Libertà di stampa o stampa di regime?

Certo che, ogni tanto, i giornalisti esagerano. Qualche titolo troppo scandalistico, qualche morto contato male, una strizzatina d’occhio ai centri di potere ci appare davanti quasi tutti i giorni ma questo non è un buon motivo di fare di tutta l’erba un fascio.

Libertà di stampa o stampa di regime?
Raffaele Cantone

Evidentemente c’è chi preferirebbe sostituire i giornalisti con gli addetti stampa. Evidentemente c’è chi preferirebbe che, sui giornali, fossero pubblicati integralmente i comunicati stampa delle procure, delle questure e via dicendo. E, evidentemente, li vorrebbe veder stampati senza alcuna analisi, spiegazione, contestualizzazione e, perché no, senza nessun commento. Evidentemente c’è qualcuno che preferirebbe solo la stampa di regime. Esiste una possibilità e questa si chiama “redazionale”, ossia paghi per far scrivere quello che vuoi, come succede per le pubblicità.

 

Evidentemente, però, tutti questi dimenticano che sulla carta costituzionale esiste l’articolo 21 che recita:

 

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

 

Certo che, ogni tanto, i giornalisti esagerano. Qualche titolo troppo scandalistico, qualche morto contato male, una strizzatina d’occhio ai centri di potere ci appare davanti agli quasi tutti i giorni ma questo non è un buon motivo di fare di tutta l’erba un fascio.

 

Di recente mi è capitato di leggere che la procura di Perugia ha chiesto al Csm la tutela contro gli articoli che, in queste settimane, ha pubblicato il Riformista diretto da Piero Sansonetti per gli articoli scritti da Paolo Comi.

Apriamo subito una, ma fondamentale, parentesi. Il giornalista non ti deve essere simpatico e non deve essere compiacente. Il giornalista non scrive per compiacere i lettori, scrive per informarli e non deve tenere conto che se la notizia piacerà o meno, se rappresenterà una o l’altra parte.

 

Nel caso del giornale diretto da Sansonetti e dei suoi giornalisti, ma non sono gli unici, sembra che gli venga riconosciuto il grande difetto di volersi occupare del “caso Palamara” regolarmente e questo pare che abbia dato fastidio. Non solo al singolo lettore che risolve evitando di acquistare il Riformista ma è scesa in campo una voce autorevole che ha deciso di dettare nuove regole.

 

Il direttore Piero Sansonetti ha pubblicato un video editoriale in cui racconta che “Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha chiesto al Csm di aprire una pratica a tutela dei magistrati della sua città. Questo si fa quando un magistrato è sotto tiro da parte di qualcuno e bisogna proteggerlo. In genere è una procedura di vantaggio per la carriera del magistrato poiché va a fare curriculum. Cantone l’ha aperta contro il Riformista, perché con gli articoli di Paolo Comi abbiamo riferito di alcune cose che non funzionano nel Palamaragate“.

 

Voler sapere tutto quanto ci sia sotto l’immenso materiale acquisito dal “caso Palamara”, non solo quello che ha fatto comodo a una parte, è un diritto che non può essere negato all’opinione pubblica. Non solo per dovere d’informazione ma anche perché troppo inquietanti interrogativi continuano a spuntare. Cito ad esempio il mistero perché il “trojan” che ha permesso di intercettare, sia stato attivato durante cene con parlamentari quando la nostra legislazione non lo permette e, per contro, non sia stato attivato quando Luca Palamara era a cena con l’ex procuratore capo di Roma, ex numero uno dell’Anac e oggi procuratore a Perugia, Giuseppe Pignatone.

 

Se è vero, e per me lo è, che la stampa è il cane da guardia del potere, in quanto svolge una funzione di sorveglianza contro l'illegalità, lo è non solamente di quello politico, ma anche degli altri poteri. E non possiamo dimenticare che la magistratura è uno di questi. E proprio in questo caso non si può fare a meno di notare la contraddizione. Di fatto la magistratura, e conseguentemente i magistrati, dovrebbe essere grata ai giornali che si occupano del “caso Palamara” almeno tanto quanto lo è quando la stampa si occupa della trattativa Stato-mafia.

Inoltre, nel “caso Palamara” continuano ad emergere una serie di incredibili intrighi che minano la credibilità di un organo dello Stato tra i più importanti perché si tratta di quello che decide in merito alla vita dei cittadini.

 

Inoltre non possiamo dimenticare che l’organo di autogoverno, il Csm, ha dimostrato i suoi limiti e le sue debolezze proprio da quanto contenuto nelle chat di Luca Palamara. Ne è venuta fuori, purtroppo, un’immagine malferma, influenzabile e troppo sensibile alle logiche di appartenenza e potere e spesso con manie di protagonismo che, se da un lato accendono il falò dei fanclub, dall’altro lasciano perplessa la maggior parte dell’opinione pubblica.

 

Peraltro, il Csm e la procura di Perugia sanno perfettamente che, qualora venissero fornite informazioni faziose o errate, è sempre possibile chiedere la smentita e la loro autorevolezza gli da la garanzia di poterlo fare. Qualora.

 

WORDNEWS.IT © Riproduzione vietata