Quel che ci manca è la speranza, il miracolo di Natale 2020

Quel che ci manca è la speranza, il miracolo di Natale 2020

Diciamo la verità, metà del nostro tempo lo passiamo a sperare che vada tutto bene e non pensiamo minimamente che le cose possano andare bene perché così dovevano andare.

Destino? Fortuna?

Nessuno potrà mai chiarire la differenza tra i due termini, ma la storia che sto per raccontarvi è un misto tra le due parole. Trattandosi di una storiaVERA, i nomi dei protagonisti saranno di pura fantasia.

Arrivato ad una certa età, Antonio passava le giornate in totale tranquillità, senza eccessi e senza prendersela troppo se succedeva qualcosa di poco bello. D'altronde il suo cuore aveva avuto delle piccole avvisaglie ed era meglio così. La moglie Giovanna, del resto, era arrivata a tanto così e da qualche anno doveva, di tanto in tanto, controllarsi e cambiare le batterie ad un “aggeggio” posto proprio nel cuore affinché non smettesse di pompare il sangue: insomma, erano abituati a prendere la vita con serenità e starsene buoni buoni.

Un giorno, però, qualcuno volle fargli uno scherzo, non solo a loro, ma anche ai figli Enzo e Francesca.

Antonio, vista la situazione che si stava vivendo, aveva deciso di farsi il vaccino contro l’influenza: i medici consigliavano proprio questo superata una certa età. Non che si sentisse “anziano”, ma sapete, voleva stare più tranquillo. E così fece.

Una puntura, due minuti e si torna a casa.

La sera del vaccino una piccola avvisaglia: un po’ di tosse, febbre, fiato corto. Chissà, un effetto del vaccino, passerà. Tre giorni d’inferno, preoccupazione tanta, ma poi il peggio “sembrava” essere passato. Era tornato a mangiare, a respirare bene e si era tirati tutti un sospiro di sollievo.

Nel frattempo a Giovanna dovevano cambiare le batterie, ma, purtroppo, si era andati oltre la data per via proprio di questa pandemia che aveva fatto modificare tutte le prenotazioni ed il medico aveva avuto da fare… già, aveva avuto da fare molte altre cose.

Nel frattempo Enzo e Francesca avevano pensato di far controllare il padre, non lo avevano visto proprio bene e iniziarono a fare le consuete telefonate per la prenotazione. Si sapeva già a monte che sarebbe stato molto difficile prenotare, oramai le mente era proiettata ai pazienti COVID e le altre patologie non erano proprio una priorità. Telefona oggi, telefona domani, telefona dopo domani e niente, non si riusciva a prenotare un appuntamento.

Non erano preoccupati, d’altronde si poteva aspettare… questo si ripetevano.

La prima intuizione.

Enzo riuscì a prendere l’appuntamento con un medico di "fuori regione" per far controllare il padre, nel frattempo che si aspettava di riuscire a prendere l’appuntamento per la madre.

Si parte alla volta di "fuori regione", il viaggio regolare, si parla in macchina del più e del meno, ogni tanto una sosta veloce in autostrada e, poi, finalmente si arriva in ospedale. Scansione temperatura, “Dove dovete andare?”, classica domanda di routine e attesa in sala d’attesa… visita.

La visita va abbastanza bene, ma il medico vuole approfondire qualcosa l’indomani, ma serve il tampone perché la cosa è più invasiva.

Tampone. Da quel momento in poi Antonio rimane solo, lui e il suo telefono, l’unico mezzo per parlare con l’esterno: non si può rischiare di essere infettati e di dove rinunciare alla visita più approfondita.

Intanto Giovanna è a casa di Francesca, non può certo rimanere sola nella grande casa ad aspettare. Ogni giorno si cerca di fissa l’appuntamento per il cambio batteria… invano.

Arriva il giorno dell’esame. Capirete bene che a casa si è preoccupati, anche se il medico non ha detto nulla, la paura c’è sempre quando c’è “qualcosa da controllare”.

Passa qualche ora, finisce la visita ed Enzo, finalmente, riesce a sentire il dottore “Abbiamo dovuto fermarci, la situazione è molto grave, non siamo in grado di poter aiutare vostro padre”. Enzo deve sedersi, non riesce a parlare, non riesce a chiedere al medico cosa possono fare, immobile nei suoi pensieri. Il mondo sembra crollargli addosso.

Si congeda dal medico e inizia il giro di telefonate con la famiglia: non può prendere alcuna decisione, non sa cosa fare, è smarrito, vuole aiuto… ma chi può darglielo. Ci si quasi scorda della mamma che, nel frattempo, ha ricevuto una telefonata dall’ospedale in cui la esortavano ad andare a cambiare la batteria perché si era andati oltre il tempo e si rischiava di non arrivare a Natale se non si sostituiva immediatamente.

Da un lato papà Antonio e dall’altro mamma Giovanna, entrambi in ospedali diversi a lottare per la propria vita, in un momento particolare della storia dell’umanità. Sembra un film, sembra la cronaca di un brutto film, invece è storia vera.

Enzo e Francesca hanno pensieri tristi e forti in menti, non hanno idea di come venirne fuori, ma sanno che devono fare qualcosa. Si attaccano al telefono e le provano tutte per capire “come, cosa, quando fare qualcosa”.

Poi squilla il telefono. Era il dottore che doveva dare una notizia.

Seconda intuizione.

“Dalle vostre parti, domani, arriva un luminare da Roma, lui è l’unico che può salvare vostro padre, l’unico che è in grado di fare un’operazione così complicata. Se volete lo chiamo, gli spiego la situazione e disponiamo il trasporto in ambulanza”.

Una timida speranza si era insinuata nel cure di Enzo che aveva immediatamente accettato. Inizia il tram tram di telefonate, si doveva organizzare tutto per mamma Giovanna e, allo stesso tempo, essere accanto a papà Antonio che stava tornando “in regione” per l’operazione che “forse” poteva salvargli la vita.

La notte certamente è stata la più lunga di tutte. Pensieri hanno affollato la mente di Enzo e Francesca, ma Dio stava già tessendo la sua tela…

Francesca intanto aveva preparato il caffè, i biscotti prima di andare all’ospedale per portare la madre. Pronti, si parte. Sapete che poi il sesto senso femminile sbaglia poche volete. Appena arrivati vede da lontano un’ambulanza diversa dalle “nostre” e dice “Lì c’è papà”, scende dalla macchina e si avvicina. Lo vede, chiede se può almeno salutarlo da lontano, uno sguardo, una piccola lacrima, un saluto veloce… il cuore in gola, ma felice perché lo aveva rivisto.

Tutto pronto per l’operazione, anzi, per le due operazioni. La sala di attesa era vuota, l’attesa poteva essere fatta in macchina… è tempo di covid.

L’operazione di Giovanna inizia. Tutto bene, tutto bene!

Sono le 15:00 in punto, Antonio viene portato in sala, preparato… si parte. Enzo e Francesca sono preparati, l’attesa sarà lunga, non si sa cosa si trova e come si può procedere e, soprattutto, “Se si potrà procedere”.

Il telefono continua a squillare, tutti vogliono sapere, ma notizie zero.

Sono le 20:00 passate. Un messaggio “Operazione finita, si sta richiudendo, ora verrà portato in terapia intensiva e domani si potrà sapere di più. Sembra riuscita, ma domani, quando si sveglierà, sapremo di più. Nel frattempo ecco il numero del medico, se vuole farle qualche domanda a metà mattinata lo potrà chiamare”.

Un’altra notte insonne, un’altra notte a pregare, a sperare, a pensare a tante cose, troppo tutte insieme.

Sono le 10:30, Enzo prende il telefono e chiama. “L’operazione è riuscita, ma posso solo dirle che è stata molto complicata e che qualcuno ha guidato le nostre mani perché lo stato in cui suo padre è arrivato sul tavolo operatorio erano davvero critiche. Quando abbiamo aperto abbiamo trovato una situazione davvero mai trovata prima. Ora siamo nella mani del Signore”.

La conversazione non è stata delle migliori, ma Antonio era ancora lì, stava lottando tra la vita e la morte, ma intanto lottava. Mamma Giovanna aveva le ore contate eppure l’altra equipe aveva fatto tutto alla perfezione e era riuscita a sistemarle la batteria… e allora doveva andar bene anche a lui!

A pranzo, tra una portata e l’altra squilla il telefono: “Papà?!”

“Pronto” risponde impaurito Enzo

“Pronto, sono papà...”

Descrivere la gioia e l’incredulità di quei momenti non è di questo mondo, la sensazione di poter perdere in poche ore i propri genitori e di vederli entrambi star bene è qualcosa che ti tocca l’anima, ti fa pensare che è vera la leggenda dei “miracoli di Natale” e che possiamo affermare con estrema certezza che NON E’ MAI FINITA, FINCHE’ NON E’ DAVVERO FINITA!

La speranza è sempre l’ultima a morire, crediamo fino in fondo che le cose possano andar bene, perché non c’è limite ai miracoli, anche se pensiamo che la Sanità Molisana non è delle migliori, nei nostri ospedali vengono ed operano eccellenze mondiali che possono salvare vite umane come è successo negli ultimi 15 giorni del 2020. Poteva essere un Natale davvero diverso, invece "qualcuno" ha voluto metterci mano ed ha cambiato la storia di parecchie vite...

Antonio e Giovanna ora sono a casa, stanno debilitati, ma bene ed Enzo e Francesca possono iniziare questo nuovo anno con una forza in più nel cuore: la speranza!

 

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