L’Abruzzo non è una pedina con cui giocare

Gli abruzzesi hanno testa e cuore e le loro sorti sono loro, non di giochetti tattici.

L’Abruzzo non è una pedina con cui giocare

Il calendario, possibilmente da non nominare tutto anche al contrario anche se di pazienza per non cadere in tentazione ce ne vogliono tonnellate, ci propone anche per questi primi mesi il menù più in voga in palazzi e corti: le campagne elettorali.

Qualcuno, bei tempi andati signora mia, disse che la politica può essere tra le forme più alte del vivere civile. Oggigiorno, dissipati e massacrati, immensi patrimoni sociali, civili e politici, alla carità e alla polis fin troppe, vergognosamente volte, si è sostituito ben altro tra sgovernatori e disastramministratori.

Tra le prime regioni in cui si voterà la Sardegna, il 10 marzo toccherà poi all’Abruzzo. La classe, che sa essere eccome acqua, politica sarda di centrodestra si è trovata per settimane a discutere di chi candidare tra l’uscente Solinas e l’alternativa Trizzu, il primo sponsorizzato da Salvini e il secondo proposto da Fratelli D’Italia. La reazione della Lega di fronte la possibilità di “perdere” (come poi è accaduto) il “loro” Solinas è stato: allora rimettiamo tutto in discussione, anche i candidati delle altre regioni. E il primo della lista è l’uscente in Abruzzo Marco Marsilio, esponente di Fratelli d’Italia e vicinissimo a Giorgia Meloni.

Le dichiarazioni degli ex verdi padani, ripetute per settimane, sono ovviamente rimbalzate in tutta Italia deflagrando nel “dibattito” abruzzese. Per giorni e giorni la stampa locale e moltissimi cittadini, soprattutto sui social, mentre la campagna elettorale stava entrando nel vivo, si son ritrovati con questa sorta di Spada di Damocle.

Alla fine, ovviamente, Marsilio è rimasto il candidato del centrodestra alle prossime regionali (le reali possibilità di un’alternativa o di una rottura, come alcuni mormoravano tipo stomaco a digiuno da settimane, erano prossime allo zero) e in Sardegna l’ex europarlamentare, l’ex vicepremier di Conte, l’ex consigliere comunale e tanto altro ha ceduto alla proposta Trizzu. Non sarebbe accaduto nulla ed era una tempesta a mare calmo in un bicchiere d’acqua. Ma c’è un dato che colpisce, o almeno dovrebbe: ancora una volta l’Abruzzo è stato considerato una pedina per giochi e giochetti di palazzo, per tattiche, propagande e schermaglie altrove.

Se Marsilio merita la conferma, se il Presidente uscente ha ben governato o male governato devono deciderlo gli abruzzesi, popolo che ha cuore, testa e sacrosanto diritto-dovere di decidere le proprie sorti. Spolitiche slegate da questa regione rimangano fuori dalla porta e le spade di Damocle lor signori le agitino altrove. Anzi, se mai un giorno gli dovesse riuscire di non agitarle proprio sarebbe solo cosa buona, dovere e fonte di salvezza.

Ogni limite ha una pazienza e lor signori sarebbe quasi ora, prima di subito sarebbe tardi, se si ricordassero che l’Abruzzo non è una pedina e non è una passerella slegata da una realtà concreta e reale che esiste. Perché quanto accaduto, o meglio non accaduto nei fatti, le scorse settimane ha precedenti. E prima di subito sarebbe già tardi smetterla qua. Non possiamo dimenticare come in piena pandemia, mentre l’Abruzzo e l’Italia intera erano in drammatica emergenza con migliaia di morti che si succedevano senza tregua, ci toccava assistere a scontri e schermaglie dal livello regionale a quello comunale di Pescara e Montesilvano dai pretoriani dell’ex padano.

Non possiamo dimenticarci quando nei giorni del dramma di Rigopiano e di una nevicata tra le più forti possibili il non ancora vicepremier si fece un tour in vari comuni (mentre tutti noi eravamo bloccati in casa e c’erano centinaia, se non migliaia, di famiglie alle prese con esigenze sanitarie – c’è chi ha rischiato di morire per l’interruzione dell’energia elettrica ad apparecchiature salvavita – e di altro tipo) telefonando ai sindaci che una strada o l’altra era bloccata e lamentandosi pure se non gli rispondevano.

Prima cosa che eravamo bloccati lo sapevamo e mentre il non ancora vicepremier poteva girare noi eravamo bloccati in casa, seconda cosa se un sindaco non rispondeva al telefono il dubbio che forse forse, ma forse forse forse, era impegnato a cercare di contattare e assistere i suoi concittadini non è venuto all’ex consigliere comunale di Milano?

Citando le sorti degli abruzzesi tirate per la giacchetta non si può non concludere ricordando il terremoto del 6 aprile 2009 e quanto accaduto in questi quindici anni. Non si può, e non si deve, dimenticare come questi signori avevano creato una categoria di propaganda – i “terremotati”, come fossero una massa indistinta e amorfa e non migliaia di cittadini che hanno sofferto lutti e difficoltà terribili – utilizzati per meme, immagini, propaganda (anche spacciando per Abruzzo campi profughi di ben altre zone del mondo) da contrapporre ai migranti piuttosto che ad altri. Benefici e soluzioni per gli abruzzesi che hanno subito terremoto e post terremoto: 0.