Chissà cosa pensava Giovanni Falcone quel sabato pomeriggio...
Chissà cosa pensava Giovanni Falcone quel sabato pomeriggio del 23 maggio 1992 mentre atterrava all’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, la sua Palermo. Si lasciava alle spalle l’ufficio di Roma, i faldoni, le polemiche e tornava a respirare i profumi della sua terra, quella Sicilia che lo ha visto crescere e diventare il signor magistrato.
Un magistrato tanto amato dai cittadini onesti, ma odiato da mafiosi, collusi e calunniatori. Oggi dopo 29 anni da quell’attentato, l'aeroporto porta il suo nome insieme a quello dell’amico e fratello Paolo Borsellino; un nome che è una lapide, un manifesto, perché proprio in quel maledetto sabato pomeriggio, mentre le auto con a bordo il giudice Falcone, la moglie e gli agenti della scorta sfrecciavano ad alta velocità in direzione Capaci, quel tratto di strada fu fatto saltare in aria con 500 kg di tritolo: un’ esplosione che ha lasciato solo morte, macerie e uno “scenario di guerra’ come testimoniò qualcuno. E così le vite di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, sono state spezzate per sempre, con una violenza e un disprezzo che solo menti perverse di esseri spregevoli potevano ideare.
Di quella voragine sull’autostrada per Capaci resta il dolore mai sopito, la rabbia mai domata e una verità ancora tutta da scoprire. Ma restano anche la rinascita culturale di una parte del paese, l’impegno sempre più forte nella ricerca della verità, l’ammirazione per questo uomo eccezionale che ha lasciato un vuoto incolmabile e verso il quale siamo tutti debitori perché ha reso migliore questa nostra terra. Una strage che ha segnato un punto di svolta nella lotta alla mafia e ha messo un intero paese di fronte alle proprie responsabilità; quella strage ci ha cambiati profondamente e ancora oggi il dolore è più vivo che mai così come la nostra fame di giustizia e la volontà che abbiamo di non arrenderci anche di fronte ai tanti ostacoli che si frappongono sulla strada della verità.
Testo di Alessandra Ruffini
Voce e montaggio di Daniele Ventura