Dino Campana e Sibilla Aleramo: «questo viaggio chiamato amore»

Intervista di Dale Zaccaria a Bruna Conti che ha curato il carteggio edito da Feltrinelli “Un viaggio chiamato amore” Lettere 1916-1918, ha tenuto e curato l’Archivio Sibilla Aleramo e l’Archivio Luchino Visconti presso la Fondazione Gramsci di Roma e l’Archivio Pier Paolo Pasolini e ha curato testi sulla vita e l’opera di Sibilla Aleramo.

Dino Campana e Sibilla Aleramo: «questo viaggio chiamato amore»
Sibilla Alerama

“Diversa da ogni altra, insostituibile, sola e di me stessa signora” Sibilla Aleramo.

La figura di Sibilla Aleramo sembra essere in bilico tra una personalità dannunziana e una donna antesignana del femminismo, per scelte, coraggio, e modalità relazionali all’epoca impensabili per una donna. Quali di questi due aspetti prevale di più secondo lei?

“Sibilla è una donna che vive tutta la sua vita fino alla fine in una tensione altissima tra forza e fragilità, è fragile e forte al contempo, tutto questo sicuramente reso ancora più estremo da un suo altissimo coraggio, Sibilla è una persona molto coraggiosa per l’epoca, consapevole che se avesse lasciato il marito (1) non avrebbe avuto l’affidamento di suo figlio, consapevole altrettanto che senza il consenso del marito non avrebbe ricevuto i soldi dati a lei in eredità dallo zio. Tutte queste cose sono molto chiare in lei. Nonostante tutto lascia il marito. L’Aleramo poi, può considerarsi una femminista ante-litteram, che punta più alla liberazione della donna che alla sua emancipazione. Mentre la sua personalità dannunziana è più nel suo gusto estetico. Sibilla ad esempio metteva petali sul letto non era una donna come dire di certa bassezza anche sessuale, come nel film di Placido, l’Aleramo non sarebbe mai andata in una bettola o avrebbe vissuto atti d’amore in posti come il vagone di un treno”.

Molte femministe ritengono Sibilla Aleramo una vittima degli uomini. Una che vive solo in funzione di loro. Dall’ altra parte, l’amica e scrittrice Matilde Serao le dice: Sibilla, sentite, procurate di non innamorarvi più: voi soffrite troppo, quando amate“. “Vittima” dunque più del suo stesso amore?

“In realtà vive tutte le sue relazioni più in funzione di una necessità che d’ incontri voluti dal destino o in maniera libera. Sibilla non riesce a star sola. Ha bisogno continuamente di un uomo. Oltretutto la maggior parte degli uomini con cui ha stabilito relazioni erano quasi tutti molto più giovani di lei. Con Franco Matacotta(2) si passavano ben quarant’anni di differenza. Una storia durata dieci anni con tutte le sue ombre, una storia questa anche con un nodo, come dire, sado-masochista. L’Aleramo tendeva al legame. Ogni amore come se fosse per sempre.”

Il rapporto con Dino Campana sembra essere una continua fuga e un continuo rincorrersi.

“Per capire gli spostamenti di Sibilla Aleramo basta seguire Dino Campana. Dove lui andava lei di conseguenza lo seguiva. Campana era un uomo imprevedibile. Capace di qualsiasi cosa all’ultimo minuto. Un grande camminatore tra l’altro. Poteva camminare per giorni. Senza fermarsi. Il loro poi era un rapporto violento e passionale. Vennero spesso alle mani entrambi, a picchiarsi, come testimoniano i racconti della famiglia Cecchi. Campana la ingiuriva verbalmente e fisicamente, “un martirio” appunto che non poteva essere portato avanti a lungo, così che sarà l’Aleramo a troncare questa storia, che forse, secondo me, poteva anche durare di più. Poi alla fine la loro storia d’amore si consuma in pochi mesi d’incontri, aldilà che le lettere comprendano un periodo maggiore che va dal 1916 al 1918.”

 Il rapporto tra Dino Campana e D’Annunzio come è da considerarsi. Di stima o no? In un passo delle lettere Campana si rivolge a Sibilla facendo riferimento al Poeta di Fiume, quasi fosse un punto di riferimento.

“Dino Campana non amava D’Annunzio, anche se lo definì in maniera geniale “il vate grammofono”. Ma non l’amava. In qualche modo però lui era il punto di riferimento dell’epoca, e quasi tutti gli scrittori e letterati ci si dovevano comunque confrontare”.

 Nella ricostruzione del film “Un viaggio chiamato amore” di Michele Placido, filmicamente emerge la sofferenza psichica di Campana, che va ad acuirsi anche con la violenza fisica subita da Sibilla Aleramo ancora bambina (il cui violentatore poi diverrà suo marito) è un aspetto che secondo lei ha contributo a turbare la stabilità già molto fragile del Poeta?

“Più che la violenza, Campana era un uomo molto geloso di Sibilla. Geloso e ossessivo. La vita di Sibilla contornata da tanti amanti e relazioni non ha certo procurato al Poeta stabilità, anzi al contrario, una donna come lei, tendeva a destabilizzarlo ulteriormente. Questo sicuramente ha finito con il turbare e il rendere ancora più fragile il suo stato mentale e fisico così precario. Per quanto riguarda il film credo che ci siano state grosse intuizioni soprattutto nei flash-back, nel rapporto dell’Aleramo con la sua famiglia, con il padre o per quanto riguarda la malattia mentale e il tentato suicidio della madre”.

La poetica di Campana è molto legata agli elementi naturali, fonti, cieli, chimere.

“In Campana vive il mito del viaggio. Tutta la sua vita così come la sua opera è attraversata da continui spostamenti. I suoi versi che apparentemente possono sembrare disconnessi in realtà hanno una logica ben precisa. E’ un grandissimo Poeta. La sua opera lo dimostra ancora adesso. E poi era un solitario”.

L’ambiente letterario di allora capiva la grandezza poetica di Campana da qui gli asti e le cattiverie intorno al Poeta, così come il fatto che la prima stesura dei Canti Orfici, Il più lungo dei giorni fosse fatto sparire.

“Io non credo alla malafede di Papini o di Soffici, credo che il fatto sia ancora più grave o più triste. Incuranza. Se avessero fatto sparire intenzionalmente il manoscritto, avrebbero riconosciuto in qualche modo la grandezza poetica di Campana, una sua superiorità. Ritengo invece che ci sia stata una sorta di negligenza. Anche perché Campana era uno che bussava continuamente alle porte, che si interessava alla pubblicazione del suo manoscritto in maniera anche qui un po’ ossessiva. Credo alla versione della famiglia Soffici, e che l’opera sia stata come dire “dimenticata”, “non curata” e ritrovata così dopo tanti anni in un trasloco”.

 

(1) Rina Faccio sposerà Ulderico Pierangeli, impiegato nella fabbrica di suo padre, dopo averne subito la violenza, il fidanzamento e il successivo matrimonio verranno accelerati anche dalle chiacchiere che si andavano diffondendo in paese. Sibilla Aleramo ha quindici anni quando gli insistenti corteggiamenti di Ulderico sfoceranno nella violenza così raccontata dalla scrittrice: ” un mattino fui sorpresa da un abbraccio insolito, brutale: due mani tremanti frugavano le mie vesti, arrovesciavano il mio corpo fin quasi a coricarlo attraverso uno sgabello, mentre istintivamente si divincolava. Soffocavo e diedi un gemito, che era per finire in urlo, quando l’uomo premendomi la bocca, mi respinse lontano” in Sibilla Aleramo e il suo tempo. Vita raccontata e illustrata a cura di Bruna Conti e Alba Morino, Feltrinelli, edizione fuori commercio.

(2) Il 23 Ottobre 1935 Sibilla Aleramo, che sta nel frattempo vivendo la sua non facile relazione con Salvatore Quasimodo, riceve da Fermo una lettera di Franco Matacotta e una sua foto con dedica a “Sibilla Aleramo prima poetessa d’Italia”. Il giovane allora non ancora vent’enne, è in procinto di trasferirsi a Roma per iniziare gli studi universitari e vuole andare a trovarla. L’incontro avverrà nel Febbraio 1936 dopo la breve convalescenza dell’Aleramo a Capri in seguito all’intervento operatorio subito. Il 7 Marzo incominciamo la relazione e la convivenza nella soffitta(a via Margutta). Il rapporto durato, pur con lacerazioni, dieci anni, verrà annotato quotidianamente dall’Aleramo nei suoi diari, insieme agli eventi bellici che seguiranno e agli incontri con i personaggi letterati e politici della vita romana di quegl’anni(da Cecchi a Zavattini, Morante, Saba, Moravia, Einaudi, Alicata ecc..). Anche Matacotta anni dopo ricostruirà in un manoscritto rimasto inedito, la sua storia con Sibilla, che chiamerà Bella. In Sibilla Aleramo e il suo tempo( idem sopra).

 

Note bibliografiche*

Sibilla Aleramo e il suo tempo, vita raccontata e illustrata a cura di Bruna Conti e Alba Morino, Feltrinelli, 1981, edizione attualmente fuori commercio.

Bruna Conti, La donna e il femminismo di Sibilla Aleramo, Editori Riuniti, 1978.

Prefazione di Bruna Conti a Sibilla Aleramo, Gli anni di Una Donna, 1888-1902, di Pier Luigi Cavalieri, ed.Cattedrale, 2009.

Monika Antes, Amo dunque sono, Sibilla Aleramo pioniera del femminismo in Italia, Mauro Pagliai editore (libro dedicato a Bruna Conti).