Delitti di mafia: «Lo Stato faccia emergere la verità»

di Mario Ravidà. «Quello che ho sempre sperato è che potessero emergere elementi per fare vera giustizia e scoprire gli intrecci e i legami poco chiari di uno Stato non Stato che non ha mai esitato a portare avanti i suoi sporchi interessi anche, verosimilmente, facendo uccidere i suoi figli migliori!»

Delitti di mafia: «Lo Stato faccia emergere la verità»
Mario Ravidà

Ho fatto per circa 40 anni il poliziotto; sono entrato in Polizia nel 1976 e sono andato in pensione nel 2011. Ho sempre svolto il mio lavoro (tranne brevi periodi di tempo per la frequentazione di corsi di specializzazione o per avanzamento in carriera) in strutture investigave come la D.I.G.O.S in anni 70/80 e successivamente Squadra Mobile, Criminalpol e in ultimo, fino alla pensione, alla DIA.

Ho visto e vissuto, per uno strano disegno del destino, gli episodi più gravi accaduti in questa Nazione: dal sequestro e successivo omicidio dell'On. Aldo Moro, agli eclatanti omicidi di mafia, alle stragi del 1992.

Solo un ingenuo e sprovveduto non avrebbe potuto accorgersi che in alcuni di tali episodi, mai totalmente chiariti, vi era qualcosa che non tornava, qualcosa di oscuro e contemporaneamente di terribile che dalla mia parte e cioè lo Stato, si tendeva a depistare, omettere, non dire chiaramente per arrivare alla piena verità. Io, non "sputo nel piatto in cui ho mangiato" e che ancora oggi mi da da vivere, come qualcuno potrebbe pensare o dire.

Le mie lotte e le mie denunce, da quando ho potuto farlo per non essere licenziato o perseguito e cioè da quando sono andato in pensione, le ho fatte e le continuerò a fare per quello in cui ho creduto in tanti anni di carriera: la difesa degli onesti, la verità, la giustizia e per i miei colleghi che sono caduti nella lotta al crimine.

Quando ho deciso di entrare in Polizia, avevo messo in conto che mi sarebbe potuto accadere qualcosa di grave... ci stava, faceva parte dei rischi connessi alla mia attività. Quello che non ho mai accettato e che non potrò mai accettare è che questi rischi, non provenivano solamente da quella parte conosciuta come il "nemico" da combattere che era il terrorismo prima e la mafia dopo, molte volte questo "nemico" avevo l'impressione che, come detto prima a causa di ritardi, omissioni e "ammorbidimenti" verso qualche potente inquisito, si celasse tra le mie fila; cioè dentro lo Stato stesso, che io difendevo e tutelavo.

Ho assunto la consapevolezza di ciò verso la fine della mia carriera e cioè dopo le stragi del 1992. Un episodio su tutti che mi diete tali certezze che io ho vissuto personalmente è stato l'omicidio di Gino Ilardo. Mi sono immediatamente reso conto che tale evento era e poteva essere l'"anello debole" per scoprire le magagne e quello che poteva nascondersi dietro quelle complicità di Stato. Ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità, a cominciare dal 1996, per fare emergere le incongruenze, le stranezze e le possibili complicità Istituzionali che avevano caratterizzato questo delitto e che poteva legarsi a tantissimi altri episodi oscuri come le stesse stragi, e alcuni fatti suicidiari che non tornavano, come la morte del M/llo Lombardo e quella di Attilio Manca.

Finalmente, nel 2001, a 5 anni dalla morte di Ilardo riuscivo a sapere, tramite una confidenza, chi aveva materialmente commesso l'omicidio. Immediatamente notiziavo con un rapporto, il mio Ufficio, la DIA di Catania. Pensavo che come mi fossi reso conto io che quell'omicidio era importantissimo per arrivare a quelle verità celate, in quanto non era stato un "semplice" omicidio di mafia, potessero rendersene conto e agire di conseguenza i miei dirigenti e i giudici della Procura di Catania e da li, poter iniziare delle attività di indagine per svelare chi in realtà erano quei mafiosi che avevano commesso il delitto, a chi erano collegati e perchè lo avessero commesso proprio nel momento in cui Ilardo stava, dopo anni da infiltrato in cui quasi nessuno conosceva il suo vero ruolo, passando ad una piena collaborazione con le Istituzioni.

Invece, il mio rapporto, incredibilmente, rimase inevaso per circa 9 mesi alla DIA! Solo dopo che mi ero reso conto che il mio Ufficio non avrebbe mai iniziato un'attività d'indagine, ho fatto "pressione" ai miei Dirigenti affinchè quell'atto, con quelle notizie, venisse inviato alla Procura della Repubblica di Catania, sperando in una doverosa delega per iniziare un'attività investigativa.

Nulla di tutto ciò accadde sebbene il mio rapporto fu inviato anche alla Procura di Catania. Assoluto silenzio! Soltanto dopo altri 12 anni e quindi a 17 dal delitto, collabora con la Giustizia chi mi aveva fatto quella confidenza 17 anni prima e si perseguono giudiziaramente gli autori mafiosi di quel delitto. Anche per far accettare come collaboratore il mio confidente di 17 anni prima, ho dovuto lottare e pressare alla Procura di Catania ed ho dovuto farlo quasi da solo, senza nessun mio dirigente che "sposasse" pienamente quella collaborazione, intuendo che quella poteva essere un episodio che, svelando il delitto di Ilardo, potesse portare a scoprire altri fatti che si celavano dietro le stragi e altri eclatanti delitti. Oggi non scrivo questo per avere dei meriti o riconoscimenti, non me n'è mai fregato nulla di meriti e riconoscimenti, non ho mai mirato a quelli.

Quello che ho sempre sperato è che potessero emergere elementi per fare vera giustizia e scoprire gli intrecci e i legami poco chiari di uno Stato non Stato che non ha mai esitato a portare avanti i suoi sporchi interessi anche, verosimilmente, facendo uccidere i suoi figli migliori!

Oggi scrivo questo post perchè tra qualche giorno saranno auditi in commissione parlamentare Antimafia Luana Ilardo e Rossella Lombardo, rispettivamente figlia di Gino Ilardo e figlia del M/llo Lombardo.

Due donne a cui va tutta la mia stima e ammirazione per come in tutti questi anni hanno lottato per far emergere la verità, nella speranza di avere vera giustizia da questo Stato, per cui i loro cari sono morti!!!!

Mario Ravidà

 

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