Premio Nazionale Federico Del Prete Riconoscimento per Nadia Verdile

Intervistiamo Nadia Verdile, di origini molisane, giornalista del Mattino, che ha ricevuto un prestigioso riconoscimento per il suo impegno nella lotta alla mafia e per la promozione della cultura della giustizia e della legalità. Premiati, sabato 20 febbraio, nel Real Sito di Carditello, il magistrato Nicola Gratteri e tanti altri nomi che si sono distinti nella lotta alla mafia.

Premio Nazionale Federico Del Prete Riconoscimento per Nadia Verdile

Buongiorno Nadia ti abbiamo raggiunto per congratularci innanzitutto per il tuo prestigioso riconoscimento e per far conoscere di più la tua persona, sempre attenta alle tematiche sociali e culturali.

Come nasce l’idea del premio Nazionale Federico Del Prete?

«Nasce dalla volontà di Gennaro Del Prete, figlio di Federico, di tenere alta la memoria del padre. Un premio per l’impegno sociale, civile e per la legalità per conferire riconoscimento a quelle personalità ed enti che si contraddistinguono per il loro impegno sociale e civile attraverso la loro attività e testimonianza diretta, lottando quotidianamente contro il mondo delle mafie, che continuano, quotidianamente, ad offrire un’azione significativa di resistenza contro ogni forma di potere mafioso, d’ingiustizia e di violenza.»

Chi era Federico Del Prete?

«Federico Del Prete, classe 1957, campano, era un sindacalista del Sindacato Nazionale Ambulanti. Venditore ambulante, ha pagato con la vita la sua lotta contro quella parte della camorra del casertano dedita alle estorsioni nei mercati rionali e all'imposizione, attraverso subdoli metodi di mercato, delle buste di plastica, che venivano offerte settimanalmente al prezzo di cinque euro il chilo, mentre il prezzo di mercato era un euro e ventitré centesimi. Era capace di motivare la gente, di spingerla a ribellarsi alle ingiustizie, a denunciare. Il suo assassinio è legato proprio al suo impegno civico in difesa della legalità. Nel 2009 un pentito di camorra, Antonio Corvino, reo confesso dell'omicidio, è stato condannato a quattordici anni di reclusione. A Mondragone, luogo delle sue battaglie e casa dei suoi assassini, è stata inaugurata, con la partecipazione dell'associazione "Libera", una sede antiracket in suo nome. Diverse strade nell'agro aversano e nel napoletano hanno il nome di Federico Del Prete.»

Ci parli della tua attività di giornalista?

«Scrivo per Il Mattino. Non mi sono mai occupata di cronaca nera e tuttavia mi ci sono ritrovata dentro occupandomi per anni di un bene culturale, di un pezzo di storia del nostro territorio, il Real Sito di Carditello. Generalmente scrivo di cronaca bianca, di cronaca cittadina e di cultura.»

C’è stato un momento in cui ti sei occupata particolarmente di vicende legate alla criminalità organizzata?

«Come dicevo mi sono imbattuta nella cronaca nera scrivendo di bellezza. Il Real Sito di Carditello, in provincia di Caserta, è stato per decenni simbolo del degrado e dell’abbandono. Per anni all’asta fu restituita al patrimonio dello Stato grazie ad un ministro illuminato, Massimo Bray. Era il 2014. Tutt’intorno alla piccola reggia borbonica una miriade di microdiscariche abusive in un pezzo di territorio controllato, per questa maledizione, dalla camorra. Oggi il Real Sito è gestito da una Fondazione che ha trasformato Carditello da luogo dell’abbondano e dell’illegalità in luogo del riscatto e della rinascita di un intero territorio. Una meravigliosa vittoria dello Stato e della cittadinanza.»

Ti aspettavi di ricevere un tale riconoscimento?

«No, non me lo aspettavo. È passato tanto tempo da quando ricevetti minacce di morte, tre, e non pensavo neanche di meritare un premio per aver fatto semplicemente il mio dovere.»

Vuoi fare qualche considerazione sul concetto di promozione della legalità e giustizia nella nostra società?

«L’esperienza mi ha insegnato che per promuovere la legalità non servono i convegni, i libri, le manifestazioni. Quello che occorre è l’esempio. Dobbiamo essere tutte e tutti esempio di legalità, per noi stesse e per la comunità in cui viviamo.»

Sappiamo bene che, oltre ad essere giornalista sei anche docente. Il tuo impegno civile contempera quello educativo. Quanto influisce questo nella diffusione alla cultura della legalità? Trovi che le nuove generazioni abbiano chiaro il loro ruolo nella formazione di una società giusta, solidale e ispirata ai principi della legalità?

«Mi ripeto, qualsiasi sia il ruolo che noi svolgiamo quello che conta è l’esempio. I giovani sono replicanti di modelli a cui si ispirano. Quello che dobbiamo diffondere è il modello di un essere umano consapevole che ogni diritto è figlio di un dovere e che nulla è dato per scontato. Tutto va guadagnato attraverso l’impegno, il lavoro, la dedizione. L’onestà.»

C’è qualcuno a cui vorresti dedicare questo Premio?

«Quando arrivano le cose belle nella mia vita le dedico sempre ai miei genitori, esempi per me eterni di rettitudine. Loro non ci sono più ma se qualcosa di buono ho fatto nella mia esistenza lo devo a loro. Poi, nel caso specifico, lo dedico anche ad Antonella Laudisi, allora responsabile della redazione de Il Mattino di Caserta, che nel 2010 mi “destinò” a seguire le vicende, allora tragiche, di Carditello.»

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