Covid - Fase 3: parola ai tribunali

L'OPINIONE. «Tanti nodi potrebbero venire al pettine. Il problema, come diceva Sciascia, è che questo nostro Paese riesca a trovare il pettine. Perché anche se il nodo è troppo grosso, troppo diabolicamente complicato, bisogna tentare di scioglierlo.»

Covid - Fase 3: parola ai tribunali
Foto di Daniel Bone da Pixabay

Leonardo Sciascia diceva “tutti i nodi vengono al pettine: quando c’è il pettine”.

Quest’anno ormai al termine lo ricorderemo, purtroppo, per la crisi sanitaria ancora in corso e per le varie fasi che l’hanno scandita.

Dopo la “fase 1” (drammaticamente trascorsa) e la “fase 2” (in itinere), la “fase 3” (a parte il tema vaccini) sembrerebbe essere quella della “parola ai tribunali”, del ricorso alla giustizia per l’accertamento della verità. Quantomeno della verità processuale, quella “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Tanti nodi potrebbero venire al pettine. Il problema, come diceva Sciascia, è che questo nostro Paese riesca a trovare il pettine. Perché anche se il nodo è troppo grosso, troppo diabolicamente complicato, bisogna tentare di scioglierlo.

Il primo passo per lo sbrogliamento dei nodi è certamente quello della conoscenza.

In prossimità del settimo centenario dalla morte di Dante, viene da riflettere su come fu proprio un cammino di conoscenza a condurlo verso la liberazione dalla paura e dal disorientamento nel momento più oscuro della sua esistenza.

Allora è utile, in questo periodo storico più che mai, porsi delle domande. Interrogandosi, ad esempio, anche sul perché le autorità giudiziarie vengono a vario titolo interpellate su tematiche inerenti alla pandemia in corso.

Da mesi ormai assistiamo ad un vero e proprio “delirio normativistico”: il termine “decreto del presidente del consiglio” è entrato nel gergo comune, seguito a ruota dal termine “ordinanza” (di governatori regionali e sindaci).

Un sistema così variegato e frammentario, rischia inevitabilmente di fare acqua in diversi punti.

Il settore che più ha prestato il fianco a questa proliferazione di norme è quello della scuola in cui, sia a livello nazionale che locale, si sono susseguiti interventi anche molto contraddittori. Senza contare che, per giustificare le chiusure degli Istituti, gli amministratori locali hanno spesso dato spazio a motivazioni poggiate su evidenze non propriamente scientifiche o giuridiche “ … le famiglie degli alunni hanno manifestato grande apprensione …” (passaggio della motivazione dell’Ordinanza n. 333/2020 con cui il Comune di  Castrolibero (Cs), ha disposto la chiusura dell’Istituto Comprensivo Statale).

La parola, dunque, ai tribunali per tentare di “pettinare” e sbrogliare questa matassa indistinta di norme, di applicazione ed interpretazione delle stesse, di fatti e di vita.

Si pensi alle azioni già avviate per accertare eventuali responsabilità per i numerosi decessi registrati nei mesi scorsi: allo scopo sono nati Comitati in varie parti d’Italia.

Alle numerose sentenze dei tribunali civili e amministrativi.

Tra le pronunce di queste ultime settimane, vi è una ordinanza del Tribunale di Roma Sez. Civile, n. 45986/2020 R.G. del 16 dicembre 2020, che offre notevoli spunti di riflessione sul tema della natura e della legittimità/illegittimità dei DPCM.

Il contenzioso in questione era relativo ad uno sfratto per morosità di un esercizio commerciale, il cui titolare non aveva corrisposto diversi canoni di locazione, vista la chiusura per l’emergenza epidemiologica in corso.

La morosità era acclarata e il conduttore aveva chiesto una riduzione dell’importo dovuto al proprietario per i canoni scaduti, in considerazione della «grave crisi scaturita dalla pandemia».

Il Tribunale ha respinto questa prospettazione.

Tuttavia, interessante - per quel che concerne come detto l’analisi della natura e della legittimità dei DPCM - è la motivazione del provvedimento.

Prima di ripercorrerne alcuni passi, occorre precisare che il Tribunale di Roma, pur compiendo una puntuale analisi dello strumento normativo che il Governo Italiano sta utilizzando per fronteggiare la crisi in corso, non dichiara alcuna incostituzionalità dei DPCM, sia perché non è l’autorità giudiziaria deputata ad emettere tale giudizio (essendo tale sindacato riservato alla Corte Costituzionale), sia perché secondo alcuni studiosi, il DPCM non sarebbe sottoponibile al vaglio della Corte Costituzionale.

Ciò detto, tornando al contenuto dell’ordinanza, secondo l’orientamento espresso dal Tribunale di Roma, i DPCM adottati dal Governo durante l’emergenza sono illegittimi, in quanto durante il lockdown «hanno limitato i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali» ed anche quelli emanati durante la “Fase 2” sono stati definiti «di dubbia costituzionalità», soprattutto perché non è stato operato «un opportuno bilanciamento tra il diritto fondamentale alla salute e tutti gli altri diritti inviolabili».

Un passaggio risulta particolarmente interessante.

Secondo il Tribunale di Roma quello lamentato dal conduttore moroso non è un danno dovuto dall’emergenza sanitaria, ma un danno derivante dai provvedimenti adottati dalla Pubblica Amministrazione (nel caso di specie i DPCM del Governo), quindi un “danno da attività provvedimentale”.

Significativa è la terminologia utilizzata dal Giudice: non danno da emergenza sanitaria, ma danno da attività provvedimentale.

Per cui la parte avrebbe dovuto specificamente impugnare i vari decreti.

Di seguito alcuni passi della motivazione.

“… Appare evidente che la limitazione ai diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti che si è verificata nel periodo di emergenza sanitaria è dovuta, quindi, non alla intrinseca diffusione pandemica di un virus ex se, ma alla adozione "esterna" dei provvedimenti di varia natura (normativi ed amministrativi) i quali, sul presupposto della esistenza di una emergenza sanitaria, hanno compresso o addirittura eliminato alcune tra le libertà fondamentali dell'Uomo, così come riconosciute sia dalla Carta Costituzionale che dalle Convenzioni Internazionali .

Da ciò deriva che le dedotte conseguenze per l'istante non sono affatto riconducibili alla emergenza sanitaria in sé intesa, ma al complesso normativo provvedimentale che, su tale presupposto, è intervenuto sui diritti e sulle libertà dei cittadini ivi compresi quelli dell'interessato istante.

Diverse ed autorevoli sono state le opinioni di coloro (per tutti i Presidenti emeriti della Corte Costituzionale Baldassarre, Marini, Cassese) che hanno rilevato la incostituzionalità del DPCM.

E, ancora, l’ordinanza prosegue affermando che “… se si ritenesse legittima la limitazione delle libertà individuali  sarebbe   necessaria   la specifica di un termine all’interno dello stesso decreto del presidente del consiglio. Sul punto, però, anche la temporaneità del DPCM appare solo formale. Come   evidenziato  di   recente   dalla giurisprudenza del TAR del Lazio "tenuto conto che le misure finora assunte per fronteggiare l'epidemia da covid 19, di cui la difesa erariale enfatizza la temporaneità, nei fatti risultano avere sostanzialmente perso tale  connotazione stante la rinnovazione di gran parte delle stesse con cadenza quindicinale o mensile" (TAR del Lazio ordinanza n . 7468/2020)”.

Il Tribunale di Roma evidenzia poi la mancanza di motivazione dei DPCM: “… tale elemento dell'atto amministrativo è indispensabile per comprendere aspetti quali il corretto accertamento del dato ontologico-fattuale (come ad esempio nella fattispecie: il numero e le modalità di calcolo dei decessi e degli infetti presi a base delle limitazioni; il piano sanitario pandemico posto a base delle compressioni delle libertà,  consentendo  cosi di  verificare  il  suo aggiornamento  e quindi  la  sua eventuale  perfettibilità);  la  correttezza  del  ragionamento  logico  (come  la consequenzialità della scelta concreta rispetto all'obiettivo prefisso, ad esempio nella decisione o meno di chiudere parchi e ville pubbliche o di vietare la salutare attività motoria); la proporzionalità…

Orbene, nel corpo dei provvedimenti relativi alla emergenza epidemiologica la motivazione è redatta in massima parte con la peculiare tecnica della motivazione "per relationem”, cioè con rinvio ad altri atti amministrativi, in particolare (ma non solo), ai verbali del Comitato Tecnico Scientifico (CTS).

Tuttavia, in un primo periodo, addirittura, i verbali del CTS risultavano classificati come "riservati”.

Successivamente, tali verbali del CTS sono stati periodicamente pubblicati sul sito della Protezione Civile, ma con un ritardo tale da non consentire l'attivazione di una tutela giurisdizionale, in quanto troppo prossimi alla scadenza della efficacia ...”.

Per tutti questi motivi il Tribunale di Roma, ha rilevato un contrasto del DPCM con le disposizioni costituzionali, discorrendo non di un danno da emergenza sanitaria, ma di un danno provvedimentale.

Altra recente pronuncia è l’ordinanza n. 7097/2020 con cui la III Sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso fatto da un gruppo di medici di base,  riabilitando l’uso dell’idrossiclorochina per la cura del Covid, nonostante il parere contrario dell’Aifa che ne vietava la prescrizione off label, ossia per un utilizzo diverso dal suo scopo: “… la perdurante incertezza circa l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina, ammessa dalla stessa Aifa a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati – si legge nella ordinanza – non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale da parte dei medici curanti”.

Il provvedimento cautelare del Tar Calabria Catanzaro n. 641/2020, che nel dichiarare non giustificato l’azzeramento delle attività didattiche in presenza negli istituti scolastici presenti in un Comune calabrese afferma che  “ … il pur difficile bilanciamento fra diritti di rango costituzionale quale quello alla salute e all’istruzione non possa trovare un punto di equilibrio in un mero, astratto automatismo di prevalenza del primo sul secondo …”.

Il su citato tribunale amministrativo, richiama espressamente la necessità di un bilanciamento tra diritti di rango costituzionale, evidenziando le problematicità della didattica a distanza, soprattutto, in regioni come quelle meridionali in cui si registra il fenomeno tutt’altro che marginale del cd. “divario digitale”.

Ancora, con l’ordinanza n. 7468/2020 il TAR Lazio ha annullato in via cautelare l'obbligo delle mascherine per gli alunni da 6 a 11 anni.

In particolare il tribunale amministrativo laziale ha accolto il ricorso proposto dai genitori di un alunno che aveva avuto dei sintomi legati all’eccesso di anidride carbonica dovuto all’obbligo di portare la mascherina, introdotto con l’art. 1 comma 1 lett. b del DPCM 3.11.2020.

Osserva il TAR Lazio come “ … dal DPCM impugnato non risulta siano stati effettuati approfondimenti sull’incidenza dell’uso di mascherina, per alunni da 6 a 11 anni, sulla salute psico-fisica degli stessi, né un’analisi del contesto socio-educativo in cui l’obbligo per tali scolari è stabilito come pressoché assoluto, né sulla possibilità che vi sia un calo di ossigenazione per apparati polmonari assai giovani causato dall’uso prolungato della mascherina”.

Il Tar Lazio inoltre ritiene che “… le numerose e complesse questioni anche di illegittimità costituzionale, prospettate in ricorso richiedano un approfondimento nella naturale sede di merito…”.

E’ evidente come la spasmodica produzione di norme di questi ultimi mesi, stia generando un ampio contenzioso, seppur la prassi di reiterare le stesse identiche disposizioni normative a cadenza ristretta renda difficoltosa anche una utile impugnativa delle stesse, stante i tempi di erogazione della giustizia amministrativa.

Pensare di avere un annullamento in poco tempo è evidentemente impossibile. I DPCM rinnovano sovente le medesime disposizioni anche ogni 15 giorni, con una modalità che non si era mai vista prima, che è quella di ripetere letteralmente le disposizioni del provvedimento di pochi giorni prima.

Ecco che accanto alla emergenza sanitaria, si assiste all’esplosione di situazioni emergenziali in vari altri settori. Una vera e propria emergenza esistenziale, a cui adesso anche le autorità giudiziarie sono chiamate a dare delle risposte.

Avv. Giuditta Calderaro

 

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