I privatizzatori dell’acqua sono tornati alla carica dieci anni dopo il referendum

L’allarme è stato lanciato da Enzo Di Salvatore, docente di diritto costituzionale all’Università di Teramo, e Marco Bersani di Attac.

I privatizzatori dell’acqua sono tornati alla carica dieci anni dopo il referendum
sito web Attac Italia

«Con il DDL Concorrenza - approvato dal Consiglio dei ministri - si spazza via il risultato del c.d. “referendum sull’acqua” del 2011» è l’allarme lanciato nelle scorse settimane dal prof. Enzo Di Salvatore, docente di diritto costituzionale all’Università di Teramo.

Il decreto «Concorrenza» rende noto il professor Di Salvatore stabilisce che «gestione dei servizi pubblici locali (tutti, acqua compresa) debba essere affidata nuovamente ai privati e che quella da parte dei Comuni debba costituire solo l’eccezione». Il DDL, sottolinea ancora il docente, «è un disegno di legge preparato dal Governo; nei fatti, il Governo sta delegando se stesso (eh sì) a dare attuazione a quel principio. Ovviamente il DDL dovrà essere approvato - e semmai modificato - dal Parlamento: se c’è ancora qualcuno a Montecitorio non prono a questa furia neoliberista batta pure un colpo».

Si rischia così di tornare alla situazione precedente alla schiacciante espressione dei referendum di dieci anni, arrivati dopo che nel 2008 i governanti italici avevano deciso che «la gestione dei servizi pubblici locali da parte dei privati dovesse costituire la regola e quella degli enti locali l’eccezione; e questo avrebbe riguardato anche il servizio idrico (nonostante l’Unione europea lasciasse libero lo Stato di decidere a quale modello ricorrere)». Un tentativo di aggirare la volontà referendaria, sottolinea sempre Di Salvatore, era già stato tentato con «il D.L. n. 138/2011» che «pur escludendo dal campo di applicazione del decreto il settore idrico, reintrodusse una regola analoga a quella abrogata con il referendum». Ma l’anno dopo fu dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale.

Lapidario il commento del segretario nazionale di Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo: «Draghi privatizza tutti i servizi pubblici completando l’opera cominciata negli anni novanta», un chiaro riferimento al curriculum dell’ex governatore della BCE e all’ondata privatizzatrice che dal 1992 ha investito, devastato, distrutto e svenduto il tessuto industriale e settori economici pubblici.

«Era atteso da tempo. Faceva parte delle stringenti “condizionalità” richieste dalla Commissione Europea per accedere ai fondi del Next Generation Eu. Era uno degli assi portanti per i quali Draghi è stato definito da Confindustria “l’uomo della necessità”. Era fortemente voluto dalle lobby finanziarie. Ed è arrivato. Il disegno di legge sulla concorrenza e il mercato. Un nuovo bastimento carico di privatizzazioni» è l’attacco pubblicato da Marco Bersani di Attac Italia, l’associazione nata negli anni della mobilitazione mondiale contro la globalizzazione neoliberista per una tassazione globale sulla finanza. Un bastimento che raggiunge l’apice nell’articolo 6 del DDL Concorrenza che impone «la privatizzazione dei servizi pubblici locali e la definitiva mutazione del ruolo dei Comuni».

Un provvedimento vergognoso, attacca Bersani, che accantona completamente «quanto la pandemia ha evidenziato oltre ogni ragionevole dubbio: il mercato non funziona, non protegge, separa persone e comunità».

Come si evince chiaramente dal testo del provvedimento, spiega Bersani, «per la prima volta si parla di tutti i servizi pubblici locali senza alcuna esclusione» arrivando a ribaltare «360 gradi la funzione dei Comuni e il ruolo di garanzia dei diritti svolto storicamente dai servizi pubblici locali, il ddl Concorrenza (par. a) pone la gestione dei servizi pubblici locali come competenza esclusiva dello Stato da esercitare nel rispetto della tutela della concorrenza. E ne separa (par. b) le funzioni di gestione da quelle di controllo».

Tutto favorito anche da un meccanismo «capolavoro di ribaltamento della realtà» con il quale «all’affidatario privato viene richiesta (bontà sua) una relazione annuale sui dati di qualità del servizio e sugli investimenti effettuati» mentre viene stabilito un «tour de force che deve affrontare il Comune che, malauguratamente, scelga di gestire in proprio un servizio pubblico locale»: «dovrà produrre “una motivazione anticipata e qualificata che dia conto delle ragioni che giustificano il mancato ricorso al mercato” (par. f); dovrà tempestivamente trasmetterla all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (par.g); dovrà prevedere sistemi di monitoraggio dei costi (par. i); dovrà procedere alla revisione periodica delle ragioni per le quali ha scelto l’autoproduzione».

Marco Bersani attacca quanto stabilito da Draghi definendolo «un attacco feroce e determinato ai diritti delle persone, ai beni comuni e alle comunità locali» portato avanti «da un governo che non ha mai fatto mistero di essere al servizio dei grandi interessi finanziari e che ha preteso un Parlamento embedded per poter avere mano libera su tutte le scelte fondamentali di ridisegno della società».

«“La zavorra dei vincoli e del debito ci impedisce qualunque movimento. Non avere alcuna agibilità sul bilancio significa impattare enormemente sulla qualità di vita dei cittadini. E’ impossibile governare la città se non possiamo mettere risorse”. Così ha tuonato pochi giorni fa Gaetano Manfredi, nuovo sindaco di Napoli.

La risposta del governo Draghi è che non vi è alcun bisogno di governare i Comuni e le città: basta mettere tutto sul mercato» è l’indignata denuncia conclusiva della storica voce di Attac Italia.

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