LE MANI E L’ANIMA PERCORSI E ISPIRAZIONI NELL’OPERA DI SHLOMO TUVIA

Dopo i successi in tutto il mondo approda a Roma (21 - 27 gennaio 2022) . L’evento – ad ingresso libero - è stato inaugurato ieri, venerdì 21 gennaio 2022, negli spazi di Micro Arti Visive a viale Mazzini 1, con una degustazione di Casale del Giglio. Resterà visitabile – eccetto domenica 23 (giorno chiusura) – fino al 27 gennaio dalle 15:30 alle 19:30.

LE MANI E L’ANIMA PERCORSI E ISPIRAZIONI NELL’OPERA DI SHLOMO TUVIA

Figlio di genitori sordi e muti, sopravvissuti all'Olocausto. Fu costretto, con la famiglia, a lasciare la Romania e ad emigrare in Israele. Malgrado l’estrema povertà ha dovuto farsi carico dell’invalidità del papà e della mamma.

Tuvia Shlomo fin da piccolo ha sempre comunicato con i suoi genitori attraverso i dipinti. “Dipingevo per mamma e papà per esprimermi. Comunicavo principalmente con loro attraverso gesti delle mani e movimenti del corpo che erano un modo in cui le emozioni venivano espresse nei miei dipinti”.

Oggi Shlomo Tuvia è uno degli artisti più intriganti e influenti della comunità ebraica del nostro tempo.  

L’esposizione romana

Dopo i successi di Los Angeles, Aspen, Houston e i riconoscimenti ottenuti in Giappone, l’artista israeliano trapiantato a Los Angeles Shlomo Tuvia approda anche a Roma – MICRO Arti Visive – con una nuova mostra dal titolo “Le mani e l’anima. Percorsi e ispirazioni nell’opera di Shlomo Tuvia”.

L’esposizione romana - presentata da Natalie Blancardi e curata da Paola Valori e Isabella Montagnaro per le iniziative di Micro Arti Visive - costruisce un percorso inedito di dieci opere a tiratura limitata, che racchiudono il suo mondo affettivo, una storia familiare e persino un intreccio di vite.

L’artista racconta sì l’amore per l’arte, ma soprattutto per i genitori e per la vita difficile condotta con loro: due sordomuti sopravvissuti all’Olocausto.

Shlomo fin da piccolissimo, romperà questo silenzio, comunicando con loro disegnando.
E’ proprio nell’ambiente domestico che svilupperà l’interesse per il disegno e la pittura, un esercizio che gli consentirà anche la ricostruzione di una mappa di sé, attraverso l’acuta osservazione della fisicità umana.

Le figure sono semplificate dalle campiture aggressive e libere, con torsioni acrobatiche di gesti, tensioni delle dita.

I suoi corpi sono spesso metafore esistenziali che acquistano una dimensione onirica.
«Di famiglia poverissima – scrive Paola Valori nel testo curatoriale – Shlomo si trasferisce negli Stati Uniti conservando nel suo immaginario una storia personale molto difficile, in continua connessione tra la cultura di origine e quella americana. Un lavoro intenso e di grande impatto emotivo che esprime un repertorio di immagini che comprendono tutto, dalla pittura da cavalletto che riutilizza ad hoc, alle scelte di gusto a volte espressionista, altre volte di matrice pop-surrealista.

Un percorso di tutto pregio che è riuscito a costruire a dispetto delle sue basi di partenza durissime, e non solo perchè ebreo, in anni in cui si era ancora vittime di pregiudizio, ma anche per le umili origini e le condizioni veramente disagiate della sua famiglia».