L’incontrollata disponibilità di armi e la forte carica eversiva che sta esplodendo

La strage di Ardea, l’operazione che ha smantellato «Ordine Ario Romano», l’inchiesta di Lanciano, l'omicidio di Voghera. Fatti che confermano quanto troppe e disponibili con eccessiva facilità le armi in Italia. Un Paese seduto su una carica eversiva pericolosissima.

L’incontrollata disponibilità di armi e la forte carica eversiva che sta esplodendo
fonte: pagina facebook «Italia: Database Degli Omicidi E Reati Con Armi Legalmente Detenute»

Passati alcuni giorni, fiumi di retorica e clamore, la strage di Ardea è finita nel dimenticatoio. È un copione mediatico e politico fin troppo conosciuto, stancante e nauseante, in Italia. Si è letto ed ascoltato di tutto, improvvisati tuttologi, sapientoni e sapientini hanno catturato ancora una volta tutti i riflettori. E la giostra è poi ripartita in attesa di aprire le fontane delle ipocrite lacrime fino alla prossima «tragedia». Tutte sempre, per il copione e i sepolcri bianchi imbiancati, figlie del fato, di un destino avverso piombato da chissà dove all’improvviso. Mai nessuna responsabilità, mai nessuna riflessione vera, mai nulla per modificare quello che viene presentato come ineluttabile destino. Ma così non è e, parafrasando Faber, chi si crede assolto è per sempre coinvolto.

C'è un filo rosso (sangue) comune alla strage di Ardea e al recente omicidio di Voghera e altri fatti degli ultimi mesi: la Rete Italiana per il Disarmo sono anni che denuncia e documenta l’immensa disponibilità e presenza di armi nel nostro Paese, la facilità di ottenere e comprarle. La vulgata politica sfruttata soprattutto dalla destra, sfociata nella legge bandiera della Lega salviniana sulla «legittima difesa», ha radicato la convinzione del contrario. I dati e i fatti riportano alla realtà reale. Secondo alcune stime in Italia sono tra gli 8 e i 10 milioni di armi detenute legalmente. Che non ci siano dati ufficiali da parte del Ministero dell’Interno già dovrebbe far riflettere. «Se anche l’1% di queste armi» sfuggisse ai controlli dopo il decesso del detentore (come è accaduto ad Ardea) sarebbero almeno «80-100 mila armi: un vero arsenale» è l’allarme lanciato su Il Manifesto dopo la strage di Ardea da Giorgio Beretta dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal). In caso di detenzione di armi ereditate e non denunciate la pena prevista è l’arresto fino a due mesi (che mai verrebbe scontata) o una multa fino a 258 euro.

Gli omicidi commessi con armi detenute legalmente superano gli omicidi di mafia: nel 2018 e nel 2019 – evidenziano i dati di Opal – ci sono stati 19 e 28 omicidi di mafia e 54 e 34 gli omicidi avvenuti con armi detenute a norma dell’attuale legislazione italiana. E il pericolo è immenso, questi omicidi sono una parte di un iceberg molto più vasto. Lo dimostra anche quanto avvenuto ad inizio giugno a Lanciano(provincia di Chieti): arrestato un quarantaseienne per «fabbricazione e detenzione abusiva di armi anche da guerra e clandestine nonché di congegni esplodenti di tipo artigianale, dalle perizie tecniche risultati altamente offensivi». Le indagini «oltre al sequestro di numerose armi tra cui un lanciafiamme artigianale, proiettili, detonatori, bottiglie molotov, polvere da sparo e congegni esplodenti – ha reso noto la Polizia di Stato - hanno consentito di accertare che l’uomo, nel fabbricare armi e congegni, azionabili anche a distanza, ne pubblicizzava le modalità di preparazione, d’uso e commercializzazione postando, sia su propri account riservati che su vari social network, dei video tutorial visualizzati da migliaia di utenti con i quali colloquiava con post didattici».

Tra i reati ipotizzati la Polizia di Stato ha riportato anche «l’istigazione in rete alla disobbedienza alle leggi dell’ordine pubblico» ma, dalle informazioni di dominio pubblico, non risulterebbero contatti con organizzazioni o gruppi e il progetto di un uso delle armi e degli esplosivi realizzati. L’avvocato dell’arrestato ha dichiarato che il suo assistito realizzava tutto per hobby, insieme a tanti altri oggetti artigianali, e questa passione era l’unica motivazione. Una circostanza al vaglio di inquirenti e magistratura che ha risvolti sociali che dovrebbero comunque far riflettere al di là del caso specifico.

«Siamo di fronte ad una forte carica eversiva» è stato l’allarme lanciato sulle nostre pagine da Leonardo Palmisano il 3 maggio dell’anno scorso. Una carica mondiale, presente in pezzi della popolazione italiana più o meno organizzata e che passa anche attraverso l’industria bellica, «un potenziale eversivo» nel quale può trovare «terreno facile» chi «volesse ribaltare la democrazia». Dalle mafie agli ultras violenti, dai neofascisti a chiunque stia cercando di destabilizzare l’Italia sfruttando l’emergenza sanitaria. Parole di oltre un anno fa che, come la cronaca ci ha documentato e stiamo scrivendo da troppi mesi, stanno vedendo concretizzazioni in vari ambiti. In occasione della maxi operazione che ha smantellato l’organizzazione neonazista «Ordine Ario Romano» è emerso che l’obiettivo era avvalersi, per gli attacchi terroristici ipotizzati, artigianali realizzati «attraverso istruzioni reperite sul web e con la collaborazione di alcuni militanti appartenenti a omologhi sodalizi stranieri, attivi in Portogallo».

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