«Censurato» il dott. Ettore Rispoli dopo la nostra intervista. Aveva denunciato la drammatica situazione sanitaria

PAROLE PROFETICHE. E’ stato di recente notificato il Provvedimento dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD). L’atto di contestazione di addebiti del 28 maggio 2020 è stato inoltrato nei confronti del dirigente medico Ettore Rispoli, sottoposto a un procedimento disciplinare avviato dall’ASREM in seguito a una nota a firma congiunta del Direttore Generale Oreste Florenzano e del Direttore Sanitario Maria Virginia Scafarto.

«Censurato» il dott. Ettore Rispoli dopo la nostra intervista. Aveva denunciato la drammatica situazione sanitaria
Il dottor Ettore Rispoli

Procedimento disciplinare avviato in seguito a segnalazione del DG Florenzano e del DS Scafarto che, invece di occuparsi esclusivamente dell’inefficienza organizzativa e delle lacune strutturali nella gestione dell’emergenza sanitaria, oggi drammaticamente esplose nella vicenda tamponi, del rischio paralisi dell’attività chirurgica ordinaria e della mancata separazione delle strutture covid, si preoccupano di avviare un procedimento nei confronti di Rispoli per dichiarazioni rilasciate ad aprile, per le quali ha avuto puntualmente ragione.

 

L’UPD ha riconosciuto le ragioni difensive addotte da Rispoli e dai suoi legali sulla circostanza che il medico parlasse a nome e per conto proprio e non dell’Asrem (archiviando uno dei due capi di imputazione) ma non ha riconosciuto la completa, piena veridicità, obiettività delle sue dichiarazioni inerenti le criticità segnalate sulla gestione dell’emergenza sanitaria, pur irrogando la sanzione minima prevista del rimprovero scritto/censura (da segnalare il precedente del dottor Lucio Pastore che si era visto infliggere una sanzione di 3 giorni di sospensione senza retribuzione sempre per un procedimento disciplinare riguardante le opinioni espresse con una difesa  fondata  anche sulla libertà di manifestazione del pensiero sancita dall’art. 21 Cost).

 

 

L’UPD, all’esito della rituale contestazione di addebiti e dopo aver provveduto all’audizione del dirigente (in data 29 giugno 2020 accompagnato dai legali di fiducia avvocati Carlo Izzi e Ovidio Bontempo) nonchè ad esaminare la documentazione prodotta, compresa la memoria difensiva, è pervenuto a declaratoria di responsabilità disciplinare per uno dei 2 capi di imputazione, in virtù del fatto che Rispoli avrebbe denigrato e offeso l’immagine dell’ASREM e dei componenti della direzione aziendale, oltre a diffondere notizie non veritiere, non conformi alla realtà dei fatti, non consone allo status di dirigente del servizio sanitario regionale e, comunque, inopportune e inadeguate rispetto alla situazione emergenziale sanitaria covid-19, alla data del rilascio della stessa (2 aprile 2020) in un’intervista telefonica pubblicata on line (Coronavirus: «È una carneficina»dove l’UPD ha rilevato “affermazioni denigratorie” nei riguardi della Asrem e del Servizio Sanitario Regionale.

 

Le dichiarazioni contenute nell’articolo - ha sostenuto l'accusa - conterrebbero «frasi, allusioni, false accuse e manifestazioni gratuite di insofferenza e disappunto», che secondo l’UPD «travalicherebbero ogni ammissibile facoltà di critica, tali da comportare una responsabilità disciplinare che si concretizza nella sanzione, seppur minima, del rimprovero scritto per un capo di imputazione». L'UPD ha disposto l’archiviazione per l’altro capo di accusa.

 

Le varie segnalazioni fatte da Rispoli (Posti in rianimazione carenti, mancanza di posti letto aggiuntivi, scarsa conoscenza di territorio e strutture, immobilismo), sarebbero state rilasciate per lasciar intendere l’incapacità e l’inefficacia dell’azienda discreditandola nella gestione del covid-19. 

Tale vicenda si colloca all’interno di una cornice storica di avvenimenti eccezionali, definita dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità “pandemia”, che ha inciso fortemente sull’assetto organizzativo e assistenziale del Servizio Sanitario Nazionale, attraverso complessi interventi in ambito ospedaliero, volti all’identificazione nei reparti di spazi e posti letto dedicati alla presa in carico di un elevato numero di pazienti ricoverati per Covid-19, come pure all’ampliamento delle terapie intensive per fare fronte alle richieste in urgenza/emergenza.

 

In un contesto di tale complessità, caratterizzato da assoluta emergenza e contraddistinto da scenari sconosciuti, i medici e il personale sanitario sono stati chiamati ad operare, interfacciandosi con il singolo individuo, ove possibile con i familiari, e al contempo a porre attenzione alla comunità intera dei propri assistiti, svolgendo in tal modo una funzione primaria di sanità pubblica, cercando di gestire l’inevitabile conflitto fra gli obiettivi generali di salute per il maggior numero di pazienti e la tutela del singolo paziente, nel rispetto del principio di garanzia e tutela della salute del cittadino e della collettività.

 

Qui si inserisce la vicenda al vaglio di codesto UPD, allorquando nel cuore dell’epidemia, in data 2 aprile 2020, il Dott. Rispoli risponde alle domande di WordNews.it per dare riscontro alle numerose richieste dei pazienti oncologici che non potevano curarsi ed operarsi.

 

Nessun regolamento aziendale o codice di condotta o di comportamento può andare contro la Costituzione italiana, art.21,  che rappresenta un diritto fondamentale inviolabile, baluardo della nostra civiltà democratica e Rispoli - secondo i suoi difensori - «si è limitato ad esprimere un’opinione personale sulla situazione della sanità nazionale e regionale, fotografando una situazione che, alla data del 2 aprile, risultava incontestabilmente basata su numeri reali e dati scientifici che ha trovato, purtroppo, puntuale e drammatica conferma nei mesi successivi.

Risulterebbero incostituzionali, semmai, disposizioni interne all’azienda, volte a censurare le opinioni personali e le informazioni qualificate dei medici, espresse legittimamente nell’interesse esclusivo della collettività, volte a favorire la diffusione del dibattito sulla tutela del diritto alla salute.»

Il provvedimento sanzionatorio minimo applicato nei confronti di Rispoli è una mera “censura”, di nome e di fatto, «volta a limitare o condizionare il diritto alla libera manifestazione del pensiero di medici e operatori che operano e parlano nell’esclusivo interesse della sanità pubblica.»

 

Il cosiddetto “dovere di fedeltà” di ogni medico va rivolto nei confronti dei cittadini/pazienti secondo il giuramento di Ippocrate che ogni medico presta.

E’ noto come l’emergenza sanitaria abbia inciso sulle attività di trattamento programmate per i pazienti oncologici e onco-ematologici e per tutti i pazienti no-Covid, tanto che lo stesso Ministero della Salute ha emanato apposite Raccomandazioni redatte su iniziativa del Comitato Tecnico-Scientifico della Protezione Civile, al fine di tutelare il diritto alla salute di ogni paziente, specie in considerazione del fatto che i pazienti affetti da queste patologie, così come altre patologie associate ad immunodepressione, sono particolarmente a rischio, sia per quanto riguarda la morbilità che la letalità correlate ad infezioni da virus respiratori, situazione drammaticamente esplosa proprio in questi giorni come paventato proprio da Rispoli che è risultato, anche in questo caso, “facile profeta”.

Le opinioni critiche sollevate «sono basate su una realtà dei fatti e dei dati scientifici incontestabili, evidentemente dettate da uno spirito costruttivo e da una preoccupazione figlia di un grande senso di responsabilità professionale che Rispoli ha sempre dimostrato nel corso dei tanti anni della sua attività.»

 

«Un sistema sanitario dove si mette il “bavaglio” agli operatori non garantirebbe in primis i cittadini che vanno costantemente informati sulla situazione reale del servizio pubblico.»

Rilevanti criticità sono state sollevate anche dai primari dell’Ospedale “Cardarelli” di Campobasso, che hanno riscontrato una progressiva e impossibilità di gestione delle altre innumerevoli situazioni emergenziali connesse alle Unità Operative di propria competenza, con evidente e comprovato rischio di “paralisi” delle connesse attività in un atto di significazione inviato ai vertici regionali della sanità, in data 9 aprile 2020 e quindi a totale conferma della veridicità delle dichiarazioni di Rispoli.

 

Rispoli ha segnalato il rischio che l’andamento avrebbe portato alla saturazione dei posti letto segnalando la carenza già oggettiva di posti letto verrebbe accentuata ulteriormente dalla mancata distinzione tra strutture Covid/No Covid, «frutto di una scelta regionale quanto meno discutibile e contraria rispetto alle disposizioni ministeriali in materia previste durante l’emergenza sanitaria.» 

 

L’attendismo e l’inerzia della struttura, segnalata da Rispoli alla data del 2 aprile, è stata evidenziata dallo stesso Commissario ad acta alla Sanità quando parla di ”totale e palese inerzia dell’organo strumentale” a proposito delle scelte Asrem relative alle strutture no Covid da mettere in campo. E' di dominio pubblico la diatriba quotidiana Commissario/Direttore Generale sui due piani Covid alternativi nelle strutture di Larino/Campobasso e la “mancata concordia” risulta, malgrado tutto, fotografia veritiera ed oggettiva dello “scontro” esistente, e noto anche a livello ministeriale, sulle scelte strategiche relative alla gestione dell’emergenza sanitaria. «Situazione di divisione che ha contribuito in maniera innegabile e decisiva all’impasse attuale, ai ritardi e alle mancate soluzioni (anche qui il tempo ha dato ragione purtroppo a Rispoli visto che non risultano ancora ad oggi strutture Covid separate e che le strutture pubbliche hanno anzi vista depotenziata l’offerta del servizio in termini di qualità e fruibilità a causa della mancata distinzione delle strutture covid/no covid, lo stesso Florenzano ha dichiarato che non sarà pronto prima della primavera 2021 il centro Covid!).»

 

E' emersa la preoccupazione di Rispoli, dettata dal senso di responsabilità professionale verso i cittadini e i pazienti, di non “poter assistere tutti” in quella drammatica ipotesi che si è realizzata in alcune parti d’Italia, «come testimoniato da medici e operatori sanitari senza che nessuno abbia potuto soltanto immaginare di mettere un “bavaglio” alle loro dichiarazioni che sono state anzi molto utili alle autorità pubbliche, sanitarie e politiche, e a tutti i cittadini per essere meglio informati sullo stato di avanzamento della pandemia, dando loro piena contezza dei rischi e consapevolezza delle misure da adottare a livello sociale ed individuale, regionale e nazionale.»

 

Durante l’intervista Rispoli, in considerazione del tema, «inevitabilmente è stato chiamato ad esprimere la propria opinione personale, a nome proprio e mai dell’Asrem, circa le problematiche relative all’organizzazione e gestione dell’emergenza, davanti al rischio paventato da molti di una “paralisi” delle attività per i pazienti no Covid-19, come pure evidenziato dai primari dell’ospedale “Cardarelli”.

Con riguardo alla sua intervista Rispoli ha rilasciato le dichiarazioni nella stessa riportate, in nome e per conto proprio, manifestando il proprio pensiero, anche di analisi critica, sulla gravi problematiche emerse in conseguenza dell’emergenza Covid-19, espressione costituzionalmente garantita dal citato art. 21 e che nessuna legge, né tantomeno note e circolari possono comprimere, trattandosi di un diritto fondamentale della persona, pena la incostituzionalità di ogni disposizione contraria.»

 

Rispoli, nonostante l'archiviazione per un capo di imputazione e la sanzione minima del rimprovero scritto, si è riservato di valutare - con i propri legali - una eventale impugnazione davanti al Giudice del Lavoro. 

 

Ma, per concludere, è necessario porre alcune domande: come mai continua a non poter operare Rispoli a Isernia, nonostante la necessità di ‘decongestionare’ il Cardarelli? Una ritorsione? Asrem ha lavorato in questi mesi per affrontare la “seconda ondata”?

 

 

LEGGI L'INTERVISTA DEL DOTT. RISPOLI RILASCIATA A WORDNEWS IL 2 APRILE 2020:

 

Coronavirus: «È una carneficina»

INTERVISTA. Secondo il medico-chirurgo Ettore Rispoli: «Se non si fanno i tamponi a tappeto non ne usciremo nemmeno per Natale. In Molise non si è preparati per un grosso focolaio. Se dovessero esserci 50 persone con insufficienza respiratoria da ricoverare bisognerebbe fare quello che i militari chiamano il “triage”, ovvero ricoverare le persone più giovani e lasciare morire gli altri. Passata la paura tornerà tutto come prima».