deputata

Il referendum sulla riforma parlamentare che riduce il numero dei deputati e senatori, rinviato a causa dell'emergenza sanitaria, si svolgerà domenica 20 e lunedì 21 settembre. Il taglio dei parlamentari e i «costi della politica» sono un tema che infiamma e appassiona il dibattito pubblico da diversi anni, creando anche caos e confusione.

Per cercare di fare chiarezza su alcuni punti fermi, in vista della consultazione elettorale, Wordnews ha contattato i promotori delle due posizioni: in quest’articolo pubblichiamo l’intervista alla deputata del Movimento 5 Stelle Carmela Grippa, convinta sostenitrice del si al referendum.

Il dibattito si è molto focalizzato sulla questione del risparmio, in quanto può essere quantificato? Perché può essere importante ottenere questo risparmio?

«Il taglio dei parlamentari, a nostro avviso, è una riforma necessaria: se guardiamo i dati degli altri Stati il nostro Parlamento è il più numeroso, attualmente 945 che col taglio verranno ridotti di un terzo. Molti sono i motivi per cui il taglio è fondamentale ma due sono quelli centrali: una riduzione dei costi – lo Stato risparmierà 100 milioni ogni anno, circa 300.000 euro al giorno, 500 milioni per ogni legislatura - e lo snellimento delle procedure parlamentari. La maggior parte delle discussioni avvengono nelle commissioni composte da 30 deputati alla Camera e da 20 rappresentanti al Senato: l’iter di approvazione delle proposte di legge prevede prima la discussione e la presentazione nelle commissioni di emendamenti che spesso sono più una battaglia politica piuttosto che di merito, ed anche anche questo verrà snellito. Ci sarà quindi una discussione più costruttiva, ci saranno meno emendamenti e quindi il Parlamento sarà più celere, considerando anche che le due Camere svolgono le medesime funzioni. Con la riduzione approveremo dunque uno snellimento dell’iter legislativo e burocratico e una sostanziale riduzione dei costi a carico dello Stato e, quindi, dei cittadini».    

C’è chi sostiene che il taglio dei parlamentari non è un cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, quello sarebbe il taglio di stipendi e privilegi, in quanto non sarebbe presente nei programmi depositati al Ministero dell’Interno nel 2013 e 2018. Altri invece hanno trovato un riferimento a questi tagli nel programma votato dagli attivisti su Rousseau prima delle ultime elezioni politiche. Può chiarirci questo aspetto?

«Il taglio dei parlamentari, così come quello degli stipendi, faceva parte del programma del Movimento ed infatti è stato inserito nel contratto di governo del Conte 1 e nell’accordo per la nascita del governo Conte 2. Si è provato già nelle precedenti legislature a portare avanti il taglio dei parlamentari ma nessuno finora c’era riuscito: era stato votato nella XIV legislatura, nella XVI legislatura, nella XVII legislatura e nella XVIII legislatura. In quest’ultima è stata votata con una quasi totalità della maggioranza, alla Camera 553 Si, 14 no e 2 astenuti. Con i numeri dell’approvazione parlamentare non sarebbe stato neanche necessario sottoporre la modifica costituzionale a referendum ma alcuni senatori hanno scelto di promuoverlo. E così 20 e 21 saremo chiamati alle urne. La riduzione degli stipendi sarà il prossimo passaggio e sicuramente si procederà anche in tal senso». 

Una delle critiche alla riforma è la possibile riduzione della rappresentatività, con alcune regioni che rischierebbero di essere sotto-rappresentate anche rispetto ad altre (si fa spesso riferimento al confronto tra Trentino e Abruzzo con la prima che avrebbe più rappresentanti nonostante una popolazione minore) e il dovere di ogni parlamentare di essere presente in più commissioni contemporaneamente. Cosa succederà, anche alla luce della sua esperienza parlamentare, se vincerà il Sì?

«È una scusante, preferisco usare questo termine, perché non è vietato a nessun parlamentare di essere nominato in più commissioni, cosa che accade anche adesso. Sulla rappresentanza territoriale va chiarito innanzitutto che il Trentino, spesso portato a paragone con l’Abruzzo, è una regione a statuto speciale e quindi sono previsti più rappresentanti. Non è il numero che rende efficiente la rappresentanza ma la presenza e i risultati realizzati.Ci sono tanti parlamentari che potremmo definire ormai assunti perennemente dal Parlamento, votati nel loro territorio, ma che hanno una percentuale di assenze molto elevata. Con la riduzione eviteremo anche questo, aumenterà l’efficienza ed eviteremo di far eleggere persone che hanno alte percentuali di assenze e quindi non lavorano per lo Stato e per i territori, percependo però gli stipendi».

Il taglio viene legato alla legge elettorale, che, sottolineiamo, non è una legge di rango costituzionale. I due piani sono realmente così strettamente correlati? Qual è la vostra proposta?

«Si sono espressi in tal senso nelle scorse settimane molti costituzionalisti: molti schierati per il si al taglio dei parlamentari hanno espresso – per esempio Calcassare e Onida – per una non correlazione tra la modifica costituzionale e la riforma della legge elettorale. A fine settembre è calendarizzata in Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati la nostra proposta di revisione della legge elettorale, indipendentemente dal risultato della consultazione referendaria che è una nostra priorità».

Vengono delineati vari scenari, legandoli anche alle sorti delle regioni al voto dove alcune proiezioni e sondaggi portano a pensare che il PD potrebbe perdere alcune regioni (Marche, Toscana e Puglia per esempio), per le sorti del governo e della legislatura. Secondo lei quali di questi sono verosimili e cosa potrebbe accadere realmente?

«Mi viene da sorridere pensando che in questi due anni tante volte c’è chi ha evocato un governo in crisi ma Conte è ancora Presidente. Premetto che personalmente non credo nei sondaggi: quanto accaduto nel 2018 (quando non fu previsto una così larga affermazione del Movimento 5 Stelle) è un esempio eclatante del perché. Credo e mi affido all’intelligenza dei cittadini. Le elezioni sono diverse e non possiamo paragonare le elezioni politiche alle amministrative, anche perché nei comuni e nelle regioni di solito si punta molto sulla fiducia personale. Escludo che il risultato referendario possa essere collegato ad una futura crisi di governo. Se ci sarà una vittoria schiacciante del centro-destra alle elezioni regionali evidentemente i cittadini preferiscono dare fiducia a questi partiti, sinceramente sarebbe sconfortante una cosa del genere perché abbiamo visto amministrare e governare negli ultimi trent’anni sia il centro-destra, sia il centro-sinistra, ognuno comunque sceglierà il rappresentante che vorrà e da cui si sentirà rappresentato meglio».