Rigopiano, «una tragedia che doveva e poteva essere evitata»

Intervista all’avvocato Wania Della Vigna, legale di parte civile nei processi per la strage di Rigopiano di quattro anni fa.

Rigopiano, «una tragedia che doveva e poteva essere evitata»
Wania Della Vigna, gentile concessione
Rigopiano, «una tragedia che doveva e poteva essere evitata»
Rigopiano, «una tragedia che doveva e poteva essere evitata»

Il 5 febbraio torna in aula il processo per la strage di Rigopiano, una località del comune di Farindola in provincia di Pescara, del 18 gennaio 2017. Quel giorno una slavina investì l’albergo Rigopiano-Gran Sasso Resort causando 29 vittime.

In occasione del recente anniversario, e di questa nuova importante udienza, l’avvocato Wania Della Vigna ha gentilmente condiviso con noi alcune riflessioni e ricordi su quella drammatica giornata e raccontato come si sta evolvendo la vicenda giudiziaria. Della Vigna è, riporta nell’intervista, «il legale della famiglia di Silvia Angelozzi, parte civile per la perdita della sorella Sara Angelozzi e Claudio Baldini, coppia quarantenne di Atri, tra le 29 vittime della tragedia». La coppia aveva «ricevuto in dono dai loro amici un buono vacanze per un soggiorno presso l’Hotel Rigopiano, il pacchetto comprendeva pensione completa per due notti e tre giorni, con accesso alla Spa. Avevano scelto e prenotato il periodo da domenica 15 gennaio 2017 al martedì 17 gennaio 2017», quel giorno «dovevano tornare a casa ad Altri ma venne proposto loro di restare e prolungare il soggiorno».

«Il 18 gennaio dalle 12,40 alle 13,10 tramite whatsapp – ricorda l’avvocato - Sara inviava messaggi scrivendo: “Un incubo! io sono intrappolata in mezzo a 4 metri di neve: ora c’è il bobcat che ci libera …”. Per loro purtroppo non c’è stato scampo: moriranno travolti dalla valanga insieme ad altre vittime e a pochi sopravvissuti». Quattro anni dopo «il dolore dei familiari e dei sopravvissuti è sempre identico , così come il dolore e la disperazione dei congiunti delle vittime di tutti i disastri – sottolinea Wania Della Vigna all’inizio -  ho ancora davanti ai miei occhi le terribili immagini che giungevano- tramite i media- in quei drammatici giorni: una tragedia che doveva e poteva essere evitata».

 

L’anniversario di quest’anno è stato segnato dalla pandemia, come si sono adattate le commemorazioni? Come hai vissuto l’anniversario di quest’anno?

 

«La diffusione pandemica ha costretto a modificare sia le commemorazioni sia lo svolgimento del processo. A tal proposito il Presidente del Tribunale di Pescara ha dovuto approntare soluzioni organizzative per evitare assembramenti e per far proseguire il maxiprocesso in condizioni di sicurezza. Noi avvocati, gli imputati e le parti civili siamo in diverse aule, tutte collegate telematicamente all’aula del Giudice dott. Sarandrea.

 

Anche le commemorazioni si sono svolte in forma riservata ed hanno partecipato solo gli stretti congiunti delle vittime ad una messa celebrata proprio nel luogo dove si trovava il resort». 

 

Nell’intervista che abbiamo pubblicato lo scorso 5 aprile ci ha raccontato anche i processi per la tragedia di Rigopiano. Quali evoluzioni ci sono state da allora? Quale l’attuale situazione processuale?

 

«Dal 5 di marzo di quest’anno ci si avvia alla fase conclusiva di discussione dell’udienza preliminare con calendarizzazione degli interventi delle parti processuali. Sicuramente è un maxiprocesso impegnativo per la complessità dell’ intera vicenda che vede la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica dei rappresentanti delle istituzioni, dei dirigenti degli enti pubblici e di tutti gli incaricati – a vario titolo - della gestione del rischio e dell’emergenza.  Sui quali grava, con nesso causale - secondo le indagini - la responsabilità delle morti di 29 persone nonché delle lesioni subite da tante altre.

 

Nell’udienza del prossimo 5 febbraio gli imputati potranno chiedere il giudizio abbreviato, concludendo cosi la loro vicenda processuale con tempi più ridotti dinanzi al Giudice dell’udienza preliminare».

 

In quell’intervista, riferendosi al terremoto del 6 aprile 2009, lei dichiarò «i morti non sono colpa dei terremoti ma di comportamenti umani». Come e quanto questa considerazione può valere anche per i fatti di Rigopiano?

 

«Anche per questo disastri vale la stessa considerazione: le morti non sono cagionate dalla natura ma dalla condotta dell’ uomo che costruisce in zone valanghive o sismiche senza le giuste precauzioni. Come se nevicate abbandanti, valanghe e/o eventi sismici non dovessero mai verificarsi.

Invece nei processi - da quelli post- crollo dopo il sisma del 2009 de L’Aquila a ai quelli dei crolli di Amatrice dopo il sisma 24 agosto 2016 ed ora anche in questo - lo spettro che aleggia è il solito tentativo degli imputati di addossare tutte le responsabilità delle morti alla natura matrigna ovvero alla eccezionalità o imprevedibilità della valanga e/o del terremoto. Situazione che si ripete in tutti i processi con rischio antropico dove si vuole dimostrare da parte degli imputati che gli eventi della natura siano i soli responsabili, eliminando così la responsabilità dell’ uomo.

In realtà i miei consulenti di parte, il prof Francesco Stoppa docente dell’Università Di Chieti , già componente della Commissione Grandi Rischi e il geofisico dott. Fabio Colantonio concordano con gli esimi consulenti della Procura, i quali scrivono che “la località Rigopiano era sito valanghivo e l’evento del 18/01/2017, seppur di estrema entità, prevedibile”. Io aggiungo che era altresì prevedibile la abbondante nevicata così come il fenomeno sismico della mattinata del 18 gennaio non possono dirsi eccezionali o non prevedibili in una zona classificata sismica, come ci hanno insegnato e dimostrato anche le sentenze della Cassazione per il sisma del 6 aprile 2009 di L’Aquila».

Quanto accaduto il 18 gennaio 2017 quale riflessione e cambiamento dovrebbe indurre, soprattutto nelle istituzioni e in chi dovrebbe tutelare la sicurezza e l’interesse collettivi?

«Io ho sempre la speranza da parte delle istituzioni e da parte di coloro che dovrebbero tutelare la sicurezza e l’interesse collettivi possa nascere – dopo queste grandi tragedie nazionali - maggiore consapevolezza e maggiore rispetto per il territorio e per gli eventi naturali della natura , affinchè si possa vigilare e far rispettare le leggi sulle costruzioni nelle zone sismiche e nelle zone valanghive.

Spero e mi auguro che le vittime possano avere giustizia, nell’ aula del Tribunale».

 

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