Le vite che fanno la storia: Alberto Corbino

Dopo aver ascoltato le parole di Alberto Corbino dovrei modificare la titolazione di questa rubrica. Non lo faccio lasciando una sua diversa definizione alla facoltà di chi vorrà leggere questo articolo.

Le vite che fanno la storia: Alberto Corbino

Alberto Corbino, classe 1969, laurea in scienze politiche velocemente conseguita a pieni voti all’Università di Napoli “Federico II”, con una sequela di titoli accademici (specializzazioni, dottorati e master di altissimo livello prevalentemente incentrati sull’economia ambientale) presso gli atenei più qualificati nazionali e non (Padova, Harward), Esperto Nazionale Distaccato presso la DG Ambiente della Commissione Europea a Bruxelles nel 1998, è professore universitario e, come tale, presente  in molti seminari e convegni nonchè autore di testi accademici di rilievo. Ma Alberto è anche persona dai tanti interessi che spaziano dalla poesia alla saggistica.

Una vita, dunque, spesa nell’affermazione di etica e morale, valori costitutivi della Fondazione Cariello Corbino, di cui è co-presidente.

Una charity che supporta progetti per minori in RDCongo, Pakistan e Napoli, il cui stesso logo Earth – Heart (Terra e Cuore) sintetizza la mission: il Cuore (ossia progetti di pura solidarietà per risollevare le sorti dei meno fortunati, restituendo prospettive e qualità alla loro vita) e la Terra (simbolo dell’ambito d’intervento: lo sviluppo sostenibile, il futuro dell’umanità e del pianeta, le relazioni economiche, sociali e affettive tra gli esseri umani e tra questi e l’ambiente che li circonda).  

Un impegno notevole e non privo di rischi e difficoltà ma Alberto è un Corbino, figlio di quell’Epicarmo (il Pietro Micca della politica italianae di quell’Orso Mario (I ragazzi di Corbino. Noi siciliani siamo simpatici).

 https://www.internationalwebpost.org/contents/I_RAGAZZI_DI_CORBINO__NOI_SICILIANI_SIAMO_SIMPATICI_(parte_seconda)_19156.html#.YgAGPurMKUk

Noti per la levatura professionale e, soprattutto, per l’essere stati uomini politici che hanno nobilitato, con dignità e competenze, l’esordio di una storia repubblicana nazionale che, dopo le iniquità inferte al Paese e ai suoi figli innocenti, si annunciava come essere capace di risollevarsi dalle umiliazioni, dalla povertà, dalle violenze.

Famiglia illustre: un’asticella valoriale alta, dunque, che Alberto sa tenere elevata, con la determinazione e l’umiltà del “figlio d’arte” capace di trasformare le virtù familiari in epica.

Ho intervistato Alberto Corbino.

Alberto il tuo percorso accademico e professionale è sufficiente per collocarti tra le persone che amo definire come “le vite che fanno la Storia”. Sono quella parte di umanità che sceglie di impegnarsi per l’alterità con la consapevolezza che il valore di ciascuno non è misurabile con metro economico potendo – se ben indirizzato – valere più di ogni capitale.  La fondazione Cariello Corbino di cui sei presidente esprime chiaramente il senso di un impegno che oserei definire come ennesima testimonianza della grandezza dei Corbino.  Cosa gli illustri nonno Epicarmo, padre costituente e economista,  esempio di uomo politico che, a prescindere dalle opinioni,  tutti vorrebbero oggi come rappresentante dello Stato, e Orso Mario, scienziato di chiara fama e anch’egli uomo politico esimio, hanno rappresentato nella tua formazione e nelle tue scelte?

«Ti ringrazio per avermi inserito in questa categoria, ma temo sia immeritato. Potrei tutt’al più finire nella categoria delle “vite che fanno la propria parte”, quelli che qualcuno definisce “uomini di buona volontà”. Credo che si tratti soprattutto di questo: ognuno deve fare la propria parte, ricordandosi che fa parte di una grande famiglia che si chiama genere umano, che abita una casa comune, chiamata Terra.

Penso che nonno Epicarmo e il mio prozio Orso Mario, al genio dei quali ho pudore anche solo ad essere accostato, abbiano fatto proprio questo: hanno vinto le avversità di una vita non facile, impegnandosi e cercando di sfruttare al massimo le potenzialità che la genetica prima e le capacità relazionali poi hanno messo a loro disposizione, hanno compreso che la scienza e la cultura erano valori assoluti e hanno messo questo patrimonio al servizio del Paese. Ciò che ognuno di noi dovrebbe fare: riconoscere le proprie potenzialità e quelle del proprio Paese, della propria comunità. Sono grato loro per l’esempio di onestà e semplicità che hanno rappresentato per il Paese.

E, a mio nonno, per l’esempio di coerenza, unico caso di Ministro della Repubblica che non ritira la minaccia di dimissioni per due volte (Governo Badoglio e Governo De Gasperi) e lascia la poltrona per restare fedele alle proprie convinzioni scientifiche e politiche. Ma soprattutto per l’onestà intellettuale dimostrata in occasione della cosiddetta Legge Truffa, dai cui avrebbe potuto trarre enorme vantaggio di partito (liberale) e personale, ma dalla quale invece si dissociò pubblicamente e rumorosamente, dando un contributo determinante a far fallire il progetto, pagando il caro prezzo della sua non elezione al Parlamento e della esclusione dalla vita politica. Se ti viene in mente un politico di vertice, dico uno solo, che oggi farebbe la stessa scelta, svegliami anche alle tre di notte.»

 

Puoi dormire sogni tranquilli, Alberto… ma sono una donna di fede e confido sempre in un futuro a venire con politici che, per il bene Comune,  siano capaci  operare in funzione del “dover fare la polis” (principio cardine della democrazia) e non facendone un’accademia nepotistica…Su Orso Mario e Epicarmo, uomini illustri (sottolineo la componente umana per evidenziare il grande senso del dovere in cui si coniuga etica e morale), dediti alla politica con competenza e abnegazione, stimati dagli stessi avversari e amati dall’opinione pubblica, sono state scritte note celebrative da parte delle istituzioni e della stampa di tutto il mondo. Un ricordo per i lettori di IWP che tanta ammirazione hanno tributato loro…

«Orso Mario non lo ho conosciuto, ovviamente, ma ricordo bene che la sua foto ritratto campeggiava come un nume tutelare sulla scrivania del nonno, quella che ho ereditato in seguito io. Nonno ne aveva un grande rispetto, non solo perché era stato per lui più padre che fratello maggiore  ma, credo, perché ne riconosceva la inarrivabilità del genio.  

Epicarmo, che è morto in età molto avanzata, quando io ero solo un ragazzino, per me era solo il nonnino che andavo a trovare, accompagnato da mamma e mio fratello Andrea, ogni mercoledì all’ ora di pranzo. Nonna Ida, sua moglie, preparava ogni volta gnocchi alla salsa e pasta al sugo e ci si metteva a tavola. Mamma, orfana sin da piccola, lo chiamava “papà”. Una famiglia sobria e normale, senza sfarzi, e la memoria della fame e della guerra sempre a fare da severa guardiana.»

 

Torno alla “Fondazione Cariello-Corbino”. Nel sito dedicato figurano tutte le informazioni importanti per comprendere come e dove opera prendendosi cura delle persone che vivono nei territori del pianeta dove la vita è sinonimo di sofferenza, di sfida contro la povertà e le disuguaglianze. Quando è stata costituita e quanto pesano i valori dei Corbino e dei Cariello? Quali sono le dimensioni delle difficoltà di operare nelle realtà in cui è presente e delle soddisfazioni che incoraggiano a non fermarsi?

«La Fondazione Cariello Corbino è stata costituita nel gennaio 2016, in memoria di mia madre Silvana Cariello, scomparsa pochi mesi prima. Lei è stata un esempio di grande generosità. Ovviamente, abbiamo pensato che potesse essere uno “strumento” utile anche a ricordare le opere e le figure di Epicarmo e Orso Mario, con i quali, invero, la storia non è stata generosa in termini di riconoscimenti. Ma forse a loro, persone serie e riservate, è andata bene così.

Sai, nonno era stato per molti anni in capitaneria di porto – persino su sommergibili nella prima guerra mondiale – conosceva il valore della vita umana. E sono certo - l’ho detto anche a una cerimonia ad Augusta – che non avrebbe lasciato che bambini, donne e uomini disperati che attraversano il Mediterraneo per disperazione, morissero annegati.     

La Fondazione opera in contesti oggettivamente complicati, come il Nord Kivu della Repubblica Democratica del Congo, regione devastata da oltre vent’anni da una guerra interna strisciante, di cui nessuno parla mai, nonostante sia considerata la più grande catastrofe umanitaria dai tempi della II Guerra Mondiale. Operiamo portando supporto finanziario e organizzativo a realtà locali che da sole non avrebbero molte possibilità di sopravvivere, ma che invece con noi, grazie alla solidarietà di tantissimi piccoli donatori – le donazioni, sottolineo, sono tutte interamente devolute in favore dei progetti umanitari - in Italia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, ecc, trovano le forze per cominciare un proprio cammino di autonomia e sviluppo.

Ci siamo messi nei panni di quei bambini e quelle donne che attendono un miracolo, perché i loro governi sono troppo deboli e/o corrotti per agire, in Uganda, Malawi, Pakistan, e anche a Napoli, e facciamo la nostra parte, come un buon padre di famiglia. Orfanotrofi, comunità agricole, piccoli ospedali e scuole, laboratori di sapone e falegnameria, è tutto un mondo che fiorisce, scacciando gli spettri della fame, del lavoro minorile, della violenza che annienta le donne.»

 

So che stai per partire per il Congo. Come riesci a coniugare il tuo donarti nell’attività professionale con il tuo donarti nella missione? Si è storicamente portati a pensare che le realtà africane e quelle di altre periferie del mondo siano piagate a causa di una natura da sempre ostile. Purtroppo sappiamo che la povertà è dovuta anche ad altre cause oggi prevalenti… che il dramma è parte di un dramma più vasto che investe tutto il pianeta. In balia delle interconnessioni climatiche, politiche, economiche e ideologico-comportamentali come scongiurare, a tuo avviso, il rischio della “tempesta perfetta”?

«Nella Repubblica Democratica de Congo, paese equatoriale, la natura è benevola (nonostante qualche eruzione vulcanica di troppo). E’ stata talmente benevola da seppellire nelle sue viscere, ogni tipo di ricchezza: oro, diamanti, petrolio, cobalto, coltan… Ecco spiegate le cause di una guerra infinita. L’avidità di ricchezza di multinazionali senza scrupolo, assecondata dall’animo corrotto di politici locali senza coscienza né dignità. Da secoli. Non ci sono altri motivi se non l’avidità dell’uomo, la natura non c’entra nulla.

Come scongiurare la tempesta perfetta? Mi verrebbe da dire con una pandemia che spaventi l’essere umano e lo faccia sentire più fragile e parte, insignificante, di un tutto che deve rispettare e tutelare per sopravvivere. Ma, chissà perché, non sono certo che funzionerebbe. Eppure, io che da quasi trent’anni mi occupo di studiare le questioni del cosiddetto sviluppo sostenibile, so che in molti le soluzioni per evitare la tempesta perfetta le hanno già trovate da tempo: produzioni agricole rispettose della natura; produzioni industriali che sono ottimi esempi di economia circolare; edilizia energeticamente efficiente; asili che si uniscono a ospizi; emigrati che vanno a rivitalizzare borghi abbandonati; Comuni a rifiuti zero o invasi da tram e piste ciclabili; cooperative di giovani che si riprendono i terreni delle mafie e li trasformano in lavoro e speranza; centri storici dimenticati che si aprono al turismo. Se tutte queste pratiche fossero adeguatamente supportate dai governi e apprezzate dai consumatori, così come avviene in alcuni Paesi scandinavi, non dovremmo preoccuparci del futuro. Ma, che dire ... sarà per la prossima volta!»