Presunzione di innocenza e certezza del bavaglio: approvato il decreto del governo

Un decreto legislativo del governo ha recepito le disposizioni del Parlamento europeo in materia di presunzione di innocenza, limitando di fatto la possibilità dell'autorità giudiziaria di contribuire all'informazione pubblica. Un bavaglio lessicale che è stato approvato nelle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, scongiurando le proposte drastiche del deputato Enrico Costa, e che ha ricevuto parere favorevole dal CSM (contrari solo i consiglieri Di Matteo e Ardita).

Presunzione di innocenza e certezza del bavaglio: approvato il decreto del governo

Qualche giorno fa è stato approvato dal Consiglio dei ministri un decreto legislativo del governo su un adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Parlamento europeo in materia di presunzione di innocenza, già discusso e approvato con parere positivo dalle Commissioni Giustizia di Camera e Senato. In pratica, l'ennesimo tentativo di mettere il bavaglio ai magistrati e di limitare la corretta informazione su procedimenti giudiziari in corso.

La presunzione di innocenza è infatti già prevista dalla Costituzione, che all'articolo 27 riconosce che “l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Ma il legislatore vuole infilarsi tra le parole, condizionarne il peso e limitarle allo stretto necessario. 

Nell'articolo 2 del d.lgs Cartabia, che mette un freno alle dichiarazioni sulla colpevolezza degli imputati sottoposti a procedimento penale, si fa divieto “alle autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l'imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili”. Il mancato rispetto delle disposizioni presenta conseguenze chiare: sanzioni penali o disciplinari, rettifiche entro 48 ore e obbligo di risarcimento del danno. Un bavaglio lessicale vero e proprio, che indurrà i pm ad evitare di esprimersi in pubblico e che ingolferà ancor di più la macchina della giustizia con nuovi fascicoli e richieste di risarcimento. L'Europa non voleva procedimenti più snelli?

L'articolo 3 va invece a modificare il decreto legislativo 106/2006 sui rapporti tra magistratura e stampa. Il procuratore può infatti mantenere rapporti con gli organi di informazione “esclusivamente tramite comunicati ufficiali o conferenze stampa” e “la diffusione di informazioni sui procedimenti penali è consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico. Le informazioni sui procedimenti in corso sono fornite in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta a indagini e dell'imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza definitiva”. 

Nei comunicati e nelle conferenze poi, “è fatto divieto di assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza” (e questa è una novità rispetto al testo approvato ad agosto). Molte disposizioni sono piuttosto vaghe e l'indeterminatezza favorirà un maggior numero di impugnazioni da parte di chi riterrà di aver subito un torto e vorrà chiedere la rettifica o un risarcimento danni. Ne gioverà il sistema giustizia che vuole essere velocizzato e reso più snello?

Il testo modifica poi alcuni articoli del codice di procedura penale, aggiungendo un comma all'art 115, che stabilirà che “nei provvedimenti che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza” diversi dalle sentenze, “l'autorità giudiziaria limita i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento”, mentre sull'obbligo del segreto stabilisce che “la pubblicazione di atti o di parti di essi” è consentita solo quando è “strettamente” necessario.

"Potranno parlare i parenti di Riina e Provenzano, non lo potranno fare più il procuratore e il questore”: è stato questo il commento del dottor Nino Di Matteo sul decreto approvato dal cdm.

Decreto che ha ricevuto un parere positivo dal Consiglio superiore della magistratura (hanno votato tutti a favore, tranne tre astenuti e due contrari: i consiglieri Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita). 

Le autorità pubbliche non potranno dunque fornire informazioni al di fuori di conferenze stampa o comunicati scritti nei quali ogni singola parola dovrà essere pesata per non incappare in violazioni della norma o in sanzioni. Per Di Matteo, “i rimedi esistono già” e il provvedimento del governo è un “bavaglio alla possibilità che all'informazione contribuisca anche l'autorità pubblica”. 

L'iter della normativa parte da lontano. A dicembre 2020, il deputato Enrico Costa (ex Forza Italia, oggi in Azione, relatore in passato di leggi come il Lodo Alfano e il Legittimo impedimento) aveva presentato un emendamento alla legge di delegazione europea, inizialmente respinta. Con il cambio di governo, Costa ci ha riprovato, trovando le porte aperte della ministra Cartabia, che ha recepito le indicazioni europee in un atto del governo discusso dalle Commissioni Giustizia di Camera e Senato. Ed è proprio lì che Costa, appoggiato da tutto il centrodestra (compresa Italia viva), ha tentato di far valere le proprie proposte: vietare del tutto le conferenze stampa, imporre l'eliminazione dei nomi dei pm titolari dell'indagine, proibire anche alle forze di polizia qualsiasi possibilità di comunicazione.

La battaglia in Commissione, in cui si è configurata più volte una spaccatura della maggioranza (con Pd e M5S da un lato e il centrodestra con Iv e Azione dall'altro), ha evitato che il testo definitivo potesse essere ancora più stringente dell'attuale. Così ha commentato il deputato di Azione: “potranno parlare (i procuratori, ndr) solo se ci sarà un interesse pubblico. Punto. Devono farsene una ragione: è finito il tempo in cui le Procure usavano le conferenze stampa per sbandierare le loro inchieste, a scapito della reputazione delle persone”.

Costa rilancia subito anche sull'emendamento contro il trojan, sventato la settimana scorsa in Commissione Affari costituzionali grazie all'intervento del M5S: “è uno strumento altamente invasivo”.

La giustizia secondo Costa vorrebbe i magistrati imbavagliati, inoffensivi, docili e addomesticati. Così i politici sarebbero liberi di delinquere.

 

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