Omicidio Rocco Chinnici: «Noi ricordiamo e ricorderemo sempre»
Palermo: 29 luglio 1983, viene assassinato da cosa nostra Rocco Chinnici. Il ricordo del generale Angiolo Pellegrini.
Nell’esplosione di una Fiat 126 imbottita con 75 kg di tritolo, con il Consigliere Istruttore, morivano il Maresciallo dei Carabinieri Mario Trapassi, l'Appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato, e il portiere dello stabile di via Pipitone Federico, Stefano Li Sacchi. L'unico superstite, fu Giovanni Paparcuri, autista del Magistrato, che rimase gravemente ferito.
Dalle pagg. 5 e 6 di Noi, gli uomini di Falcone: “Era il 29 luglio, un venerdì, ed erano passate da poco le 8 del mattino. La notizia, non ci mise molto a fare il giro della città. Una bomba potentissima era esplosa in via Pipitone Federico. La solita voce anonima avvisò il 113. E, nel giro di poche decine di minuti, sul posto accorsero tutti i reparti investigativi della città. Io e Francesco Accordino, dirigente della “omicidi” della Questura, arrivammo per primi. E davanti ai nostri occhi, si parò un’immagine spaventosa. L’avrebbe sintetizzata bene, all’indomani, il quotidiano L’Unita’, titolando a tutta pagina: “Palermo come Beirut”.
Una macchina imbottita di tritolo era stata fatta saltare in aria con un telecomando a distanza, davanti al palazzo dove risiedeva Rocco Chinnici. L’androne dello stabile era andato completamente distrutto. Le porte e le finestre delle palazzine circostanti erano state divelte, le saracinesche dei negozi accartocciate. I rottami dell’auto usata per l’attentato scaraventati a oltre 30 metri di distanza. Dell’asfalto rimaneva solo un enorme cratere. Tutt’intorno, uno scenario agghiacciante di schegge, lamiere, vetri, spruzzi di sangue, corpi distesi e neri di fumo e di polvere. Un’apocalisse.
Chinnici era morto, investito in pieno dall’esplosione assieme ai due carabinieri della scorta e al portiere del condominio, una ventina di passanti, tra cui un bambino, erano rimasti feriti dalla forza d’urto. Il consigliere istruttore era appena uscito di casa per andare al lavoro. Al momento della deflagrazione, stava per salire a bordo dell’Alfetta blindata. Un agguato studiato e pianificato nei minimi dettagli. Gli assassini non avevano lasciato nulla al caso”.
Angiolo Pellegrini
Generale dei carabinieri, già Comandante della sezione Anticrimine dei Carabinieri di Palermo