PER UN’ALTERNATIVA DEMOCRATICA

«Per un cambiamento reale l’impegno, pertanto, è sui valori, e sulla riscoperta della politica come puro servizio. Un progetto così ha bisogno di una classe politica nuova, rinnovata nel cuore e nella mente, che sappia infondere entusiasmo e dare speranza. Suscitare ideali, passioni civili collettive, partecipazione diffusa, e dare contenuti alla politica.»

PER UN’ALTERNATIVA DEMOCRATICA
Foto di Reimund Bertrams da Pixabay

Per molti anni, nel nostro Paese, la politica è stata in coma profondo. Adesso è morta. Encefalogramma piatto. Proviamo a riassumere. Con un’analisi anche in chiave psicologica.

Autismo. Il dizionario lo definisce come stato mentale caratterizzato dal richiudersi del soggetto in se stesso, con perdita più o meno rilevante dei contatti col mondo esterno. Questo è il vero male di gran parte della classe politica del nostro Paese. Rinchiusa nei propri privilegi, che non intende abbandonare, vive e opera in una sorta di mondo parallelo a quello reale, del quale non percepisce i veri problemi, perché non sono i suoi e non li condivide.

Il rapporto con i cittadini, in particolare con quanti patiscono le difficoltà quotidiane del vivere, è strumentale, populista, demagogico, ipocrita . Pensare una cosa, dirne e farne un’altra, è la regola.

La furbizia, la menzogna, il clientelismo, l’opportunismo, la vocazione a cambiare repentinamente bandiera e opinione, sono sistematici.

L’ignoranza, l’approssimazione, l’incultura, l’incapacità a formulare progetti di ampio respiro sono le caratteristiche prevalenti di molti tra coloro che si occupano di politica e di amministrazione pubblica.

Sono poco praticati la coerenza, la fedeltà ai principi proclamati, il disinteresse personale, lo spirito di servizio, l’amore per la verità, la legalità come criterio dei comportamenti e delle scelte. Manca la tensione etica. D’altronde cosa servirebbero qualità elevate se lo scopo principale è quello di mantenere ad ogni costo il proprio potere personale, più o meno grande, e per seguire, sempre più spesso, interessi privati, talvolta illeciti? Una classe politica siffatta ha perduto il senso dello Stato e delle Istituzioni.

Il confronto politico assomiglia sempre più a una guerra tra bande, e ciò esalta, aggravandoli, i difetti evidenziati. Assistiamo ad una inquietante e progressiva mutazione genetica trasversale del ceto politico di questo Paese. Le varie bande si confrontano, si scontrano o si alleano attorno al grumo di interessi che ha come centro gli affari, il potere, la carriera personale. Con un ruolo, non marginale, di poteri occulti, massonici e talora mafiosi. A questi mali, in un crescendo rossiniano, negli ultimi tempi se ne sono aggiunti almeno un paio.

Il narcisismo e il delirio di onnipotenza. E qui siamo in piena patologia. Servirebbe un esercito di psichiatri. Siamo governanti da una classe dirigente che, in larga parte, rappresenta un caso clinico.

E i cittadini? Molti di essi sono ancora sudditi, privi di coscienza critica, incapaci di indignarsi. Altri si sentono sperduti, alla ricerca di nuovi porti ai quali approdare, sia al proprio interno che nei diversi contesti della vita collettiva.

C’è il rischio di rinchiudersi nel privato, costruendo nuovi steccati che diventeranno prigioni nelle quali risulterà compressa, ancora di più, l’esistenza di ciascuno.

Allora occorre la riscoperta di ciò che è essenziale, ed entrare in mare aperto con spirito libero e laico. Occorre ripartire dai cittadini normali e sani, carichi dei loro problemi quotidiani, esclusi dalla reale partecipazione democratica, oppressi dalla schiavitù del bisogno.

Occorre armonizzare l’ordine dell’uomo e l’ordine delle cose, l’ordine del lavoro e l’ordine del denaro. Occorre che la solidarietà prevalga sull’individualismo e il lavoro abbia il primato sulla proprietà.

A questo scopo bisogna diffondere luoghi, spazi, occasioni di incontro riguardo ai nodi fondamentali dell’organizzazione sociale, per la formazione di una coscienza personale e collettiva consapevole dei diritti e dei doveri, nonché dei meccanismi politici ed amministrativi che ne tutelano e regolano l’esercizio. Bisogna rilanciare una cultura politica che ridefinisca lo spazio della politica stessa, risani le procedure per la raccolta del consenso, instauri un corretto rapporto con il cittadino quale protagonista della vita sociale.

La ricerca del bene comune deve essere prioritaria rispetto agli interessi privati, e non è separabile dal benessere della persona umana.

Non c’è autentico sviluppo se non è di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Lo sviluppo deve investire tutto l’uomo, non può essere cioè di solo ordine economico, ma deve essere anche di ordine etico e culturale. È necessario, quindi, fronteggiare i pericoli che minacciano la dignità umana, la libertà individuale e le libertà sociali. I valori fondamentali sono libertà, democrazia, giustizia sociale, solidarietà, pace.

E, sul piano personale, umiltà e sobrietà negli stili di vita. Tali valori testimoniano la priorità dell’etica sulla tecnica, il primato delle persone sulle cose. Essi si estendono ad ogni impegno politico, nel senso di concrete decisioni da prendere, di campagne da condurre, di rappresentanze popolari da gestire, di potere da esercitare. Lo scontro vero, oggi, è tra individualismo e solidarismo, tra l’incentrarsi su di se o sull’altro.

Per un cambiamento reale l’impegno, pertanto, è sui valori, e sulla riscoperta della politica come puro servizio. Un progetto così ha bisogno di una classe politica nuova, rinnovata nel cuore e nella mente, che sappia infondere entusiasmo e dare speranza. Suscitare ideali, passioni civili collettive, partecipazione diffusa, e dare contenuti alla politica.

Non serve una nomenclatura sempre più statica e autoreferenziale, logorata dal personalismo, dall’opportunismo, dal cinismo.

Solo ripartendo dai contenuti e da un rapporto nuovo e diretto con i cittadini si può costruite un’alternativa democratica, che innanzitutto è di valori e poi di progetti e di programmi. Una classe politica che divenga riferimento per quanti vogliono dare voce al proprio disagio deve essere rappresentata da donne e uomini credibili, dotati di forza morale, di capacità critica, di autonomia intellettuale, di senso di responsabilità, di coraggio. E deve essere capace d confrontarsi con la dura realtà quotidiana dei tanti emarginati di questo Paese. Un progetto complesso, e un percorso lungo e difficile.

Ma è un dovere provarci. È un scommessa che bisogna vincere insieme.

 

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