Sfruttamento della prostituzione e mafie nigeriane in Abruzzo

In Provincia di Teramo e Abruzzo, dove già sono forti le penetrazioni di camorra, mafia pugliese e altre organizzazioni criminali, avanzano tra schiavitù sessuale e narcotraffico le mafie nigeriane. A Pescara per decenni questo turpe mercato è stato confinato quasi interamente verso le periferia, nella pineta dannunziana o nei suoi dintorni. Oltre dieci anni fa il Comune stabilì la chiusura notturna dell’area verde e l’inasprimento dei controlli. E negli ultimi anni si vedono sempre meno donne costrette a prostituirsi sotto quegli alberi. Ma la piaga non è debellata.

Sfruttamento della prostituzione e mafie nigeriane in Abruzzo
La foto è concessa dalla Capanna di Betlemme, Comunità Giovanni XXIII

 

«Hai una sigaretta? Sei solo? Vuoi un po’ di compagnia?». Frasi accompagnate da un sorriso e da una voce bassa, quasi timida. Nel freddo pungente di queste settimane o nel caldo torrido d’estate, mentre le luci dei lampioni e delle vetrine illuminano le strade, tra le auto che sfrecciano, queste domande si ripetono centinaia di volte, ogni notte. E dietro quei sorrisi, quelle domande sussurrate che si perdono nell’aria, si nascondono dolori, sofferenze, uno dei volti più squallidi dell’immondizia della barbarie.

Perché sono le voci delle donne sfruttate e incatenate alle strade, costrette ad offrire il proprio corpo ai più squallidi appetiti della borghesia.

A Pescara per decenni questo turpe mercato è stato confinato quasi interamente verso le periferia, nella pineta dannunziana o nei suoi dintorni. Oltre dieci anni fa il Comune stabilì la chiusura notturna dell’area verde e l’inasprimento dei controlli. E negli ultimi anni si vedono sempre meno donne costrette a prostituirsi sotto quegli alberi. Ma la piaga non è debellata. Teatro di scene, come quelle descritte, è diventato il centro cittadino. Sui marciapiedi di fronte all’Università, alla camera di commercio, alla curia o alla stazione centrale. E la piaga, nell’indifferenza di tanti, dilaga.

«Sono venuta in Italia per fare la parrucchiera, invece mi hanno messa in strada. Ho cercato di scappare ma quando i miei sfruttatori l’hanno saputo hanno avvertito i loro amici in Nigeria, hanno preso una delle mie figlie gemelle, di 4 anni, e l'hanno uccisa davanti a mia mamma, a cui le avevo affidate. A questo punto cosa ho da perdere?», sono le parole della testimonianza drammatica di una ragazza sfruttata raccontata da Martina Taricco della Comunità Papa Giovanni XXIII, in prima linea in Abruzzo per la liberazione delle schiave del sesso, ad un convegno contro la tratta a Montesilvano il 9 marzo 2019.

Solo a Montesilvano nel 2018 gli interventi in strada della Comunità hanno raggiunto 740 ragazze. In tutta Italia si stima che siano tra le 75 mila e le 120 mila donne costrette a prostituirsi; il 65% per strada, le minorenni dovrebbero essere il 37%. I “clienti” sono stimati intorno ai 9 milioni, su una popolazione di 60 milioni circa. È il 15%. Una percentuale che si alza vorticosamente, avvicinandosi in maniera molto più reale alle esatte dimensioni dell’abisso se togliessimo ai 60 milioni bambini, donne, anziani, indigenti. 

Da Pescara a Montesilvano, risalendo l’immensa area metropolitana, sono tanti i luoghi, dalle pinete alle camere d’albergo, dove lo sfruttamento della prostituzione è una piaga consolidata da decenni. Fino al confine con il Molise, a San Salvo Marina, nel totale silenzio e indifferenza, o al confine con le Marche, nella strada nota come «bonifica del tronto». Un vero e proprio non luogo, dove il degrado e lo squallore sociale dominano, simbolo da decenni del turpe mercato criminale.

Il 3 dicembre scorso una vasta operazione contro i clan della mafia nigeriana “Supreme vikings confraternity – Arobaga e Supreme Eyie Confraternity” ha interessato Puglia, Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Marche, Emilia Romagna, Veneto, Abruzzo, Germania, Francia, Olanda e Malta.

Trentadue le persone arrestate per associazione per delinquere, tratta, riduzione in schiavitù, estorsione, rapina, lesioni, violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione. Il quartier generale delle due organizzazioni criminali, capaci di spedire in Nigeria 74 milioni di euro all’anno, era a Bari ma i suoi affiliati erano attivi in maniera assidua in Abruzzo. Il giorno precedente un’altra operazione contro la mafia nigeriana aveva interessato le Marche e l’Abruzzo. Un clan con la base operativa in provincia di Teramo ed attivo anche ad Ascoli Piceno, Fermo e Macerata nelle Marche.

Le due inchieste non sono state le uniche dell’anno scorso. A dimostrazione della radicalità in Abruzzo delle mafie nigeriane in Abruzzo e dello sfruttamento della prostituzione. Ma, tranne rari casi e nonostante l’infaticabile attività anti-tratta di associazioni come On the Road e la Comunità Papa Giovanni XXIII (promotrice anche di una importante campagna nazionale Questo è il mio corpo), dalla quasi totalità delle istituzioni, classe politica e tessuto sociale, non c’è mai stata nessuna decisa presa di posizione e coscienza.

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