Civeta, mezzo territorio non sarà rappresentato?

Rimangono insolute le domande sul destino della «terza vasca»: che fine hanno fatto inchiesta e confronto con la Regione Abruzzo?

Civeta, mezzo territorio non sarà rappresentato?
Questo è stato, cosa è rimasto se qualcosa è rimasto?

«Il visconte dimezzato» è il titolo del romanzo di Italo Calvino pubblicato settantadue anni fa. Un libro di visconti, scudieri e baroni a cui seguirono «Il barone rampante» e «Il cavaliere inesistente». In una terra che ha visto nei decenni incombere visconti, viceré, scudieri, baroni e baronie durante e dopo l’egemonia di sua maestà Remo Gaspari (ricordato in queste ultime settimane, trent’anni dopo il crollo dell’egemonia democristiana, nel dibattito parlamentare) possono venire alla mente suggestioni letterarie.

Abbiamo raccontato ormai mesi fa quanto stava accadendo intorno alla trasformazione del consorzio Civeta in società di capitali: il vecchio statuto prevedeva la fine del consorzio nell’autunno 2022 e, giunta la scadenza, si è deciso di virare sulla modifica societaria. Una scadenza conosciuta da anni, anzi potremmo scrivere da decenni, ma si è arrivati all’incombere della data con dibattito e trasformazione ancora in divenire.

Dibattito nel quale alcuni Comuni (quattro su otto più un’unione della comunità montana), non proprio una minima parte) hanno chiesto di approfondire la situazione economica dell’attuale consorzio e tutti i risvolti della nuova società.

Secondo altri, Vasto in primis, richieste che avrebbero avuto conseguenze negative sull’intero territorio. Il perché di questa posizione dell’amministrazione Menna l’abbiamo chiesto ad ottobre e tale domanda persiste insoluta ancora oggi.

La trasformazione è avvenuta, sottoscritta di fronte un notaio, a metà dicembre dopo ben due rinvii. Tempo trascorso senza che, di fatto, nulla sia cambiato mantenendo sul tavolo tutti i rilievi e le richieste delle amministrazioni di Casalbordino, Monteodorisio, Pollutri e Villalfonsina. Quattro comuni (su 8 più un’unione di comunità montana) che rappresentano oltre undicimila abitanti e che non hanno sottoscritto il nuovo statuto, pronti - hanno dichiarato a Chiaro Quotidiano - a mettere «in campo tutte le azioni necessarie per tutelare in tutte le sedi opportune il consorzio pensato dai padri fondatori e non gestito solo dai padri trasformatori».

La scadenza del vecchio statuto è nota sin dalla sua sottoscrizione, non proprio ieri, eppure siamo arrivati agli ultimi mesi. Segnati da accelerazioni e da un qualcosa di simile ad una corsa verso la meta. Hanno chiesto i sindaci di poter valutare con i consigli comunali, di conoscere atti, fatti e documenti e riscontri.

«Non si può pretendere dai sindaci, che non hanno informazioni che altro probabilmente hanno, di portare in consiglio comunale uno statuto che arriva alle 24 di un giorno e il giorno dopo di portarlo» ha sottolineato in un’intervista al network Cittanet un mese fa il sindaco di Casalbordino Filippo Marinucci.

«Rimangono sempre gli stessi dubbi che abbiamo sollevato, sull’assetto societario, sul controllo analogo, sul ristoro ad un comune “con la totale cifra dei rifiuti che entrano in quel comune”, sul poter avere un comune prelazione sul cda, se tutta questa trasformazione porterà un beneficio o ricominceremo la trafila di tanti anni fa - aggiunse il primo cittadino - quando i costi maggiori del civeta erano sostenuti per cda e ristori».

Il riferimento temporale è agli ultimi lustri della vita del consorzio segnati da due commissariamenti da parte della Regione Abruzzo. Il primo nella seconda metà della prima decade del nuovo millennio e l’ultimo ancora vigente. Marinucci ci ha ricordato nell’intervista che nel vecchio statuto le decisioni venivano prese rispettando sia la maggioranza delle quote nominali che delle quote percentuali. Con lo statuto della nuova società il meccanismo è stato modificato e i quattro comuni hanno evidenziato che non avranno «voce in capitolo».

«L’impostazione dello Statuto e in particolare le modalità e i criteri per la rappresentanza dei comuniall’interno della società,a nostro avviso, hanno rivelato un malcelato intento di escludere di fatto i comuni più piccoli dalla partecipazione, e quindi dalla gestione, della Società tradendo in questo modo lo spirito con il quale è nato il Consorzio, espressione dell’intero territorio e non solo dei due/tre comuni più grandi – hanno sottolineato i sindaci Filippo Marinucci (Casalbordino), Catia Di Fabio (Monteodorisio), Nicola Maria Di Carlo (Pollutri) e Mimmo Budano (Villalfonsina) - tant’è che lo Statuto rinnega completamente quel criterio, pensato proprio per i comuni più piccoli, secondo il quale per le decisioni del Consorzio dovevano contare non solo le quote ma anche le “teste” cioè i singoli comuni».

Con l’assetto societario che si sta delineando «si arriva invece al risultato, per noi inaccettabile, di tagliare fuori dal Civeta le nostre comunità, senza consentirci neppure di poter decidere sul se, come e quando, dovranno o potranno essere svolti i servizi nei nostri territori» e «da soci fondatori del CIVETA, ci ritroveremmo tristemente a dover ricoprire nella nuova società il ruolo di ospiti e, molto probabilmente, anche indesiderati». 

«Abbiamo cercato in tutti i modi di arrivare ad una soluzione condivisa, chiedendo tavoli, partecipando a riunioni e firmando per la proroga del Consorzio, convinti che avere più tempo avrebbe aiutato un confronto costruttivo e sereno. Purtroppo oggi ci troviamo di fronte ad uno Statuto che non solo ci mortifica, mortifica noi come amministratori, ma soprattutto le nostre comunità, ma che presenta tanti e tali criticità, sotto il profilo giuridico e contabile, che secondo noi nessun amministratore accorto e avveduto potrebbe e dovrebbe avventurarsi in questa iniziativa a cuor leggerohanno evidenziato i quattro primi cittadini che ricordano di aver «cercato di dare il nostro contributo, abbiamo proposto emendamenti e chiesto modifiche, abbiamo ad esempio chiesto di sostituire il cda con unamministratore unico per ridurre i costi e non gravare sui cittadini, abbiamo proposto un sistema di partecipazione, peraltro imposto dalla legge in società di questa natura, che consentisse a tutti, anche al comune più piccolo di poter decidere cosa e come gestire i servizi sul proprio territorio, ma purtroppo non hanno saputo o forse non hanno voluto ascoltarci» ma di essersi «trovati invece con in mano uno statuto che, a nostro avviso, è illegittimo, senza un atto costitutivo della società, con una documentazione contabile che non è quella da noi ripetutamente richiesta».

Sul destino di Valle Cena resta sullo sfondo la vicenda della «terza vasca», oggetto di un’inchiesta della Procura di Vasto e di interventi del Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo. Di fatto le ultime notizie la cittadinanza le ha avute dal Comitato Difesa Comprensorio Vastese e dal Forum H2O nel giugno di due anni fa.

Passano i mesi e nulla di nuovo irrompe nella cronaca quotidiana di questo territorio e le domande, da noi poste nel giugno di due anni fa e ad ottobre scorso, rimangono insolute.

Per i dettagli rimandiamo al nostro articolo del 21 ottobre https://www.wordnews.it/che-fine-ha-fatto-la-terza-vasca sintetizzandone solo alcune: che fine ha fatto la «terza vasca»? che fine ha fatto l’inchiesta e quindi quali rifiuti sono arrivati a Valle Cena e cosa c’è sui terreni e negli stessi all’interno della terza vasca? Il confronto col Servizio Gestione Rifiuti?

 

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