Lo stupro a pagamento, distruzione e violenza costante che devastano dentro
La testimonianza di Liliam Altuntas, sopravvissuta alla tratta e oggi attivista abolizionista: ho subito violenze, abusi, stupri, umiliazioni, domini patriarcali e sento di non essere mai stata veramente amata.
Siamo ormai arrivati nel nuovo anno e le festività sono alle spalle da qualche giorno. Ad ogni nuovo anno milioni di persone consegnano sogni, aspettative, grandi attese. E le festività appena trascorse sono feste di “notti magiche”, di pensieri e sentimenti sparsi come non ci fosse un domani in nome di supposte idealità e bontà. Notti di sogni, notti di divertimento, gioia, condivisione, in cui si vola con la fantasia e il cuore. Ma non per tutte e tutti.
Perché ci sono migliaia di donne che non hanno sogni e bellezza della vita da consegnare al nuovo e vedono la notte come un incubo perpetuo, un calvario che si ripete ad ogni calar del sole. Il trascorrere delle giornate e delle notti per loro è solo e soltanto sofferenza, dolore, violenze, abusi, lacrime, atrocità a non finire. Cercando di sopravvivere ad ore ed ore in cui viene violentata l’umanità, il corpo e l’anima nei lager della schiavitù, del loro perpetuo stupro, in nome e per conto dei porci comodi di esseri in giacca e cravatta, bravi “padri di famiglia”, “figli di papà” e personaggi della società perbenista borghese. Sono migliaia e migliaia, anche poco più che bambine, di cui abbiamo solo stime approssimative. Ma i numeri sono freddi e non raccontano tutta la realtà. Perché dietro ogni numero c’è una persona, una donna, una ragazzina, spesso anche minorenne, una vita distrutta e devastata dalle mafie e da chi le alimenta.
Tra loro per tanti c’è stata Liliam Altuntas, sopravvissuta alla schiavitù sessuale e oggi attivista abolizionista con Resistenza Femminista in Italia e Ge-Stac in Germania.
Qualche mese fa Liliam ha condiviso con noi la testimonianza di come lo stupro a pagamento devasta chi sopravvive, di quali cicatrici lascia anche nell’animo e della disumanità brutale e abominevole dello sfruttamento mafioso della schiavitù sessuale. Nei giorni precedenti a Natale un commento volgare e squallido, primo di una serie culminata con oscene volgarità su un forum di incel in cui c’è chi ha scritto che se incontrasse il sottoscritto lo scasserebbe di botte, è stato inviato nel video che Liliam che aveva condiviso con noi e avevamo pubblicato.
Un commento volgare e osceno che appare indifferente (se non forse felice perché certi soggetti squallidi godono delle sofferenze e del dolore, ancor di più delle lacrime, di donne violentate e abusate) alla vicenda di Liliam e a quel che lei testimonia. Di fronte a questi attacchi e minacce crediamo che l’unica strada è proseguire, è non togliere mai voce alla denuncia e alla testimonianza di persone, esseri umani, che hanno vissuto e vivono sulla loro pelle le drammatiche cicatrici dello sfruttamento mafioso dello stupro a pagamento.
«Una bomba atomica che devasta l’anima, si sopravvive ma si continua a morire, non può essere un lavoro» disse Liliam, parole che pubblicammo in quest'articolo https://www.wordnews.it/ogni-stupro-e-una-bomba-atomica-che-devasta-lanima-si-sopravvive-ma-si-continua-a-morire-non-puo-essere-un-lavoro quasi nove mesi fa.
7Una testimonianza drammatica che ribadisce in una nuova testimonianza che col cuore ha condiviso con noi. «Una persona può dire che ci si pensa troppo, che non ci si deve pensare più perché ora si è in una nuova vita ma non è così – testimonia Liliam – le persone devono capire il dolore che lo stupro a pagamento lascia, la distruzione, la violenza costante, si deve esserne coscienti». Una volta che si viene liberate dalla schiavitù sessuale si sopravvive, non si può superare nulla perché «c’è tutto un dolore, che si viveva ogni giorno, ogni momento, ogni ora, costante» e resta dentro di se, «fa parte di me e non so come eliminarlo, so come ci convivo e lo condivido» non per vittimismo o cercare pietismo ma «perché le persone siano coscienti di cosa accade in una vita come questa e come una persona ci sopravvive» prosegue la testimonianza di Liliam.
Liliam Altuntas ci racconta, ed è una fitta al cuore questa domanda, che gli è stato chiesto se si è mai sentita amata e ha risposto di non saperlo. Negli anni in cui è stata prigioniera della tratta le veniva detto che «non era violenza» ma una sorta di normalità quel che stava subendo. Botte e dolori, sin da bambina, comprese. Quando ha iniziato ad uscire dalla schiavitù sessuale e a cercare di costruirsi una vita diversa dalla sopravvivenza nel lager dello stupro a pagamento Liliam ci racconta che ha iniziato a sognare di poter trovare un lavoro, a conoscersi per poter comprendere quale futuro costruirsi. Liliam è stata sfruttata da maschi anche dopo essere uscita.
«Non lo so io non so cosa sia amare, nessuno mi è mai rimasto accanto in questo mio cammino post prostituzione e nessun mi ha mai veramente amata e non solo sfruttata – prosegue il racconto di Liliam – sto imparando che la violenza (sessuale, economica, psicologica) non è amore, quando il pappone mi picchiava mi vendeva ma mi dava cibo, vestito, casa quella era solo violenza» e una volta uscita «ho conosciuto persone che mi hanno anche aiutato un periodo economicamente ma poi mi hanno abbandonata e non mi trattavano molto diversamente dai papponi». Amare significa, riflette a cuore aperto Liliam, «è non abbandonare mai, avere pazienza di ascoltare» e, parafrasando un passo della Bibbia, «l’amore è magnanimo, benevolo, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità».
Nella sua vita, nella sua sopravvivenza nei lager dello stupro a pagamento a parole nobili e gentili come amore sono stati associati insulti, umiliazione, violenze, abusi, dominio patriarcale, «tutto questo oggi mi fa un gran male perché comincio a vedere, ma non riesco ad accettare, di non esser mai stata amata e di non sapere cosa sia l’amore».
Attualmente Liliam sta frequentando una scuola serale presso l'Istituto Tecnico Commerciale "G. Someiller" di Torino di finanza, amministrazione e marketing, lo sente come la prima cosa positiva e buona nella sua vita, e sta imparando a crescere, a poter essere libera.