«Manca una visione del paese»

L'INTERVISTA. Parla Tomaso Montanari, presidente del Comitato scientifico per le Belle Arti del Ministero per i beni Culturali, membro dei comitati scientifici degli Uffizi a Firenze e dei Girolamini a Napoli. «Il discorso di Draghi non è un discorso colto, mi è sembrato il discorso di un brillante ragioniere, con tutto il rispetto. Nel discorso alle Camere di Draghi mi ha molto colpito il passaggio sugli istituti tecnici (e non ho nulla contro gli istituti tecnici) ma è evidente la visione che c’è sotto: i figli delle classi subalterne devono essere avviati alle professioni. È la fine dell’idea dell’ascensore sociale, dell’idea di scuola come liberazione e francamente lo trovo terribile. L’Italia è avviata su una china pericolosa.»

«Manca una visione del paese»
Tomaso Montanari

Intervista al professor Tomaso Montanari, professore ordinario di storia dell’arte moderna presso l’Università per stranieri di Siena, ha insegnato all’Università di Napoli Federico II e a quella di Tor Vergata a Roma.

Presidente del Comitato scientifico per le Belle Arti del Ministero per i beni Culturali, membro dei comitati scientifici degli Uffizi a Firenze e dei Girolamini a Napoli. È, inoltre, presidente onorario dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli.

Scrive sul Fatto Quotidiano e sul Venerdì di Repubblica.

 

Professor Montanari cosa pensa del nuovo governo di Mario Draghi? Secondo lei l’esperienza del governo Conte II avrebbe potuto e dovuto proseguire o il governo tecnico rappresenta l’unica soluzione possibile dopo la crisi innescata?

 

«Il governo Conte II è caduto per una congiura di palazzo e avrebbe potuto proseguire. Devo dire che sono rimasto sconcertato dalla conduzione della crisi da parte del Presidente della Repubblica Mattarella; sarebbe stato necessario rendere chiaro sin da subito che le Camere non potevano essere sciolte. C'è stato un giudizio "politico" da parte del Presidente della Repubblica e come tale è un giudizio sindacabile. Credo che se il Presidente avesse detto immediatamente che le Camere non potevano essere sciolte, la crisi sarebbe rientrata e ci sarebbe ancora il governo Conte. Invece è stato detto che non si poteva votare ed è stato dato un incarico tecnico a Draghi senza consultare i partiti. Sostanzialmente è una scelta politica e come tale io la contesto. Le conseguenze sono che abbiamo un governo peggiore rispetto al precedente, in cui ad essere commissariata non è la politica, ma la democrazia: si afferma l’idea che la banca, cioè il potere economico, debba assumere direttamente anche ruoli al vertice delle istituzioni politiche. Gianni Agnelli, al tempo del governo Ciampi, disse che dopo un governatore può arrivare soltanto un cardinale o un generale: scherzandoci su magari oggi con un cardinale ci sarebbe stato uno spostamento a sinistra sulla scia di Papa Francesco.»

 

Si sta manifestando un “innamoramento” profondo nei confronti del premier Draghi da parte di molti esponenti dei partiti. Non mancano dissidenti e contrari soprattutto nelle file del Pd e dei Cinque Stelle: rischiano di implodere per questo?

 

«Secondo me rischia di implodere la politica: se si certifica che Lega, Leu, passando per il Pd e i Cinque Stelle, non possono che prendere le stesse decisioni sotto lo stesso presidente del Consiglio, non so quando terminerà questo governo con quale faccia i partiti chiederanno i voti agli italiani. Si annulla la stessa idea di conflitto sociale, perché il problema è proprio questo, i poveri non vogliono le stesse cose che vogliono i ricchi e questo è un governo dei ricchi, un governo dell’oligarchia. Nel discorso alle Camere di Draghi mi ha molto colpito il passaggio sugli istituti tecnici (e non ho nulla contro gli istituti tecnici) ma è evidente la visione che c’è sotto: i figli delle classi subalterne devono essere avviati alle professioni. È la fine dell’idea dell’ascensore sociale, dell’idea di scuola come liberazione e francamente lo trovo terribile. L’Italia è avviata su una china pericolosa e si rischia così l’esplosione del conflitto sociale, non sono affatto ottimista.»

 

Cosa manca secondo lei alla politica per tornare a riaffermare il proprio ruolo di guida e riferimento, in un paese in cui il primo partito è ancora quello dell’astensionismo?

 

«Manca una visione del paese: nessuno ci dice come vorrebbe l’Italia. Parliamo di una retorica verde che non vuol dire niente, una retorica di efficienza burocratica che non vuol dire niente, ma nessuno ci dice quale idea di paese vuole tra vent’anni. Perchè non è possibile accontentare tutti, non si possono accontentare i grandi ricchi da una parte e dall’altra il resto del paese con sei milioni di poveri in costante aumento. Un governo senza alcuna visione di insieme, formato da politici decotti come la Gelmini e Brunetta e da tecnici che sono signori prossimi alla pensione, che hanno già fatto tutto quello che dovevano fare nel paese; i danni li hanno già fatti perchè il paese è quello che loro hanno costruito, sono i notabili che erano al potere e ci riproporranno un paese così come è, ma con un binario più oliato a favore dei ricchi. E quando il conflitto lo cacci dal Parlamento poi te lo ritrovi nelle strade.»

 

Si parla molto della necessità di una nuova legge elettorale che riporti al centro la rappresentatività e il ruolo dell’elettorato, un tema che nessuno finora ha mai seriamente affrontato. Secondo lei questo nuovo governo con tutti i soggetti politici dentro e posizioni molto diverse sull’argomento, riuscirà a mettere mano alla legge elettorale?

 

«Mi colpisce molto la assoluta mancanza di riferimenti nel discorso di Draghi alla legge elettorale, in entrambe le repliche non ha mai menzionato la legge elettorale. Innanzitutto il premier non sa neanche che cosa sia; dobbiamo sfatare un’altra leggenda, quella della competenza che è sempre una competenza settoriale. Draghi dal mio punto di vista ha fatto un discorso con bassissime capacità retoriche, con passaggi imbarazzanti da uomo della strada che se per un verso possono fare anche simpatia, tuttavia smentiscono l’idea di uno sa tutto; idea fra l’altro puerile perché chi sa tutto non esiste.

Non l’ha menzionata anche perché il suo governo sulla legge elettorale non è minimamente concorde e i partiti non la faranno scegliere a Draghi: è chiaro che il clima non va verso una legge proporzionale, perché una legge proporzionale serve a rappresentare il paese dentro il Parlamento; qui c’è invece un escalation governista, c'è l'idea che la politica serva solo a governare, mentre la politica dovrebbe rappresentare i conflitti esistenti per ricomporli in Parlamento, ma questo non interessa a nessuno.

Dubito che si farà una legge elettorale proporzionale, anzi forse non si farà la legge elettorale e andremo a votare con quella esistente e con il combinato disposto del taglio dei parlamentari, al quale io mi sono opposto, rischia realmente di consegnare i due terzi del parlamento alle destre che potrebbero riscrivere la Costituzione senza neanche passare per il referendum popolare. Sono molto preoccupato, questa non è la salvezza dell'Italia, ma è un precipizio.»

 

La presenza di Forza Italia, il cui fondatore Silvio Berlusconi è interessato da note e gravissime vicende giudiziarie, non inficia secondo lei la credibilità del neonato governo in tema di lotta all’evasione fiscale (B. è stato condannato in via definitiva per frode fiscale) e in tema di lotta alla mafia (Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, condannato in primo grado a dodici anni per la trattativa Stato-mafia, in via definitiva  - sette anni scontati - per concorso esterno e indagato insieme a Berlusconi per concorso nelle stragi del 1993)? Lotta alla mafia a cui Draghi ha dedicato un veloce passaggio nella sua replica al Senato.

 

«Non ho alcuna stima morale e civile di persone che si siedono al tavolo del governo con gli amici della mafia, questo è un punto al quale non bisognerebbe rinunciare. Qui c’è un abisso morale nel quale è sprofondato anche il Movimento Cinque Stelle, perché il fatto che abbiano accettato di stare al Governo con gli amici della mafia è una cosa terribile, il gruppo dirigente con questa scelta ha calpestato ogni idea fondativa di quel movimento. 

Una cosa inaudita è la grande ipocrisia del governo dei migliori, degli ottimali, degli ottimi cives: questo altro non è che il governo dei poteri, quei poteri veri che hanno una parte oscura.»

 

L'intergruppo che si è costituito tra Pd-Movimento 5 stelle-Leu, potrebbe rappresentare la base per creare quel soggetto progressista di sinistra del quale si parla molto, ma che non riesce a decollare?

 

«No. Per la banale ragione che stanno governando con la Lega; cosa ci sia di progressista francamente non lo so. Appare più un soggetto di centro che guarda a sinistra; il Movimento ha avuto altre esperienze e anche il Pd ha attuato alcune politiche proprie della destra. Non credo possa uscirne nulla di buono, mi sembra un'opera che appartiene al passato.»

 

La cultura nella sua accezione più ampia, bellezza, arte e tutto quello che ruota intorno, manca completamente dalla visione di una politica che si fa sempre più arida, per lo più materia per notai e contabili. Quanto potrebbe aiutare invece alla buona politica una differente visione del mondo?

 

«Dirò una cosa che può risultare antipatica: il discorso di Draghi non è un discorso colto, mi è sembrato il discorso di un brillante ragioniere, con tutto il rispetto. Dire che il turismo non deve "sciupare" le città d'arte perchè altrimenti non ci sarà più turismo, anzichè dire altrimenti non ci sarà più civiltà, è indice di una visione succube delle culture economiche del nostro tempo. Siamo remotissimi dalla cultura della Assemblea Costituente e dai politici che hanno liberato l'Italia. Diciamo che è tutto un altro pianeta...»

 

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