La via d'uscita

Siamo immersi, anche culturalmente, in una società fondata sulla produzione e sui consumi. Produrre sempre di più, per potere consumare sempre di più. Espandere la produzione per tenere sempre più elevato il livello delle esigenze individuali e collettive. Il loro soddisfacimento viene considerato condizione per una vita serena, se non addirittura felice. È questo il ruolo della pubblicità, che pertanto deve necessariamente essere ingannevole.

La via d'uscita
Pier Paolo Pasolini

Tutti i politici, di governo e di opposizione, quando si pongono il problema dello sviluppo economico utilizzano una parola magica: CRESCITA.
Ma quasi nessuno ne approfondisce il contenuto, poichè si ritiene scontata l'adesione al modello imperante di sviluppo.
Siamo immersi, anche culturalmente, in una società fondata sulla produzione e sui consumi.
Produrre sempre di più, per potere consumare sempre di più.

Espandere la produzione per tenere sempre più elevato il livello delle esigenze individuali e collettive.
Il loro soddisfacimento viene considerato condizione per una vita serena, se non addirittura felice.
È questo il ruolo della pubblicità, che pertanto deve necessariamente essere ingannevole.
Stimolare la fantasia del consumatore, spingerlo ad avere sempre di più, suscitare nuovi bisogni non appena appagati quelli precedenti.
Il consumo diventa indice di successo, dinnanzi a sé stessi e alla società.

Le aspirazione dei singoli si sospingono a vicenda verso l'alto, seguendo la legge del prestigio e della concorrenza.
Ci si sente importanti quando si raggiunge un tenore economico superiore.
Ci si sente frustrati quando si resta al di sotto del normale livello della maggioranza.

In sintesi la regola è questa: se vogliamo raggiungere un futuro migliore, produzione e consumo devono continuare a crescere sempre, l'economia deve assumere dimensioni sempre più vaste e ritmi sempre più veloci.
Risultato: si resta comunque insoddisfatti, e talora infelici.

La via di uscita è liberarsi dalla prigionia di tale perverso meccanismo, conquistare la libertà dalla pressione consumistica, rifiutarsi di costruire la propria felicità esclusivamente sui consumi e sul benessere materiale.
Conquistare la "povertà dello spirito" intesa come libertà interiore dal possesso.
A partire da tale "metànoia" personale si può successivamente prefigurare un nuovo modello di sviluppo.
Cammino lungo, complesso e irto di ostacoli.
Ma lo considero affascinante.

 

 

Nulla è più anarchico del potere.

Il potere fa praticamente ciò che vuole, e ciò che il potere vuole è completamente arbitrario, o dettatogli da sue necessità di carattere economico che sfuggono alla logica comune.

Io detesto soprattutto il potere di oggi.

Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni. E' un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti.

Sono caduti dei valori, e sono stati sostituiti con altri valori. Sono caduti dei modelli di comportamento e sono stati sostituiti da altri modelli di comportamento. Questa sostituzione non è stata voluta dalla gente, dal basso, ma sono stati imposti dal nuovo potere consumistico, cioè la nostra industria italiana pluri-nazionale, e anche quella nazionale degli industrialotti, voleva che gli italiani consumassero in un certo modo, un certo tipo di merce, e per consumarlo dovevano realizzare un nuovo modello umano.

Il regime è un regime democratico, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente ad ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della civiltà dei consumi, invece riesce ad ottenere perfettamente, distruggendo le varie realtà particolari. E questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che noi non ce ne siamo resi conto. E' avvenuto tutto in questi ultimi dieci anni. E' stato una specie di incubo, in cui abbiamo visto attorno a noi l'Italia distruggersi e sparire. Adesso risvegliandoci, forse, da questo incubo, e guardandoci intorno, ci accorgiamo che non cè più niente da fare.

L'uomo è sempre stato conformista. Se c'è una caratteristica principale dell'uomo è quella di conformarsi a qualsiasi tipo di potere o di qualità di vita trovi nascendo. Forse biologicamente l'uomo è narciso, ribelle, ama proprio la propria identità, ma è la società che lo rende conformistico e lui ha chinato la testa una volta per sempre dinnanzi agli obblighi della società. Io mi rendo ben conto che se le cose continuano così, l'uomo si meccanizzerà talmente, si alienerà talmente, diventerà così antipatico e odioso, che questa libertà qui andrà completamente perduta...

Pasolini

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