Processo omicidio Agostino, la requisitoria di Domenico Gozzo

COSA NOSTRA. Le dichiarazioni dei vari collaboratori di giustizia, secondo la tesi presentata dell'accusa, mettono in primo piano il ruolo di Nino Madonia nell'omicidio Agostino, ritenuto un ostacolo perché avrebbe potuto scoprire e denunciare questi i rapporti che intercorrevano tra alti esponenti delle forze di polizia, uomini di sicurezza e boss mafiosi.

Processo omicidio Agostino, la requisitoria di Domenico Gozzo

PALERMO. Prosegue il processo nei confronti del boss Nino Madonia accusato del duplice omicidio aggravato per il delitto del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Casteluccio, uccisi il 5 agosto 1989.

 

E’ stata la carriera criminale del boss Nino Madonia al centro della requisitoria del sostituto procuratore generale Domenico Gozzo nell’udienza tenutasi lo scorso 18 dicembre nell’aula bunker del carcere palermitano di Pagliarelli.

 

Nella precedente udienza era toccato al sostituto procuratore generale Umberto De Giglio spiegare il ruolo dell'ex agente di polizia come appartenente al gruppo che nacque all’interno del commissariato di S. Lorenzo che lo vedeva operare, in incognito, come cacciatore di latitanti. Il profilo di Madonia tracciato da Gozzo permette di inquadrarlo in più ampio quadro di vicinanza agli apparati di polizia e dei servizi di sicurezza.

 

Nel gennaio 1971 Nino Madonia e lo zio Leopoldo Di Trapani, furono arrestati per i quattro attentati dinamitardi a mezzo di potenti ordigni esplosivi collocati presso edifici pubblici nella notte di dell’ultimo giorno dell’anno del 1970.

Si trattò di cinque bombe piazzate rispettivamente davanti alla sede del Comune, a quelle degli assessorati regionali al Lavoro, alla Salute e all'Agricoltura ed anche davanti all'Ente minerario siciliano. Dagli atti della Commissione Antimafia, desegretati nello scorso mese di marzo, emergono i contorni dello stranissimo episodio che gli inquirenti all'epoca ricondussero a Cosa nostra e misero in correlazione con la misteriosa sparizione del giornalista de L'Ora, Mauro De Mauro, avvenuta pochi mesi prima, il 16 settembre del 1970.

 

L’unico vero obiettivo dei "tentati atti dinamitardi", come emerge da uno dei rapporti giudiziari reso pubblico, quello del 20 settembre 1971 al quale lavorarono tra gli altri anche il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ed il capo della squadra mobile, Boris Giuliano, sarebbe stato proprio l'Ente minerario, allora presieduto dall'ex senatore democristiano Graziano Verzotto.

 

Tesi ribaltata dalla requisitoria del dottor Gozzo che, richiamando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Antonino Calderone, ha evidenziato come quegli attentati non fossero nell'interesse di Cosa nostra, ma inseriti all'interno di una manovra terroristica concordata con i servizi di sicurezza.

 

La scalata di Nino Madonia sarebbe però avvenuta negli anni Ottanta perché, nonostante a capo mandamento di Resuttana vi era suo padre, di fatto era lui sin da allora ad avere un ruolo cruciale accanto a Totò Riina, sia come killer sia come figura in grado di avere importanti rapporti con apparati dei servizi e gli organi di polizia.

Non era quindi un caso che, come raccontato da diversi collaboratori di giustizia, fossero presenti personaggi come Bruno Contrada e Giovanni Aiello nel quartiere di Vicolo Pipitone, ma anche lo stesso Totò Riina.

 

Le dichiarazioni dei vari collaboratori di giustizia, secondo la tesi presentata dell'accusa, mettono in primo piano il ruolo di Nino Madonia nell'omicidio Agostino, ritenuto un ostacolo perché avrebbe potuto scoprire e denunciare questi i rapporti che intercorrevano tra alti esponenti delle forze di polizia, uomini di sicurezza e boss mafiosi.

 

La requisitoria proseguirà il prossimo 11 gennaio sempre nell’aula bunker del carcere di Pagliarelli.

 

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