IL FASCISMO È UN REATO

Il fascismo non è un’opinione, ma un reato. Un reato che dovrebbe essere punito con severità. Però in questo Paese i conti con la storia non sono mai stati fatti. Siamo il Paese dei misteri (che poi tanto misteriosi non sono) e dei nostalgici (per modo di dire) del ventennio nero.

IL FASCISMO È UN REATO
Materiale fotografico contenuto nell'Ordinanza
IL FASCISMO È UN REATO

«È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista». Era già tutto scritto nella Carta Costituzionale antifascista del 1948 (per non parlare delle due leggi: la “Scelba” del 1952 e la “Mancino” del 1993), ma nessuno ha ritenuto di applicare un concetto limpido: il fascismo non è un’opinione, ma un reato. Un reato che dovrebbe essere punito con severità. Però in questo Paese i conti con la storia non sono mai stati fatti. Siamo il Paese dei misteri (che poi tanto misteriosi non sono) e dei nostalgici (per modo di dire) del ventennio nero. Non c’è stata la volontà di “eliminare”, dopo la lotta partigiana, dalla scena pubblica, i gerarchi e i fascistelli da quattro soldi (pericolosi delinquenti). Nessuno ha voluto affrontare seriamente la questione. La strana storia del nostro Paese è sempre stata attraversata da questi personaggi, utilizzati per piazzare bombe e per compiere stragi. Un esempio per tutti: Junio Valerio Borghese, fascista, gerarca della “X Mas”, reclutato dagli Stati Uniti prima della fine del secondo conflitto mondiale. Utilizzato, insieme ai militari della Repubblica di Salò e agli agenti dell’Ovra, per operazioni coperte, come Portella della Ginestra del Primo maggio 1947 (11 morti, 57 feriti). Presente alla rivolta di Reggio (con il famoso motto: “Boia chi molla”). Diversi collaboratori di giustizia hanno parlato di un coinvolgimento nel deragliamento del treno “freccia del Sud” (22 luglio 1970). Probabilmente c’è il suo zampino anche nell’omicidio (finto incidente) degli “Anarchici della baracca”. Protagonista, nel dicembre dello stesso anno, del tentato colpo di Stato (Golpe Borghese, 7/8 dicembre). Sono soltanto pochi esempi per descrivere una situazione incancrenita, mai risolta. Trascinata nel corso degli anni, sino ad oggi. Alemanno, il peggiore sindaco di Roma, fu accolto con i saluti romani il giorno della sua elezione. E nessuno ha mosso un dito. «È cos’ e nient», ripeteva Peppino Girella, il personaggio creato dalla penna del geniale Eduardo De Filippo. E per ripetere sempre questa affermazione, oggi, facciamo finta di indignarci quando le svastiche vengono disegnate sulle porte dei parenti dei partigiani, quando vengono distrutte le lapidi di chi ha lottato per la democrazia, quando vengono rubate le “pietre di inciampo” che ricordano il puzzo di morte del nazi-fascismo, quando il demenziale revisionismo storico cerca di paragonare l’antifascismo (e la lotta partigiana) al fascismo (causa di tutti i mali possibili), quando una senatrice a vita della Repubblica, Liliana Segre, è costretta a vivere sotto  scorta. I topi sono usciti dalle fogne e nessuno ha fatto niente. E, nel Paese senza memoria, dobbiamo attendere le sentenze dei Tribunali per comprendere l’ovvio, per cominciare a fare chiarezza sull’odio viscerale che imperversa nella vita reale e sui social. Il 9 settembre del 2019 qualcuno, finalmente, è intervenuto. I due “mostri sacri” della modernità consumistica, Instagram e Facebook, hanno chiuso le pagine e gli account legati e gestiti da soggetti legati a Forza Nuova e a Casapound. Perché diffondono odio.

 

La riammissione di Casapound Italia

L’11 dicembre del 2019 il colpo di scena da parte del Tribunale di Roma. Il giudice Carrisi (sezione specializzata in materia di impresa) emana la sua sentenza. «L’esclusione dei ricorrenti da Facebook – scrive - si pone in contrasto con il diritto al pluralismo, eliminando o fortemente comprimendo la possibilità per l’Associazione ricorrente, attiva nel panorama politico italiano dal 2009, di esprimere i propri messaggi politici». È bene citare un passaggio di un presidente della Repubblica, il partigiano Sandro Pertini (nei giorni scorsi sono stati ricordati i trent’anni dalla sua morte): “Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica… il fascismo è l'antitesi di tutte le fedi politiche, perché opprime le fedi altrui. Con i fascisti non si discute. Con ogni mezzo li si combatte. Il fascismo non è fede politica, come per la resistenza li ho combattuti e li combatterò sempre”. Ma questa è acqua passata. Storia vecchia, il fascismo non esiste più. E quello lì, quel piccolo uomo, ha fatto anche cose buone. E per ripetere in continuazione queste emerite stronzate ci ritroviamo, oggi, con un pericolo in più in circolazione. Da contrastare. Un virus mai sconfitto che continua a fare danni. Ma ritorniamo alla sentenza del Tribunale, che inquadra Casapound come una mera «Associazione, che opera legittimamente nel panorama politico italiano dal 2009». E purtroppo i loro simboli continuano ad apparire anche sulle schede elettorali. «Non è possibile sostenere – è scritto nelle motivazioni della sentenza del dicembre del 2019 - che la responsabilità (sotto il profilo civilistico) di eventi e di comportamenti (anche) penalmente illeciti da parte di aderenti all’associazione possa ricadere in modo automatico sull’Associazione stessa (che dovrebbe così farsene carico) e che per ciò solo ad essa possa essere interdetta la libera espressione del pensiero politico su una piattaforma così rilevante come quella di Facebook. Non vi è dubbio infatti che le ipotesi di responsabilità oggettiva o “da posizione” nell’ordinamento italiano vadano interpretate restrittivamente. Non possono inoltre essere considerate come violazioni dirette da parte dell’Associazione gli episodi citati dalla resistente nella memoria e riferiti a contenuti riguardanti la c.d. croce celtica o altri simboli, episodi che singolarmente non paiono infrangere il limite di cui si è parlato sopra e che infatti non hanno generato la disabilitazione dell’intera pagina ma la rimozione di singoli contenuti ritenuti non accettabili». Ed ecco il passaggio più drammatico: «Anche per quanto riguarda l’attuazione del pluralismo politico rende l’esclusione dalla comunità senz’altro produttiva di un pregiudizio non suscettibile di riparazione per equivalente (o non integralmente riparabile) specie in termini di danno all’immagine. In conclusione il ricorso va accolto e va ordinato a Facebook l’immediata riattivazione della pagina dell’Associazione di Promozione Sociale CasaPound Italia e del profilo personale di Davide Di Stefano, quale amministratore della pagina». Questo nel dicembre dell’anno passato.

 

L’ordinanza del Tribunale: «È odio»

Il giudice Silvia Albano (sezione diritti della persona ed immigrazione) ha respinto la richiesta di Forza Nuova (per gli stessi fatti che hanno “colpito” Casapound). Il documento, datato 23 febbraio 2020, parla chiaro. «I contenuti – si legge nell’Ordinanza - che inizialmente erano stati rimossi e poi a fronte della reiterata violazione hanno comportato la disattivazione degli account dei singoli ricorrenti e delle pagine da loro amministrate tutte ricollegabili a Forza Nuova, sono illeciti da numerosi punti di vista. Non solo violano le condizioni contrattuali, ma sono illeciti in base a tutto il complesso sistema normativo, con la vasta giurisprudenza nazionale e sovranazionale citata. Facebook non solo poteva risolvere il contratto, ma  aveva il dovere legale di rimuovere i contenuti». Nel corposo documento, circa 44 pagine, sono stati inseriti i post violenti, le foto razziste e xenofobe, gli episodi fascisti (quindi vergognosi e contro legge). Incitamento all’odio e alla discriminazione razziale. Ecco il contenuto delle pagine rimosse, lecitamente, da Facebook. Il giudice parte dal quadro normativo, cita il diritto internazionale, il diritto dell’Unione Europea, le iniziative dell’UE per il contrasto ai discorsi di odio e di discriminazione, il diritto italiano, la legislazione penale. «Dal complesso quadro di fonti normative – spiega l’Ordinanza -, emerge con chiarezza che tra i limiti alla libertà di manifestazione del pensiero, nel bilanciamento con altri diritti fondamentali della persona, assume un particolare rilievo il rispetto della dignità umana ed il divieto di ogni discriminazione, a garanzia dei diritti inviolabili spettanti ad ogni persona».

 

Propaganda razzista, xenofoba e antisemita

Non sono opinioni. Il pluralismo non c’entra nulla. Meno che mai la favoletta dei “messaggi politici”. La politica, quella vera, non è violenta, non è discriminante, non è razzista, non è antisemita. «Facebook – scrive il giudice Albano - ha rimosso i profili dei ricorrenti in quanto amministratori di numerose pagine riconducibili alle diverse articolazioni territoriali e non (come Lotta Studentesca e Sindacato Nazionale Lavoratori Italiani – Sinlai) dell’organizzazione “Forza Nuova”, ritenuta organizzazione che effettua propaganda razzista, xenofoba e antisemita, che si descrive come un movimento neofascista, richiamandosi nelle proprie manifestazioni a simboli del fascismo e ripudiando l’antifascismo, ed i cui aderenti si sarebbero resi responsabili di numerosi episodi di violenza e intolleranza, designata da Facebook Ireland come organizzazione che incita all’odio secondo gli standard della comunità. I ricorrenti hanno creato e amministrato decine di pagine finalizzate alla propaganda ed al proselitismo in favore di Forza Nuova, pubblicando contenuti - anche sui propri profili privati - che, secondo la tesi di parte resistente, contenevano simboli razzisti e fascisti e avrebbero incitato all’odio e alla discriminazione».     

 

I gravi fatti che sostituiscono le becere opinioni

Forza Nuova «si richiama apertamente al fascismo elogiandone il ruolo avuto nel contesto storico precedente alla Liberazione dal nazifascismo». In rete c’è un mare di prove: manifestazioni, iniziative, manifesti, annunci, frasi, proclami. Nell’Ordinanza il giudice Albano fa un lungo elenco, utilizzando foto e materiale che fanno accapponare la pelle. Iniziamo il breve excursus. In Calabria, Forza Nuova, come simbolo della campagna per il tesseramento regionale 2019 ha scelto un manifesto con la foto di Benito Mussolini. Il coordinatore della sezione torinese del “partito” Forza Nuova è stato denunciato per apologia del fascismo dopo l'operazione della Digos relativa ad uno striscione, con il fascio littorio e con l’invito a “votare fascista” e “votare Forza Nuova”, esposto dai militanti il 22 maggio 2019. A Torino e ad Ivrea si sono registrate perquisizioni nelle sedi di Forza Nuova e del gruppo dell'estrema destra locale Rebel Firm. Gli inquirenti hanno sequestrato diversi scudi fatti in plexiglass e mazze da baseball, busti di Mussolini, bandiere della Decima Flottiglia Mas, bandiere della Repubblica Sociale Italiana, striscioni e simboli di chiara matrice fascista e nazista come croci celtiche e svastiche. Il 28 ottobre del 2019 Forza Nuova ha organizzato, a Roma, nel giorno del 95esimo anniversario della "marcia su Roma" del Partito Fascista, una manifestazione, utilizzando lo slogan la ‘Marcia dei patrioti’, poi modificato per le forti polemiche. Il 25 aprile del 2019 è stata organizzata, davanti al tribunale di Roma, la manifestazione “Mai più antifascismo”, per contrastare le celebrazioni della Liberazione.

Il giorno della Liberazione uno striscione di Forza Nuova è apparso a San Giovanni, in piazza Ragusa, con la frase: “Europee 2019: ogni volta che voti Forza Nuova muore un partigiano”.

 

Nel novembre scorso è stato affisso a Milano, in occasione di una manifestazione con la presenza della senatrice a vita Liliana Segre, uno striscione con la seguente farse: “Sala ordina. L'antifa agisce. Il popolo subisce”. In seguito a questo episodio e alle minacce, ricevute via web, alla Segre è stata assegnata la scorta. Luca Traini a Macerata spara con la pistola e ferisce sei persone africane, Forza Nuova scrive un comunicato: “Sarà politicamente scorretto, sarà sconveniente, in campagna elettorale nessuno farà un passo avanti, ma oggi noi ci schieriamo con Luca Traini. Il ragazzo marchigiano arrestato poche ore fa con l’accusa di aver ferito degli immigrati. Questo succede quando i cittadini si sentono soli e traditi, quando il popolo vive nel terrore e lo Stato pensa solo a reprimere i patrioti e a difendere gli interessi dell’immigrazione. Mettiamo a disposizione i nostri riferimenti per pagare le spese legali di Luca, a non farlo sentire solo e a non abbandonarlo”. Undici militanti del “partito razzista, xenofobo e antisemita” sono stati rinviati a giudizio per un episodio vergognoso. Il 5 febbraio del 2017 avevano organizzato il “funerale d’Italia”, portando in spalla una bara per protestare contro l’unione civile tra due uomini celebrata quel giorno in Comune, davanti alla coppia.

Nel 2020 ancora si diffondono comunicati arcaici e senza senso per colpire le persone libere. “La segreteria provinciale di Forza Nuova (Piacenza) annuncia che non se ne resterà con le mani in mano in occasione del Gay Pride. Sono tempi in cui si vuole far diventare la normalità motivo di vergogna e la perversione motivo di orgoglio, vogliono togliere ai bambini il diritto di avere un padre e una madre come natura insegna. Noi, unici guardiani a difesa della famiglia tradizionale e della vita, siamo pronti a batterci con tutte le nostre forze contro questo caos ideologico e questo disordine morale”. Queste stesse parole sono nella bocca di persone che governano questo Paese. «L’elencazione potrebbe continuare a lungo – si legge nell’Ordinanza -, ma si ritiene che gli esempi siano sufficienti a delineare l’identità politica del gruppo quale si ricava dalla sua concreta attività politica e valgono a rafforzare la qualifica di organizzazione d’odio la cui propaganda è vietata su Facebook. La risoluzione del contratto e l’interruzione del servizio di fornitura appaiono, quindi, legittimi». E nella vita reale? Chi fermerà questa invasione? La classe dirigente, che governa questo Paese, seguirà la coraggiosa presa di posizione di un Giudice?