Dopo mesi di silenzio è ritornato il figlio di Riina

IL RITORNO. Negli ultimi mesi dell’anno appena trascorso, dopo molti mesi di silenzio, è tornato attivo su Facebook Giuseppe Salvatore Riina, il terzogenito del boss defunto. Autore del libro agiografico della famiglia e del padre. Domande e interrogativi si ripropongono, e si aggiornano, quasi un anno dopo il nostro ultimo articolo sul suo passato soggiorno abruzzese.

Dopo mesi di silenzio è ritornato il figlio di Riina
Dopo mesi di silenzio è ritornato il figlio di Riina
Dopo mesi di silenzio è ritornato il figlio di Riina

Le ultime settimane dell’anno trascorso sono state animate anche dalle polemiche successive all’invito «ritirato» da una trasmissione Rai al presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Nicola Morra. Nelle vibranti proteste contro questa decisione lo stesso Morra è stato tra coloro che ha ricordato un tutt’altro che edificante precedente: le ospitate a «Porta a Porta» di esponenti dei Casamonica e, prima ancora, del terzogenito di Totò Riina, Giuseppe Salvatore detto Salvo. L’autore di una biografia familiare nel quale vengono esaltati la figura paterna del defunto boss dei boss e presunti «valori che ha trasmesso» (che, per quanto ci riguarda, erano, sono e resteranno sempre inaccettabili) finì al centro di roventi polemiche nelle settimane dell’ospitata nella trasmissione di Rai1. Quasi cinque anni fa.

Sulla sua figura, sulle sue esternazioni e sulle sue gesta è successivamente calato un quasi totale silenzio. Il 2019 è stato l’anno più animato e, probabilmente, ricco di esternazioni pubbliche mentre era ospite in quel di Casalbordino. Settimane in cui si è presentato, sui social ma non solo, come dedito alla solidarietà e ad iniziative benefiche. Senza tralasciare la continua pubblicità al suo libro e al «brand di famiglia». Lo abbiamo ripetutamente raccontato ormai quasi un anno fa.

Esternazioni pubbliche che si sono improvvisamente interrotte ad agosto 2019 mentre si era temporaneamente allontanato da Casalbordino. Tornato a settembre era poi sparito dal paese a metà dicembre senza che ci fosse più nessuna sua notizia. «Che fine ha fatto Salvo Riina?» ci chiedemmo il 18 gennaio, quasi un anno fa.

Nove mesi dopo la risposta è arrivata, ancora una volta, dai social network: a metà ottobre il terzogenito "scrittore" è tornato a postare nuove fotografie su Facebook. Si scopre così che ora vivrebbe in Romania, è stato in vacanza un periodo a Valencia in un complesso (almeno a giudicare dalle foto) extra lusso e continua a pubblicizzare il solito libro.

In una delle ultime foto è arrivato, addirittura, ad accostare «Riina family» con il Santo Natale. La letteratura sull’uso di simbologie religiose e delle tradizioni da parte dell’ambiente di provenienza, ambiente che la storia e le sentenze hanno scolpito nella pietra come «mafiosa», è abbondante. E, quindi, qualche dubbio dovrebbe sorgere. Ma si può, anzi si deve, andare oltre.

Abbiamo pubblicato nei giorni scorsi una dichiarazione di Antonio Ingroia che ha sottolineato il «silenzio totale» su certi personaggi che mai si sono allontanati dal contesto d’origine, che mai (neanche parzialmente e in maniera contraddittoria ma comunque provandoci) hanno accettato di fornire elementi per illuminare le zone grigie e nere dei genitori.

Durante l’arco di tutto il 2019 ben poche sono state le voci che in questo territorio si sono espresse in maniera critica, hanno espresso sdegno o altro rispetto alle esternazioni di Salvo Riina. E l’unica voce nazionale fu proprio Morra che, in visita a Pescara, espresse «preoccupazione» per il suo soggiorno casalese. L’accostamento tra il Natale, una delle feste sacre per eccellenza, e il cognome Riina dovrebbe far come minimo sobbalzare e gridare al gesto blasfemo.

Come si può accettare un quadro in cui stanno insieme la Natività di Cristo e il cognome di uno dei più feroci e bestiali boss mafiosi? Alla memoria sovviene lo scandalo che, lì dove Riina jr è stato accolto, festeggiato, coccolato e considerato per mesi e mesi una star, negli anni scorsi una mezza pagina di alcuni quotidiani ha suscitato. Si è gridato persino all’offesa sconsacrante di un altare per gesti di un secondo. Che su quelle pagine, che tanto hanno scandalizzato benpensanti e belanti, ci fossero articoli su una solidarietà vera con gli ultimi, impegno per la Pace (ma Cristo non era «vera pace» per i credenti?) e la giustizia non fu neanche considerato degno di considerazione. Dove sono ora costoro?

Dov’erano in tutto il 2019 mentre l’ospite considerato «illustre» continuava a propaganda la memoria del padre boss, ad attaccare ripetutamente chi ha considerato, considera e considererà sempre la mafia una «valanga di merda» (parole di Peppino Impastato, e ora continuate a scandalizzarvi beoti…) da condannare e combattere fino ad arrivare ad aste a dir poco sconcertanti?

Una delle aste, per la cover del cellulare con la copertina del libro «Riina family», si concluse alle 16.35 del 19 luglio, pochissimi minuti prima del momento esatto in cui esplose l’autobomba che in via D’Amelio assassinò Paolo Borsellino e la sua scorta. Una «coincidenza» che dovrebbe porre più di qualche dubbio.

Di dubbi e interrogativi tanti sarebbero sul tappeto, su cosa è accaduto in questi mesi (anche sul teatro del 2019) e su queste settimane. Come mai questo silenzio di oltre un anno? Dopo che il tribunale aveva deciso, anticipando i tempi grazie ad una relazione favorevole dell’affidatario locale, di far cessare ogni provvedimento nei confronti di Salvo Riina l’avvocata affermò che il suo assistito stava progettando vari progetti «di solidarietà» (per la serie, il fantozziano quanto è umano lui come colonna sonora casca a pennello), che fine hanno fatto? E il secondo libro?

 

A proposito di libri, la casa editrice che pubblicò «Riina family» è fallita anni fa, come è possibile che il libro si continua a vendere? Chi lo stampa e distribuisce?

 

Visto il tenore di vita che appare dalle foto (certamente ben pochi residenti in Romania possono pagarsi una vacanza in luoghi extra lusso a Valencia, in Spagna), il rampollo vorrà magari mai raccontare qualcosa di dove sono finiti e come si potrebbero rintracciare i capitali del padre? Salvo Riina giunse in Abruzzo dopo gli anni a Padova, da cui fu allontanato per la frequentazione con alcuni spacciatori.

 

Reati legati allo spaccio e al narcotraffico di cui sono protagonisti, come abbiamo ripetutamente raccontato nei mesi, vari personaggi anche qui, legati soprattutto ad una famiglia.

Quanto assidua la frequentazione con questi personaggi di Riina nel suo soggiorno abruzzese? Quali rapporti sono rimasti?

 

Domande che sorgono spontanee perché sotto la maggior parte dei post recenti su facebook, come documenta uno screenshot che pubblichiamo, tra i tanti commenti esaltanti, baci e applausi (di un universo di personaggi che mostrano uno spaccato sociale su cui molto ci sarebbe da riflettere…) spiccano i «mi piace» di un personaggio varie volte negli anni finito all’attenzione delle cronache giudiziarie per spaccio, usura e altri reati.

 

A proposito di cronache giudiziarie, la memoria non può che andare all’inchiesta della Procura di Agrigento dell’estate 2019. Riportiamo il racconto che pubblicammo il 17 gennaio scorso per gli smemorati e i silenziosi.

«Nell’ambito dell’operazione Assedio, tra gli arrestati figura Angelo Occhipinti, indicato come il nuovo capomafia di Licata. Intercettato dagli inquirenti, durante una riunione in un magazzino, nel luglio 2018, Occhipinti afferma – riferendosi a Riina Jr – che “quello è un ragazzo che ci scappelliamo tutti” (davanti a quel ragazzo ci togliamo tutti il cappello). È la risposta ad uno dei convocati alla riunione, Massimo Tilocca, che è stato recluso, dal dicembre 2017 al maggio 2018, nella casa lavoro di Vasto. Tilocca aveva appena riferito che – nel periodo trascorso a Vasto – avrebbe ricevuto un pizzino da Salvo Riina con l’ordine, una volta uscito dal carcere, di “stuccare” (eliminare) un licatese, tal Vincenzo Sorprendente.

 

Sono passati diversi mesi ma di questa vicenda non si è più avuta notizia». Nessuna reazione all’epoca, nessuna reazione successiva e nulla di nulla adesso. Non abbiamo notizie di sviluppi successivi dell’inchiesta, nel caso ci fossero siamo a disposizione. Ma le circostanze riportate – il «quello è un ragazzo che ci scappelliamo tutti» di un personaggio accusato di essere un «capomafia» - può cadere nel silenzio? A queste latitudini pare di si.

 

Un’ultima domanda, in conclusione, ritornando proprio all’articolo del 17 gennaio scorso. In quell’articolo pubblicammo la foto, in pieno Gomorra style, pubblicata sulla bacheca facebook di Salvo Riina in cui campeggiavano la copertina del libro, altri oggetti, un paio di manette e quella che appare una pistola.

 

Era effettivamente una pistola?

E, soprattutto, la foto era di repertorio o scattata in quei giorni?  

 

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