«Ormai in Italia le mafie sono viste come componenti del DNA del Paese»
TERZA PARTE. Intervista a Piernicola Silvis, già alto dirigente della Polizia di Stato.

La cronaca abruzzese di quest’anno è stata segnata anche da inchieste giudiziarie sulle presenze delle organizzazioni criminali nella regione. È di quest’estate una nuova inchiesta su ‘ndrangheta e attività economiche coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e che ha coinvolto anche Lombardia e altri territori.
Ad inizio agosto è stato assassinato a Pescara l’architetto Walter Albi, in primavera fu trovato morto un allevatore ad Ofena.
Una morte che, nelle settimane successive, fu collegata anche alla presenza della mafia dei pascoli. Sono oltre dieci anni almeno che sono state documentate in Abruzzo le presenze di mafie pugliesi (soprattutto nel vastese) e della mafia nigeriana, una maxi operazione che coinvolse varie regioni e accertò il centro della rete criminale a L’Aquila è dell’anno scorso mentre le prime inchieste sono di undici anni fa. Sahel 1 e 2, partite dalle coraggiose denunce di Lilian Solomon che su WordNews abbiamo ricordato più volte nel tempo. Lo sfruttamento mafioso dello stupro a pagamento è consolidato in Abruzzo, dalla bonifica del tronto al confine col Molise passando per l’area metropolitana pescarese. Eppure si continua a sottovalutare, a sottacere e rimanere in silenzio, a considerare tutto “normale” e ad accettare ogni marcio.
Una dinamica che accomuna l’Abruzzo ad altri territori d’Italia, a quanto avvenuto negli anni per esempio soprattutto nei confronti delle mafie foggiane.
La terza parte della pubblicazione dell’intervista a Piernicola Silvis, già alto dirigente della Polizia di Stato, parte dalla riflessione su queste dinamiche.
Il silenzio e la sottovalutazione accomunano la ‘ndrangheta e le mafie foggiane. All’inizio di quest’anno per alcune settimane sembrava che finalmente le mafie foggiane (finite anche sulla stampa internazionale) stessero conquistando attenzione mediatica e politica. Passati i mesi invece, come abbiamo riportato di recente su WordNews, è tornata una totale cappa di silenzio. Perché, nonostante fatti gravi (omicidi, attentati, bombe, consigli comunali sciolti e altro) persiste questo atteggiamento?
Come ho detto a Vasto, oggi la politica tende a convivere con le mafie. Non certo magistratura e forze di polizia, che fanno sforzi notevoli per contrastarle, ma ciò che servirebbe sarebbe un’impennata e una precisa presa di posizione della politica, che però non c’è. Finché sono lotte interne dei clan, sembra quasi che gli omicidi non interessino, a meno che non vi sia il delitto eccellente, e allora si corre ai ripari. Ormai in Italia le mafie sono viste come componenti del DNA del Paese, ci si convive.
Quali sono le caratteristiche maggiori delle mafie pugliesi, quali i settori criminali più attivi e come negli anni si sono affermate e consolidate?
Le estorsioni e lo spaccio di stupefacenti, ma da tempo è iniziata un’azione persistente di penetrazione nell’attività amministrativa. La Società foggiana è estremamente violenta, uccide per niente e mette bombe anche senza motivo, tanto per ricordare a tutti che esiste ed è pericolosa e cattiva. La SCU salentina invece di fatto non esiste più.
A mafie pugliesi si è fatto riferimento, nelle cronache locali, anche in relazione all’omicidio a Pescara dell’architetto Walter Albi nelle scorse settimane. Le indagini sono in corso e, quindi, qualsiasi ipotesi apparsa sulla stampa o nelle dichiarazioni di alcuni politici non possono essere confermate o smentite dai fatti. Lei è stato ad inizi anni novanta dirigente di Polizia a Vasto, ha una collaborazione con l’Università di Teramo (in cui si è laureato), c’è quindi un forte legame tra lei e l’Abruzzo. Cosa ha pensato quando si è diffusa la notizia? Quali riflessioni le suscita un grave fatto come questo in una città come Pescara?
Anche senza avere dati concreti, ritengo che il rapporto fra la mafia foggiana e l’Abruzzo sia stretto. Peraltro, le modalità dell’omicidio Albi di Pescara mi hanno ricordato quelle di altri omicidi commessi nel foggiano in questi anni. Fare il killer non si improvvisa, gente che ha la freddezza di mirare, uccidere e fuggire senza lasciare tracce non si trova ovunque, occorre essere dei professionisti. E nel foggiano i professionisti della morte ci sono. Non tanti, ma ci sono. In Abruzzo penso di no. Detto ciò, ovviamente l’omicidio Albi potrebbe essere anche conseguenza di altre dinamiche. In questi casi così gravi bisogna andare avanti con prove e indizi, non con valutazioni prive di sostegni concreti.
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