Luminescenza di Roberta Melasecca

“La Luna piena minchionò la Lucciola: / – Sarà l’effetto de l’economia, ma quel lume che porti è debboluccio… / – Sì, – disse quella – ma la luce è mia!”

Luminescenza di Roberta Melasecca

Nel 1975 Pier Paolo Pasolini pubblica un articolo sul Corriere della Sera dal titolo “Il vuoto del potere in Italia” nel quale conduce un’analisi sociologica e politica, partendo dall’immagine poetica-letteraria della scomparsa delle lucciole ed evidenziando una storia d’Italia prima della scomparsa delle lucciole ed una dopo la scomparsa delle lucciole.

 

[...] Poiché sono uno scrittore, e scrivo in polemica, o almeno discuto, con altri scrittori, mi si lasci dare una definizione di carattere poetico-letterario di quel fenomeno che è successo in Italia una decina di anni fa. [...] Nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c'erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta).

Quel "qualcosa" che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque "scomparsa delle lucciole. [...]

 

Pasolini propone così una lettura della metamorfosi del potere in Italia individuando una sostanziale continuità tra il fascismo e la repubblica nata nel 1946, e una radicale discontinuità tra gli anni dell’immediato dopoguerra e gli anni del boom economico: la scomparsa delle lucciole coincide con il vuoto di potere e di ideali -con il passaggio, quindi, dall’epoca moderna a quella post-moderna-, non colmabile con la semplice modernizzazione di tecniche e tecnologie o con l’avvento di una nuova era in evoluzione che confonde, invece, il benessere con una crescita economica puramente falsa.

L’avanzata della stereotipia sociale e della globalizzazione ha messo e mette tuttora in serio pericolo quelli che Georges Didi-Huberman definisce, nel suo libro del 2010 “Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze”, "uomini-lucciole", "parole-lucciole", "immagini-lucciole", “saperi-lucciole”. Riconoscendo merito all'analisi pasoliniana della modernità, il filosofo e storico dell’arte francese afferma, tuttavia, che lucciole sono ancora possibili nella nostra società contemporanea, seppure a lampi e tratti, e che lo stato di lutto per un passato ormai perduto può invece paralizzare l’intelligenza del presente.

 

Il percorso di ritrovamento delle lucciole è, dunque, un viaggio nel vuoto della notte dove loro ancora sopravvivono e si amano, fuggendo i fari abbaglianti “effetto dell’economia”, la liquidità della società attuale dominata dall’apparire come unico valore, dal consumismo sfrenato e dallo sfruttamento e depauperamento delle risorse naturali, e ricercando, per contro, una capacità di sentire se stessi all’interno di un unico sistema di natura, cultura e vita che illumina quell’amore reale radicato nel proprio modo di essere (cit. Pasolini). Così, l’essere umano-lucciola è una entità capace di produrre luce in modo autonomo e, come la bioluminescenza della lucciola, questa è sua caratteristica fisica costitutiva: possiede una luce interiore, brilla di luce propria e non riflessa, testimonianza di un nuovo umanesimo che lo ricentra, in una rinnovata simbiosi in trasformazione, all’interno di una struttura di cui si scopre elemento integrato e integrante.

 

Maria Pacheco Cibils, con il suo ultimo progetto “Luminescenza, naturale evoluzione dei precedenti “Fuoco o della Rigenerazione”, “Fuoco Eternità Sapere”, “Dimensioni parallele” e “Il tempo sospeso”, continua la riflessione sugli elementi naturali e sul rapporto uomo-ecosistema, scoprendosi lei stessa donna-lucciola, nella speranza di custodire una luce propria che non sempre vede, così come le lucciole illuminano il retro del proprio passaggio.

 

E lei, donna-lucciola, si scopre erede ed attrice di una società complessa in contraddizione, tentando un viaggio di conoscenza e scoperta attraverso il pensiero, la parola fatta immagine, un sapere fragile in composizione. Con un sentire istintivo e appassionato sferza concrezioni fluide di terra, acqua, aria e fuoco che si materializzano in opere di grande formato e in una video installazione sonora.

 

Le diciassette tele che campeggiano nello spazio univoco della Galleria della Biblioteca Angelica dipanano i temi consequenziali di natura/riflessi/luce/lucciole: l’artista delinea moti verso l’interno, introversi, attraverso la predilezione dei colori e dei toni freddi del verde e dell'azzurro, e moti verso l'esterno, estroversi, utilizzando nelle diverse serie colorazioni e tonalità calde del rosso e dell’arancio. Il fuoco elemento purificatore e vivificatore, l’aria energia vitale, l’acqua fonte di vita, la terra materia primordiale si affrontano e si confrontano in bagliori e lumi per poi congiungersi in una eterea danza amorosa di piccoli fari fissi ed intermittenti. A terra, con un gesto di commozione e compassione, l’artista sparge frammenti di vite e pensieri, immagini di cose andate e perdute, riflessi vaghi ed indefiniti di sopravvivenze, evidenze di morte e vita che si manifestano come desideri indistruttibili.

 

Abbagliati dai fulgori dell’attuale antropocene nel quale non esiste più, dunque, una netta separazione tra ciò che è naturale e ciò che è culturale, possiamo ancora vedere comparire le lucciole, forse mediante un’estrema azione di imitare la loro libertà di movimento: mentre abbandonano ed abbandoniamo la traiettoria più sicura ed ovvia, creano e creiamo altri mondi, altre scintille di umanità (per il momento intermittenti e clandestine).

 

[...] Ad ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorché multinazionale, darei l'intera Montedison per una lucciola.