LETTERA APERTA. Una madre molisana scrive ai medici: «Serve più umanità»

DIAMO VOCE A CHI NON HA VOCE. «Onestamente, il mio è un parere che potrebbe contare poco, forse anche nulla, ma credetemi, i vostri colleghi interregionali, non hanno risparmiato giudizi tutt'altro che positivi sul vostro operato.»

LETTERA APERTA. Una madre molisana scrive ai medici: «Serve più umanità»
Cari dottori,
chi scrive è una mamma di un giovane ragazzo di quasi 23 anni di Guglionesi, che, non più di 10 giorni fa si è recato in pronto soccorso, lì dove voi stessi prestate servizio, presentando dei sintomi tipici di una emiparesi facciale ("presunta paresi di Bell", questa per lo meno è la diagnosi con la quale lo avete dimesso per ben due volte a distanza di due giorni l'uno all'altro. Nonostante il ragazzo avesse chiaramente ribadito che i sintomi tendessero a peggiorare piuttosto che migliorare).
 
Per ben due volte lo avete ricevuto e per ben due volte lo avete lasciato tornare a casa senza preoccuparvi del perché e del cosa avesse potuto causare una "patologia" quale quella espressa in precedenza da voi stessi, in un ragazzo così giovane, senza indagare ed approfondire con ulteriori esami, come ad esempio una Tac cranica, dimenticando di bendare l'occhio interessato, primo approccio terapeutico onde evitare di comprometterne la retina (non sta a me ricordarvi il perché l'occhio coinvolto in una "probabile emiparesi o paresi di Bell, vada bendato).
 
Avessimo aspettato ancora un paio di giorni, fidandoci della vostra professionalità, il danno sarebbe stato grave e serio. 
 
Nonostante la cura prescritta (perché c'è da sottolineare anche il fatto che in pronto soccorso, a nessuno dei medici presenti sia balenato il pensiero di intervenire prontamente con farmaci cortisonici, onde evitare l'ulteriore aggravamento della sindrome), la  fisioterapia, anche se sconsigliata sempre in p.s, dopo ulteriore inasprimento dei sintomi è stato ricoverato nel reparto di neurologia all'ospedale "Casa sollievo della sofferenza" di San Giovanni Rotondo, passato precedentemente per il pronto soccorso.
 
È inutile dire che, pur avendo, fortunatamente un codice verde, nell'arco di un'ora, Tac eseguita (ma questo è  un dettaglio su cui potremmo sorvolare un po' tutti). Chi mi conosce sa bene quanto io mi fidi della parola di un medico, perché se così non fosse non sarebbe neppure logico rivolgersi a dei professionisti della nostra salute. Ciò che mi rammarica nella nostra vicenda è il fatto di non aver goduto di quella professionalità nella quale ho sempre creduto, perché, a differenza di molte altre professioni, quella di un medico non dovrebbe permettersi il lusso di commettere leggerezze perché in ballo, in alcuni casi, c'è la vita di altre persone. 
 
Onestamente, il mio è un parere che potrebbe contare poco, forse anche nulla, ma credetemi, i vostri colleghi interregionali, non hanno risparmiato giudizi tutt'altro che positivi sul vostro operato.
 
Avete lasciato tornare a casa un ragazzo con una sintomatologia anomala considerata l'età, dando per scontato che tutto sarebbe tornato a posto con il passare del tempo, ignorando che dietro quei sintomi avrebbe potuto nascondersi qualcosa di più grave .
La scelta di diventare medico non è  per caso, ma per vocazione, dove al primo posto va considerata la vita stessa di chiunque vi si rivolga per qualsiasi ragione. Il medico ha come obbiettivo ultimo quello di riuscire a fare il possibile affinché il paziente capisca in primis di essere in buone mani, capisca bene ciò  che sta capitando, stia meglio auspicando in una totale guarigione se e quando possibile. 
 
A voi medici non si chiede di fare miracoli, per questo ci si rivolge a qualcuno di più influente e saggio, ma ci si aspetta che per lo meno essi facciano tutto quanto è nelle proprie competenze e conoscenze e non che siano negligenti, perché tra il "NON AVER POTUTO FARE" e "IL NON AVER FATTO" c'è di mezzo la vita di altri.
 
Capisco le difficoltà di questi ultimi due anni nello svolgere in piena tranquillità, se è possibile, il vostro lavoro. Capisco la stanchezza, la  frustrazione legata alla grave situazione di malagestione della Regione del comparto sanitario, dirigenziale e non solo, altra  grande macchia di questo ormai  "miserabile" Molise. Capisco persino l'errore umano, ma ciò che non concepisco da parte vostra è proprio l'oscitanza in talune circostanze.
 
In questo mondo dove ormai tutto ha perso di importanza, in una società così abituata a subire inerme le scelte altrui, alla quale manca l'empatia, le emozioni e la sensibilità, c'è necessità di tornare a sperare, a fidarsi ed affidarsi a chi può o, per lo meno potrebbe fare qualcosa per gli altri, con sapienza ma senza dimenticare ovviamente che l'essere umano è dotato di limiti. Per questo, tutto ciò che mi preme in questo momento e con questo mio scritto è che, quanto accaduto a mio figlio, non accada ancora, perché, se per lui le cose si sono risolte, grazie a Dio, con una prognosi di due mesi e cure farmacologiche, per qualcun altro potrebbe non essere lo stesso e magari potreste un giorno (spero mai) dover fare i conti con la vostra coscienza che inesorabile potrebbe tormentarvi con un unico quesito: ma io ho davvero fatto tutto quanto il necessario e possibile affinché il peggio non si verificasse? 
Cordialmente.
Lucia Lamanda