Mafie a Roma

Report torna con una inchiesta sulle mafie che si stanno impadronendo della Capitale.

Mafie a Roma

Chi comanda nella Capitale d’Italia?
Quartieri interi sono trasformati in piazze di spaccio militarizzate e dove i boss ordinano omicidi come bottiglie di champagne dai menu dei ristoranti di Parioli e Ponte Milvio? La risposta arriva dai testimoni eccellenti: fiancheggiatori, avvocati, prestanome, criminali redenti e non che raccontano come sono cambiati in questi anni gli equilibri criminali nella capitale d’Italia.

Dati inediti confermano che nel secondo anno del Covid-19 gli acquisti di attività commerciali nel centro di Roma sono aumentati, mentre uno studio sulle compagini azionarie dei principali ristoranti del centro storico dimostra che gruppi di imprenditori albanesi controllano ormai alcuni dei locali più noti tra piazza Navona e Campo de’ Fiori.

Alle spalle la ‘ndrangheta e in particolare la cosca Alvaro che dal 2008 in poi ha accresciuto la sua presenza nella capitale arrivando a prendere contatti con esponenti politici di primo piano per favorire l’ingresso di candidati “amici” all’interno del Parlamento. Nella città dei prestanome, dove il clan camorristico legato a Michele Senese mantiene un ruolo di primo piano, anche l’attività di contrasto vacilla.

Il Tribunale delle misure di prevenzione sequestra i locali legati alle mafie, ma troppe volte le stesse attività tornano nelle mani di altre mafie, al punto che un amministratore giudiziario arriva a dire che l’80% dei ristoranti nel centro di Roma sono ormai controllati dalla criminalità organizzata. Da quelle casse, e dalle piazze di spaccio, escono centinaia di milioni di euro che devono essere ripuliti.

Sarebbe questo il compito della comunità cinese e di una manciata di piccole botteghe tessili intorno a piazza Vittorio. Secondo quanto sarebbe emerso da indagini della Guardia di Finanza, i commercianti prendono i soldi, li ripuliscono e quando serve ne assicurano il viaggio fino all’altro capo del mondo, dove quei soldi finiscono ai narcos colombiani per saldare l’ultimo carico di cocaina. Un sistema capace di drenare centinaia di milioni di euro e trasformarli in una preziosa riserva per le banche cinesi.

è questa l'anticipazione di Report.


I riflettori del servizio vengono accesi sull’attivismo di una delle famiglie ‘ndranghetiste più pericolose, e cioè quella degli Alvaro di Sinopoli, insediati da tempo nella Capitale. Il clan già nel 2008 aveva come obiettivo quello di far eleggere al Parlamento un candidato cosiddetto amico.

“A muoversi nell’ombra sarebbero stati l’imprenditore Walter Manfredi e Giuseppe Condello, cugino di Domenico Alvaro, ritenuto il capo della Locale di Sinopoli.”

Infatti le informative dei Ros ricostruiscono l’attivismo di Condello e Manfredi nei mesi che anticipano le elezioni politiche del 2008. I due uomini si adoperano per stringere legami con i vertici del Popolo delle Libertà proprio per organizzare un evento in Calabria, alla ricerca di sponsor per sostenere l’apertura di 50 Circoli delle libertà, l'associazione nata nel 2006 per volontà di Silvio Berlusconi e affidata alla guida di Vittoria Brambilla, ed evento al quale avrebbe dovuto partecipare la stessa Brambilla.

“Riusciamo a farne una cinquantina? ”

domanda Condello a Manfredi intercettato dal ROS.

“Io penso che ce la facciamo. Ti dico, allora, i primi dieci sono pronti”.

risponde Manfredi.

“Va bene perché vanno a finire sul tavolo del presidente”.

chiude Condello.

immagine presa dal web

Le elezioni sono alle porte e gli uomini vicini alle cosche si attivano. I militari del ROS assistono a un incontro tra Manfredi e la Brambilla in piazza del Parlamento, e il 20 marzo del 2008 intercettano una telefonata nella quale Condello racconta di aver partecipato a una riunione politica dentro Palazzo Chigi e successivamente di aver fatto visita al Circolo della Libertà dell’Eur.

Lo stesso Condello racconta al suo interlocutore di essere stato convocato d’urgenza per incontrare Silvio Berlusconi. I carabinieri non riportano la prova che quell’incontro ci sia effettivamente stato, così come non ci sono evidenze sulla possibilità che i politici coinvolti conoscessero i legami tra gli emissari e la ’ndrangheta.

Ad un certo punto la ‘ndrangheta e la camorra

“siedono alla stessa tavola per stringere patti, altre volte imprenditori vicini alle famiglie dei clan si incontrano per fare affari”.

“Ma a Roma nessuno è più potente della ‘ndrangheta, capace di scatenare una guerra non solo in Italia, ma in tutto il mondo”,

ad affermarlo è l’avvocato Fabrizio Gallo, ex legale della famiglia Alvaro. Inoltre il legale viene ripreso anche nel corso di un matrimonio di ‘ndrangheta celebrato alle porte di Roma.

E’ Il 24 giugno del 2017, nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, viene celebrata una unione di amore eccellente. Alla cerimonia sono presenti 500 invitati,

“300 dei quali considerati di elevato interesse investigativo”.

Tra loro c’è anche l’avvocato Fabrizio Gallo, il legale storico degli uomini accusati dalla Procura di Roma di rappresentare il vertice della

“cosca Alvaro ormai stanziale a Roma”.

 

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immagine di copertina presa dal web

 

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