EUNOMIA E DISNOMIA

L’etica filosofica ha dimostrato quanto siano stretti i rapporti tra medicina e politica.

EUNOMIA E DISNOMIA
Allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti

Il pensiero di Bernard Mandeville (1670-1733) segnatamente sul legame tra Patologie della mente e patologie sociali trovo che sia veramente illuminante e di estrema attualità ai fini di una riflessione tra la dimensione insopprimibile dell’eunomia, del ‘buon governo’, ossia la buona politica (come medicina che è sovraordinata ad ogni altra arte pratica) e la disnomia che, invece,  nasce dall’idea che la politica debba essere governata da arti e tecniche non politiche (siano queste dirette da militari, economisti, giuristi, oppure medici) ispirata dalla sola volontà di competizione per affermare se stesso e gli interessi di casta.

Aver cura del corpo è come gestire una federazione di organi, un agglomerato di strutture biologiche che per vivere hanno bisogno di elementi nutritivi, di energia lavorativa, di dialogo reciproco. 

Il clinico agisce come un politico: raccoglie i dati tecnici e conosce le alternative d’intervento, ma per decidere deve ascoltare le preferenze dei malati e difenderne gli interessi. 

Viceversa, amministrare un paese significa interpretare i sintomi del disagio dei suoi abitanti, attuare terapie per riequilibrare i poteri istituzionali e modificare comportamenti patologici (o persino criminosi), offrire servizi prioritari ai settori più deboli della popolazione, interrogare e ascoltare con pazienza, equità e premura le istanze espresse dalla collettività.

Uno Stato è come un organismo: è sano se cambia, se risponde agli stimoli dell’ambiente, se immagina e costruisce una rete di relazioni fruttuose tra apparati civili efficienti.