IL CASO MANCA, la seconda parte

UN PAESE IMMERSO NELLE TRATTATIVE. Martedì 28 settembre 2021, alle ore 12:00, il nostro SPECIALE con Salvatore Borsellino (Agende Rosse), On. Giulia Sarti (componente della commissione Antimafia) e Luciano Armeli Iapichino (scrittore e autore del libro «Le Vene Violate»).

IL CASO MANCA, la seconda parte

Noi continueremo a parlare di questa vergognosa vicenda che dovrebbe far urlare allo scandalo. Lo abbiamo fatto nei mesi scorsi e continueremo a farlo nei prossimi giorni. Non lasceremo cadere questo Omicidio di Stato nell'oblio (come qualcuno vorrebbe) e non lasceremo sola la dignitosissima famiglia Manca.

«Rassegnatevi» disse l'allora procuratore capo di Viterbo Alberto Pazienti, durante uno spettacolo di puro cabaret (una vergognosa conferenza stampa) organizzato all'interno della Procura viterbese. All'incontro era presente anche il PM Renzo Petroselli. E' possibile assistere allo spettacolo alla fine di questo pezzo, cliccando sull'apposito tasto

Ma a chi era rivolto il "rassegnato" invito? Alla famiglia Manca. Un invito fuori luogo rivolto ad una famiglia che ha perso il proprio figlio. In circostanze "misteriose". «Non è un fatto di mafia ma un fatto di droga». Troppo facile dare del drogato a qualcuno per scrollarsi dalla coscienza un episodio che grida ancora vendetta. Un uomo (urologo siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto) ha perso la vita nella sua abitazione di Viterbo, dopo aver operato un latitante di mafia (Bernardo Provenzano). Solo questo dovrebbe portare un magistrato (serio) a scavare - notte e giorno - per avvicinarsi il più possibile alla verità. Ma in questo caso - come in altri casi - è arrivata la parolina zeppa di fango: tossico. Per sviare, per coprire. Per depistare.

Non basta, caro giudice. Non può bastare nè per la famiglia Manca nè per tutte le persone perbene.   

Ma non è tutto. Sempre in quella conferenza-cabaret (nella foto in alto i due protagonisti) ci fu un passaggio alquanto allarmante: «La prima cosa che ho trovato - secondo il procuratore Pazienti - sulla mia scrivania è stata la richiesta da parte della segreteria del Gabinetto del Capo dello Stato che voleva chiarimenti in merito a questa vicenda. Sollecitato dal Capo dello Stato (Giorgio Napolitano, il peggiore Capo dello Stato della storia della Repubblica italiana, nda) mi sono attivato subito.»

Ma di grazia, cosa c'entra Napolitano in questa storia? Perchè un presidente della Repubblica si occupa e si interessa della vicenda di un tossico (così bollato da una Procura)? Esistono altri casi in cui lo stesso soggetto ha mostrato interesse per un assuntore di sostanze stupefacenti? E' possibile pretendere una spiegazione dal diretto interessato? 

Ma questa è una strana storia. E in questa strana storia c'è un'altra vicenda molto particolare. Legata alla Trattativa Stato-mafia, che c'è stata in questo bizzarro Paese. Per la verità questa nostra Italia si fonda sulle Trattative tra lo Stato e le mafie (dall'Unità d'Italia in poi... nei prossimi giorni pubblicheremo un approfondimento).

Ma qual è l'altra storia sbagliata? Due sono i personaggi che utilizziamo per raccontarla brevemente. Da una parte un colonnello dei carabinieri della Dia di Genova, proveniente dai Ros, e dall'altra il cugino di Giuseppe Madonia, detto Piddu. L'uomo di mafia è, all'epoca, detenuto nel carcere di Lecce. "Mi chiamo Luigi Ilardo, sono nato a Catania il 13 marzo del '51. Attualmente ricopro l'incarico di vice rappresentante provinciale di Caltanissetta. Ho deciso formalmente di collaborare con la Giustizia..."

Ilardo decide di "saltare il fosso". Diventa un confidente, nome in codice «Oriente». Inizia la collaborazione tra il colonnello Michele Riccio e l'ex mafioso. Procede bene. Arrestano diversi latitanti. L'obiettivo principale è un famoso latitante. Una latitanza che durerà 43 anni. Vergognatevi, luridi schifosi. Oggi ne abbiamo un altro, quel maledetto VIGLIACCO di Matteo Messina Denaro «Un pezzo di merda», secondo un collaboratore di giustizia. 

Per approfondimenti Il pentito: «Matteo Messina Denaro è un pezzo di merda.»

Ilardo diventa il riferimento del latitante per la Sicilia orientale. Siamo nel 1995. Il covo del mafioso è stato individuato. Il confidente incontra Provenzano.

Queste le parole, contenute in una lunga intervista rilasciata a WordNews (alla fine dell'articolo i link di riferimentodel colonnello Michele Riccio: «E' mattino, Ilardo va all'appuntamento. Si incontra con Provenzano e sta con lui tutto il giorno.»

Al famoso bivio di Mezzojuso. «Mi ricostruisce in maniera molto semplice, ed era molto semplice, l'individuazione del casolare.» E quindi? 

«Ero convinto - spiega ancora Riccio - che si sarebbero fatti gli appostamenti. Riferisco a Mori e gli dico: 'guardi, faccio io l'attività'. E lui mi risponde che l'avrebbero fatta loro, De Caprio con la sua squadra, poi Obinu. Ma dopo una settimana resto sorpreso. Mori continuava a dire: 'mettiamo gli aerei militari, andiamo, facciamo'. Dopo una settimana mi dicono: 'non abbiamo trovato niente. Fatti spiegare meglio perchè non troviamo nulla'. Dico: 'ma è così semplice'. Vado da Ilardo, pieno di vergogna, e rifacciamo il sopralluogo. Rifaccio tutto il percorso, con Ilardo nascosto dal passamontagna e disteso. Una semplicità disarmante.»

Troppo facile per questi fini investigatori. «Faccio di nuovo il soprallugo con Ilardo, faccio le relazioni scritte. Sia nelle relazioni che nel rapporto, in maniera molto provocatoria, indico anche le coordinate geografiche.» L'obiettivo è stato indicato, l'arresto (del 1995) è stato clamorosamente (o volutamente) mancato. E posticipato. 

«L'unica cosa che sanno chiedere, quando Ilardo muore, è di estromettere dal rapporto la relazione di servizio. Questa gente era quella che andava ai processi e diceva che Falcone si era fatto l'attentato da solo...»

Ma cosa c'entra il mancato arresto di Provenzano con la morte violenta di Attilio Manca? Per rispondere a questa domanda dobbiamo ritornare all'intervista di Riccio. «Lì - ribadisce con forza il colonnello - Provenzano c'è stato. Ne danno conferma anche i collaboratori di giustizia, come Giuffrè. Non l'hanno voluto prendere, glielo scrivo con lettere di sangue.»

Non l'hanno voluro prendere, dice Riccio. Una cosa gravissima. E nemmeno su questo fatto - come per la Trattativa Stato mafia - nessuno ha mai pagato. 

Undici anni dopo, solo nel 2006, Provenzano verrà arrestato. Probabilmente, verrà consegnato. Come già accaduto per Totò Riina. 

C'è una schifosa Trattativa in corso tra Stato e mafia. Provenzano deve continuare a fare il boss e a scrivere pizzini per i picciotti. Il Patto Sporco, iniziato (repetita iuvant) con l'Unità d'Italia, non si può rompere

Ilardo dopo aver fatto l'infiltrato sta per entrare nel programma di protezione per collaboratori di giustizia. Verrà ammazzato prima, a Catania, il 10 maggio del 1996 con nove colpi di pistola. La notizia della sua collaborazione diventa di dominio pubblico. A pochi giorni dalla morte. Una fuga istituzionale. L'ennesima vergogna di Stato.            

Quanti omicidi si potevano evitare? Se Provenzano fosse stato arrestato, ad esempio, si sarebbe potuta salvare la vita di Manca. Ecco il nesso tra il mancato arresto del latitante (operato a Marsiglia dall'urologo siciliano) e il giovane Attilio. Una morte violenta. Un omicidio di Stato che grida ancora vendetta

Ecco perchè continueremo a parlare del Caso Manca. Senza mai rassegnarci.

Chi entrò in quella casa a Viterbo? Chi violentò in quel modo il corpo dell'urologo? Chi ha studiato la strategia a tavolino? C'è la mano dei Servizi? E quel mostro di "Faccia da mostro"?

Giovanni Aiello, alias Faccia da mostro (foto in alto).

Killer di Stato, killer delle mafie. Deceduto (suicidato?) il 21 agosto del 2017 su una spiaggia calabrese. Era indagato nel procedimento «'Ndrangheta stragista». Faceva paura a qualcuno? Un soggetto pericolosissimo, utilizzato per il lavoro sporco di un Paese orribilmente sporco. Il primo a parlarne fu proprio Lugi Ilardo. Il fil rouge è sempre lo stesso.

Antonio Lo Giudice, collaboratore di giustizia, dirà di aver appreso dallo stesso Aiello che si era occupato anche dell'uccisione di Manca

Martedì 28 settembre 2021, alle ore 12:00, la seconda parte del nostro SPECIALE sul CASO MANCA. Questa volta abbiamo coinvolto Salvatore Borsellino (movimento Agende Rosse, fratello del giudice Paolo), l'On. Giulia Sarti (componente della commissione Antimafia) e lo scrittore Luciano Armeli Iapichino (autore del libro "Le vene violate").

E non sarà l'ultima puntata, caro Procuratore. 

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SPECIALE MANCA

- IL CASO MANCA - Una storia tra mafia e Stato corrotto.

LA PRIMA PARTEAttilio Manca è Stato ucciso

 

 

- IL CASO MANCA. Le novità che potrebbero riaprire il caso 

 

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L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»

 

L'INTERVISTA a Salvatore Borsellino

PRIMA PARTE. «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»

SECONDA PARTE. «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

TERZA PARTE. Borsellino«L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto»