Rita Atria: «oggi non riusciamo più a dirlo che si è suicidata, ci viene difficile»

Io sono Rita, il libro di Giovanna Cucé, Nadia Furnari e Graziella Proto, edito da Marotta&Cafiero apre scenari inediti sulla morte della settima vittima della strage di Via D’Amelio. L’Associazione Antimafie Rita Atria ha presentato un esposto per chiedere riapertura indagini.

Rita Atria: «oggi non riusciamo più a dirlo che si è suicidata, ci viene difficile»
fonte: pagina facebook Marotta&Cafiero Editore

 

“Chi vo fa fa, chi nin vò fa cumman”, chi vuol fare fa e chi non vuol fare comanda. È un proverbio abruzzese di cui esistono anche varianti, non tutte riproducibili in un articolo. È un modo di dire della tradizione tra tronto e trigno ma racconta tanto, forse fin troppo, di un (mal)costume diffuso dall’Alpe a Sicilia o, se preferite, tra Trieste in giù.

“Sfortunato il Paese che ha bisogno di eroi” disse Bertolt Brecht. Ancor di più in questo periodo di celebrazioni del trentennale delle stragi di mafia quel Paese è l’Italia. Gli eroi possono diventare comodi, altarini e santini dietro cui nascondersi. Si affida tutto a loro, li si vede lontani, irraggiungibili, irripetibili, unici, eroi appunto e poi nella quotidianità (e non solo in quella) ci si nasconde dietro la lamentela, il fatalismo, l’accomodarsi. Trasformare le mafie, la corruzione, il marcio di questo Paese sporco in un’entità metafisica – imbattibile e troppo grande da noi – che neanche grandi eroi son riusciti a sconfiggere ha una sola immediata conseguenza.

Fin troppo facile. E così, di calendario in calendario, di anno in anno, di celebrazione in celebrazione, che siano le stragi del 1992, di Ustica o altri grandi crimini – costellati da depistaggi, trame e assassinati successivi – nulla cambia e tutto rimane immutato ed impunito. E la responsabilità è sempre altrove, è sempre di altri, si “cumman” sempre riprendendo il proverbio abruzzese.

Rita Atria scrisse che «forse un mondo onesto non esisterà mai ma chi ci impedisce di sognare» concludendo «forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo». Rita, giovanissima, rompe ogni schema di omertà e fatalismo, non “cumman” e non si pone domande inutili e (per troppi in-coscienze comode) arriva dritta al cuore, racconta e denuncia, porta avanti il suo impegno per provare a cambiare. Non sa se ce la si farà ma non si tira indietro, non si adagia e non si accontenta del mondo squallido e omertoso di quella mafia che respirava fin dentro casa.

L’Associazione Antimafie Rita Atria in questi decenni varie volte si è trovata di fronte al bivio e la strada della settima vittima di via D’Amelio ha cercato di continuare a percorrerla nella stessa maniera. Graziella Campagna, Ustica e le vittime successive, la lotta contro il MUOS, contro gli intrecci mafie, massonerie e colletti bianchi vari, l’elenco è ben lungo. E, in queste settimane, si è allungato ancor di più.

L’11 giugno a Palermo è stato presentato il libro «Io Sono Rita. Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio», edito da Marotta&Cafiero e scritto da Giovanna Cucé (giornalista del tg1), Nadia Furnari (fondatrice e vicepresidente nazionale dell’Associazione Antimafie Rita Atria) e Graziella Proto (fondatrice e direttrice della rivista antimafia Le Siciliane/Casablanca).  

Le parole di Nadia Furnari, che riportiamo anche nel titolo, rilasciate nell’intervista al TG-RAI Sicilia (che è possibile rivedere sul canale youtube dell'Associazione qui https://www.youtube.com/watch?v=Vx9jR4QLs3E ) sono emblematiche e riassumono il frutto dell’impegno di inchiesta che ha portato al libro: «oggi non riusciamo più a dirlo che si è suicidata, ci viene difficile».

La gestione della sicurezza di Rita, che lascia a dir poco sgomenti, l’alcol trovato nel suo corpo senza che nessuna traccia sia stata trovata nell’appartamento, la tapparella semichiusa subito dopo che Rita è volata giù dal balcone, la casa pulita da impronte e tracce biologiche, reperti (come un orologio da uomo) non refertati.

Davanti a tutto questo, e tanto altro, documentato e raccontato nel libro si aprono scenari inediti, si pongono interrogativi che dovrebbero pesare come macigni, si riscrive letteralmente la storia di Rita Atria.

L’Associazione Antimafie Rita Atria ha presentato un esposto, tramite l’avvocato Goffredo D’Antona, per chiedere la riapertura delle indagini sulla morte di Rita. Riapertura, come formalmente viene definita, che appare forse una prima apertura.

E davanti tutto quanto emerso nel libro, davanti ad uno scenario che lascia a dir poco sgomenti, si torna al punto di partenza di quest’articolo e sorge – spontanea ed impetuosa – una domanda: perché senza Giovanna Cucé, Nadia Furnari e Graziella Proto tutto questo non sarebbe mai emerso?

Perché dopo trent’anni sulla morte di Rita Atria ci sono ombre del genere e chissà quando avremo verità e giustizia pieni?

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Il libro con «documenti inediti, interviste importanti, dichiarazioni dei familiari di Rita, pagine di diario e tanto altro» e «che crea nuovi scenari intorno al suicidio di Rita Atria» anticipa l'editore Rosario Esposito La Rossa. Associazione Antimafie Rita Atria: «è il libro-inchiesta che ricostruisce la sua storia scomoda, tutto quello che, in trent’anni, non è mai stato cercato, chiesto, investigato, scritto. Rita Atria, la ragazzina colpevolmente abbandonata dalle Istituzioni che avrebbero dovuto prendersi cura di lei anche perché sotto tutela».

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