Il buonsenso al tempo della pandemia è un baccello chiuso per neve: scuole aperte?!
Oramai non si fa altro che parlare di “colori”, tutti a dire e disquisire su tutto: chi la pensa in un modo chi in un altro, ma alla fine è sempre il governo centrale, nelle mani di pochi che (in un certo senso) abbiamo messo noi nella stanza dei bottoni, che decidono per noi.
Fin qui nulla questio, come dicevano i latini. Ma facciamo un passo verso le Scuole.
Tra zona gialla e zona arancione non cambia nulla, si va a scuola ragazzi, non c’è scampo. E allora iniziano i primi pensieri della mattina. Quindi, ragionando: bar chiusi, ristoranti chiusi, alcuni negozi chiusi, alcune attività chiuse. L’idea della chiusura è e resta quella dei potenziali contagi.
Bene.
La scuola, invece, non è affatto un veicolo di contagi, quindi facciamola rimanere aperta!
Vi racconto una storia, vissuta in prima persona, raccontatami in diretta telefonica. Una mamma inizia ad avere dei brividi “sarà influenza” pensa, poi questi brividi aumentano e decide di pagare di tasca propria e farsi un tampone rapido. Sarà attendibile? Diciamo di sì.
Esito: positiva.
Chiama la ASREM, dice di aver fatto il tampone, le rispondono “La chiameremo noi”.
Nel frattempo la mamma non sa se mandare i figli a scuola oppure no, l’ASREM non le ha vietato di fare nulla (non una struttura a caso, l’Asrem) e lei che fa? Decide di isolarsi, di stare a casa, ma intanto i figli già erano scuola, già avevano avuto contatti con “qualcuno”.
Ora mi chiedo: ma solo i tamponi dell’ASREM sono quelli ufficiali che sovrastano quelli privati e che possono decidere se bloccare o meno la vita di una persona e delle persone attorno e, magari, impedirle di uscire e avere contatti con la gente?
Ad oggi, e sono passati 3 giorni, la signora ancora non riceve nessuna chiamata, la famiglia, giustamente, è in quarantena “da sola”, ma intanto a scuola i bambini comunque “erano” già andati.
Allora mi chiedo: può darsi che siano stati INCONSAPEVOLMENTE, untori dei loro compagni? Può darsi che, forse, è il caso di essere un po’ più veloci nella diagnosi, nel fermo di alcuni soggetti per evitare l’effetto domino?
Ma torniamo alla scuola.
Diciamo che abbiamo assodato che “a scuola” si è abbastanza sicuri, ci si igienizza, si sta a distanza, si arieggiano le stanze (finestre aperte anche quando nevica, quindi o ti ammali di covid o ti viene la bronchite), protocollo ok. Ma per arrivarci a scuola?
Sia i bambini più piccoli che quelli più grandi, se non hanno la fortuna di avere genitori che li accompagnano, devono prendere pulmini, navette, pullman di linea che, paradossalmente, sono abbastanza affollati. Ma qui il virus non arriva, che sciocco!!! Scusatemi…
Di sicuro arriva nei bar, nei ristoranti, dalle estetiste, nei cinema, nelle palestre… ma a scuola il virus non arriva, lo volete capire?!?!?
Fatto sta che nell’era di App IMMUNI (un flop pazzesco diciamo la verità), la privacy la fa da padrona: io, che sono positivo, avrò i miei dati protetti, nessuno potrà sapere della mia positività tranne: chi mi ha fatto l’esame, qualche addetto dell’ASREM, il vigile della mia cittadina perché deve applicare il protocollo per l’immondizia ed è sicuro (oserei dire “cristallino”) che nessuno parlerà, nessuno farà gossip su una notizia… a meno che “io” di spontanea volontà non lo dica a Tizio, Caio, Sempronio con cui sono stato o stata a contatto per tutelare la loro salute.
Però i rumors cittadini sono più veloci, diciamola tutta! Spesso mi (ci) arrivano messaggi con "nomi" di presunti o sicuri "positivi" e, naturalmente, scatta la molla "Ma ci son stato vicino? Ah, no... meno male..." oppure "Accidenti, tre giorni fa l'ho visto/a, ed ora?"
Mi vorrei rivolgere al Garante della Privacy o chi per lui per dirgli una cosetta, ma so che è impossibile per noi comuni mortali…
Visto che essere positivi "sembrerebbe" un male e in tanti hanno paura di dirlo pubblicamente, perché credono che sia una cosa brutta, perché non si dicono i nomi di chi "quotidianamente" risulta positivo? Si eviterebbero ripercussioni future.
Vi spiego: mi arriva un messaggio con un nome "potenziale" (la sicurezza non l'avremo certo alle 23:30!), come detto prima il pensiero inizia a volare "Accidenti, ci sono stato a contatto due giorni fa, e mo?"
Naturalmente questa persona non può ricordarsi tutte le persone che ha incontrato, parlato (a distanza), sfiorato durate la sua giornata, ma se ci fosse il modo di rendere pubblico il suo nome "io" sarei certo di DOVER fare qualcosa: esempio non mandare i miei figli a scuola, metterci in 40ena, stare lontani da tutti, fare il tampone... tutelare insomma le persone con cui potrei venire a contatto da domani.
Lo so è una cosa grossa, da quando la privacy si è inasprita è più difficile fare tutto (però inserire TUTTI I MIEI DATI nel circuito cashbach dello Stato quello no, quello non è controllo... scusate ho divagato...), ma in questo momento sono sicuro che si sarebbero potute evitare tanti contagi semplicemente dicendo "Tizio è positivo"…
Spero di essermi spiegato bene…
Ma torniamo alla scuola.
Lunedì si torna a scuola, con la paura, la consapevolezza, la voglia di esorcizzare un momento molto particolare. La cosa sicura è che qualcosa ci sta sfuggendo di mano, l’ego di qualcuno sta volando fino a Marte e dintorni e, per non ammettere di aver pensato male, si ostina a continuare in una direzione che “potrebbe” essere fatale per molti.
Pensiamo alla salute, prima che al portafoglio del 27 del mese. Il buonsenso al tempo della pandemia è un baccello chiuso per neve.