Le mafie al tempo del coronavirus

«In questo periodo la paura del Coronavirus ci distrae dalla presenza di altri gravi problemi che sono sempre esistiti. Le mafie continuano a diffondersi, a crescere e svilupparsi nell’assoluta omertà aiutata dai poteri forti collusi e deviati. Questo per le mafie è davvero un periodo d’oro».

Le mafie al tempo del coronavirus
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È ora di fare chiarezza. È ora di dire la verità. Viviamo in Paese dove la paura regna sovrana e non solo per la pandemia di Coronavirus che stiamo vivendo e che ha colto la nostra sanità impreparata. Sono stati tagliati soldi, sono stati chiusi gli ospedali in nome dell’efficienza. Ma quale efficienza? In favore di chi? Certo non di noi cittadini.

 

La comunicazione dei giornali e dei politici colpisce i sentimenti della popolazione, li colpisce moltiplicando la paura, alimentando ansie, idee, eliminando ogni capacità di analisi critica. Questo controllo viene sfruttato da chi detiene il potere per manipolarci. I nostri politici alimentano le incertezze, invece di costruire certezze per poter vivere al meglio. I politici sempre più divisi continuano a creare confusione, odio, atti indegni.

Indecente è un politico che non si preoccupa di un suo uomo della scorta, che rischia la vita per lui, continuando, sui social, a fare propaganda di odio razziale e di continuo attacco alle istituzioni che lui stesso rappresenta. Nessuna parola di sostegno e di incoraggiamento pubblica ad un uomo che mette a servizio la sua vita ogni giorno.

 

E non è il solo comportamento politico che più crea sdegno in questo momento dove siamo tutti chiamati all’unità. Politici che vogliono dimostrare che ne sanno più degli altri, che ci illudono di accedere a fonti a noi sconosciute solo per avere notorietà.

No, cari politici, non si fa così. Siete davvero ridicoli, perché non devolvete l’intero compenso in questo periodo e non tagliandone solo una parte? Visto che ci sono disoccupati, lavoratori, invalidi e molte categorie che sono allo stremo? (non che prima non lo fossero). Perché non pensate di mettere in sicurezza le carceri e il personale della polizia penitenziaria? Lo Stato ha ceduto, ha piegato ancora una volta le ginocchia dinanzi ai delinquenti, a quei poteri che ci hanno sempre manovrato. Ora qualcuno ringrazierà una politica, che ha concesso, dopo le guerriglie nelle carceri, in un periodo di emergenza sanitaria mondiale, di ottenere quello che hanno sempre voluto: una sorta di indulto. Il sistema del nostro Paese si è inginocchiato ai poteri che da qui a breve chiederanno ancora di più, anzi saranno autorizzati a chiedere sempre di più. Pessimo il messaggio del nostro Stato alla criminalità. E tutto ciò preoccupa non poco le forze dell’ordine e deve preoccupare anche noi cittadini.

 

Occorre ora, ma occorreva anche prima una seria riforma del sistema carcerario, nuove assunzioni nel comparto della Polizia Penitenziaria e la possibilità di lavorare in sicurezza. Stesso discorso è valido per le Forze dell’Ordine. Solo ora vengono messi a disposizione soldi per gli interventi urgenti di ristrutturazione delle carceri danneggiate dalle guerriglie di pochi giorni fa e altri soldi a favore della Polizia Penitenziaria. Si poteva intervenire prima e non solo ora con un’emergenza in atto. Lo Stato ha di fatto consegnato il paese in mano ai criminali e soprattutto ai poteri forti come accaduto nella trattativa stato – mafia.

 

Peccato che in questi giorni sia stato posticipato l’incontro con il Presidente del Consiglio Conte, con il quale dovevamo parlare del Progetto di Vita e delle soluzioni che il progetto propone. Questo significa unità, proporre soluzioni per il bene di tutti, onorare la Bandiera e la nostra Democrazia. Siamo un Paese che sta arrancando di vivere in piena emergenza senza prospettive per il futuro, per il post pandemia. La politica presenta soluzioni approssimative.

 

Ringraziamo il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella che con grande forza richiama all’unità nazionale una politica ormai senza identità. Con lui la presenza dello Stato è visibile e si sente, ma non si sente in un Parlamento che non mette in campo leggi adeguate come nel campo della lotta alle mafie. Lo Stato non ha compreso che la mafia non appartiene solo alla regione Sicilia, che la ‘ndrangheta non appartiene solo alla Calabria, che la Sacra Corona Unita o quarta mafia non appartiene solo alla Puglia, che la camorra non appartiene solo alla Campania, ma le mafie appartengono a tutta l’Italia e non si deve perdere tempo. La criminalità organizzata non si ferma dinanzi al dolore, va avanti, si organizza per arricchirsi sempre di più.

In questo periodo la paura del Coronavirus ci distrae dalla presenza di altri gravi problemi che sono sempre esistiti. Le mafie continuano a diffondersi, a crescere e svilupparsi nell’assoluta omertà aiutata dai poteri forti collusi e deviati. Questo per le mafie è davvero un periodo d’oro ecco perché non dobbiamo distogliere l’attenzione da questo cancro.

Il nostro impegno sociale, l’antimafia sociale rappresenta un dovere, una responsabilità. In pochi ci hanno chiamati megalomani, hanno detto di noi che non denunciamo, che pensiamo in grande, ma che in sostanza non facciamo niente. In tanti ci supportano e ci invitano ad andare avanti seppur i tanti problemi che ciò può comportare. Continuiamo a denunciare e ringraziamo tutti coloro che ci sostengono nella lotta alle mafie e a chi, nonostante tutto, ci resta accanto.

 

Ricordiamoci che in questo momento i traffici illegali continueranno, il consumo della droga non diminuirà, sicuramente si attivano nuovi network di distribuzione, aumenterà la speculazione sui prodotti di emergenza sanitaria (episodio che sta accadendo), continueranno i prestiti, e tanto altro. Insomma continuerà il controllo sociale.

 

Le mafie sono un fenomeno che riguardano tutti noi, nessuno escluso e ricordate bene che la mafia non è buona, non è generosa, non garantisce né benessere né lavoro. Dove c’è mafia c’è povertà.

Siamo tutti servitori dello Stato, ma non servi, lavoriamo insieme e uniti per il bene comune.

 

Adriana Colacicco e Gerardo Gatti