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In piazza non per noi ma per tutti

by Alessio Di Florio
3 Dicembre 2022
in Eventi
Reading Time: 14 mins read
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Lunedì 5 dicembre torna in piazza la Rete dei Numeri Pari, la rete delle organizzazioni che costruisce e mette insieme i tanti impegni e mobilitazioni sociali per rendere visibili gli invisibili e rendere pari i dispari come scrivemmo in un articolo tredici mesi fa.

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Una mobilitazione diffusa contro il carovita e per un’agenda sociale vera e autentica.

https://www.wordnews.it/costruire-rendendo-visibili-gli-invisibili-e-pari-i-dispari                         

«Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei». È una frase diffusa anche nell’epoca dei social e della comunicazione veloce, proverbio che dovrebbe derivare da una frase di «Fermo e Lucia», il romanzo di Alessandro Manzoni che nella successiva stesura tutti abbiamo conosciuto e studiato, «I Promessi Sposi». Può apparire una frase facile, da meme social, ed invece può essere una bussola ad indicarci la rotta che l’Italia, l’Europa e il Mondo intero stanno percorrendo.

Don Andrea Gallo disse che da chi escludiamo si comprende chi siamo. Su questi due assi si svela la società odierna.

Veniamo da vent’anni di guerra permanente, crisi finanziaria, crisi sociali, pandemia e ora crisi energetica. Vent’anni che stanno costruendo una cesura netta con la nostra storia, le nostre radici, il mondo di prima appare sempre più lontano e dimenticabile. Scartato, gettato via, tagliato dall’orizzonte. Così come milioni di persone a queste latitudini e miliardi nel mondo.

Senza voce, senza cittadinanza, senza nessuna possibilità. L’abbiamo visto plasticamente già dall’avvento della pandemia e lo stiamo vedendo nelle discussioni politiche, mediatiche, sociali. Sempre più rinchiuse in torri d’avorio, sempre più autoreferenziali di determinati ceti, lobby, classi sociali. Aumentano gli scartati e gli esclusi da ogni discorso sulle politiche di questo Paese e sul suo futuro. E sempre più l’unico orizzonte è quello di pochi, sempre più pochi e sempre più ricchi e potenti. Le disuguaglianze crescono a dismisura, la disperazione sociale divora, ma l’unica voce a livello politico, mediatico, sociale è quella di determinati settori imprenditoriali, di alcuni centri d’interesse.  

C’è stato un periodo della vita politica italiana in cui i margini non marginalizzavano e non silenziavano, in cui sulla scena aveva fatto irruzione lavoratori, impoveriti, in cui era possibile essere protagonisti dell’attivismo e della militanza anche se si viveva nella provincia della provincia dell’Impero. In cui chi non aveva una casa, un lavoro, un reddito, chi subiva i peggiori marosi della vita non era solo e non era condannato ad una lenta morte sociale, in cui le storie degli impoveriti e delle vittime potevano diventare storie collettive, potevano giungere al cuore della vita d’Italia, avere una voce e determinate persino leggi e politiche.

Anni in cui le vite delle vittime delle guerre, dei civili bombardati ed assassinati persino all’ora della cena irrompevano nelle nostre case.

L’avanzare della guerra permanente, l’impoverimento della politica, il mordere sempre più di tante, troppe crisi contemporanee stanno togliendo ogni possibilità, ogni voce, ogni legame. In questi mesi di guerra di fronte al rifiuto della logica delle armi, dello scivolare verso la terza (ma probabilmente se si guardasse oltre l’egoistica autoreferenzialità di chi si crede unico attore mondiale ci si renderebbe conto che il numero va incrementato) guerra mondiale e ai costi drammatici e iniqui le risposte son state sempre le stesse. Narrazione unica dominante di chi si è imposto con la forza e il darwinismo sociale più feroce, non c’è alternativa, questa è l’unica.

Lo è se si guarda solo all’orticello di casa di alcuni, se si considerano sacrificabili, si scartano, si rendono invisibili milioni e miliardi di persone. Unica possibilità perché è l’unica che ha avuto cittadinanza nell’orizzonte politico ed economico, perché è l’unica che viene sostenuta economicamente e politicamente da decenni. Prima ancora della guerra permanente post 11 settembre abbiamo avuto la guerra nei Balcani. In quegli anni il ripudio della guerra, l’impegno per la Pace si è concretizzato nella solidarietà dal basso, nell’impegno accanto alle popolazioni assassinate dalle bombe, nel costruire ponti e percorsi di Pace.

Uno dei pionieri fu Alexander Langer che, tra i primi in Italia, tracciò la strada dell’interposizione nonviolenta, di un pacifismo concreto. Il percorso terreno di Alexander si è interrotto drammaticamente il 3 luglio 1995. Quattro anni dopo il Parlamento Europeo approvò una mozione per l’istituzione di “Corpi Civili di Pace”. Pochi mesi prima dell’avvento della pandemia quella risoluzione ha compiuto vent’anni. I due decenni delle crisi finanziarie (per salvare le banche ai tempi furono spesi miliardi, per gli impoveriti e gli esclusi d’Italia e non solo anche solo pochi milioni sono considerati inaccettabili, non disponibili) ed economiche, sociali e appunto sanitarie con la pandemia. Quanti miliardi sono stati spesi per le armi e per foraggiare guerre e complesso militar-industriale? Sempre più. Soldi tolti a spesa sociale, istruzione, difesa del territorio,  sanità pubblica, cooperazione internazionale.

Quanti per concretizzare il percorso dei “Corpi Civili di Pace”? Un numero che non arriva, probabilmente, a qualche settimana di spese armate. Potremmo fare altri esempi ma uno è, probabilmente, tra i più significativi. Ed è al centro del nostro impegno: quello della lotta alle mafie. Le mafie, lo riporta la Storia e lo dimostra persino una relazione semestrale di anni fa della DIA, sono espressione del capitalismo più feroce e criminale, di quello che Gramsci definì il sovversivismo delle classi dirigenti, la mafia è finanza, borghesia, potere, oppressione, guerra delle classi oppressori contro gli impoveriti, gli ultimi, le classi più oppresse della società. Contrastare le mafie è costruzione di una società più giusta e equa, è lotta per i diritti degli ultimi, dei più fragili, degli impoveriti. Le mafie arricchiscono i potenti e privano di tutto i più deboli.

La narrazione mediatica e politica, tra una retorica e una finta celebrazione, tra una strumentalizzazione e l’altra, da una parte cancella tutto e dall’altro cerca di impadronirsi della lotta alle mafie in un’ottica tutta interna alle classi dirigenti.

Tutto il dibattito intorno all’Agenda Draghi, alle schermaglie politiche in occasione delle ultime elezioni, è frutto di questo meccanismo. Per contrastare quell’agenda, per costruire una vera Agenda Sociale, si è mobilitata la Rete dei Numeri Pari. Una mobilitazione modificata in corso d’opera ed adattata all’evolversi dei fatti dopo la fine del governo Draghi e l’avvento del Governo Meloni. La Rete dei Numeri Pari è scesa nelle piazze ad ottobre, ha partecipato al termine di un’assemblea nazionale alla manifestazione del 5 novembre a Roma portando le istanze e la voce dell’agenda sociale. Tornerà in piazza lunedì prossimo in tantissime piazze, per organizzarsi contro il carovita e proseguire l’impegno per un’agenda sociale che è nella carne viva della società italiana “con le sue proposte su lavoro, casa, reddito, salario, servizi e politiche sociali, lotta alle mafie, riconversione ecologica, accoglienza e NO all’autonomia differenziata”.

Un’agenda sociale per continuare a lottare “per ridare alle nostre città e al nostro Paese una visione politica reale, contestualizzata, basata sulla realtà delle sofferenze e delle ingiustizie che incontriamo e viviamo ogni giorno sulla nostra pelle; una visione che sappia vedere anche a lungo termine, in grado di dare risposte, assumere la priorità della lotta per la giustizia sociale e ambientale, per far sì che quelle priorità siano poi trasformate in atti concreti dalla politica istituzionale per azzerare le disuguaglianze, cambiare il modello di sviluppo economico e costruire un’economia di pace”.     

Qui è disponibile l’elenco in aggiornamento con tutte le piazze mobilitate

https://www.nonpernoi.it/#section_9

Qui https://www.nonpernoi.it/  è disponibile l’appello della mobilitazione, un appello che denuncia ed impegna i meccanismi che favoriscono in questo Paese l’avanzare delle mafie e delle disuguaglianze, della devastazione ecologica e di una rappresentanza politica e sociale per pochi sempre più pochi, della guerra permanente e della guerra sociale contro i più deboli per gli interessi di consorterie di potere e altre denunce/impegni che sulle nostre pagine sono presenti e continueranno a trovarlo sulle nostre pagine.

 

NON PER NOI MA PER TUTTE E TUTTI

Un appello a tutte le realtà sociali e sindacali, al volontariato laico e cattolico, perché vogliamo condividere con tutti e tutte la necessità, l’urgenza e la voglia di costruire una mobilitazione nazionale per il 5 dicembre che sia plurale, partecipata, democratica e conflittuale per rimettere al centro del Paese la voce dei Diritti, contro le disuguaglianze e l’esclusione, per la giustizia sociale e ambientale. C’è un problema strutturale nel nostro Paese che non dipende dal colore e dalla formazione politica che si aggiudica la vittoria alle elezioni: le crisi e i cambi di Governo non cambiano la drammatica condizione sociale, materiale ed esistenziale che vivono milioni di persone. La politica si parla addosso, non risponde ai bisogni reali delle persone e si gioca tutta su politicismo e tatticismo.

Ci spinge a proseguire il percorso lanciato lo scorso luglio la necessità di fare fronte alla drammatica situazione che si è generata nel nostro Paese negli ultimi due anni, dove all’aumento delle disuguaglianze causato dalle politiche di austerità imposte dall’Europa, si è sommato l’impatto della pandemia e infine la guerra. Questo a fronte di timide risposte spesso inefficaci da parte dei Governi che si sono succeduti. La politica considera evidentemente “accettabile” la condizione materiale ed esistenziale in cui vive la maggior parte delle persone nel nostro Paese: 5,6 milioni di persone in povertà assoluta e 8,8 milioni in povertà relativa; 4 milioni di lavoratori e lavoratrici povere; 8 contratti di lavoro su 10 precari; 3 milioni di giovani NEET; dispersione scolastica al 13%; analfabetismo di ritorno oltre il 30%; 10 milioni di persone non riescono più a curarsi e una persona su tre è a rischio esclusione sociale. Tutto questo mentre dal 2008 a oggi il numero dei miliardari è passato da 12 a 51 e tra marzo 2020 e novembre 2021 il valore dei patrimoni dei super-ricchi è cresciuto del 56%.

L’aumento senza precedenti nella storia della Repubblica delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale rappresenta un enorme tradimento della nostra Costituzione e un gigantesco rischio per il funzionamento della democrazia. Ma nonostante le prospettive continuino a peggiore, l’impegno a sconfiggere disuguaglianze ed esclusione per garantire “pari dignità sociale” come stabilisce la nostra Costituzione sembra non rappresentare la priorità di nessun Governo e Parlamento degli ultimi 15 anni. Stiamo assistendo a una svolta autoritaria e tecnocratica che sta erodendo i principi della nostra democrazia.

L’accelerazione dei processi di emarginazione di fasce sociali sempre più ampie sta concorrendo in modo sostanziale ad acuire la crisi del sistema di rappresentanza politica, come mostra la larga e preoccupante astensione di decine di milioni di persone dal voto e dalla partecipazione attiva alla vita pubblica del Paese. Questa assenza di partecipazione unita alla mancanza o inefficacia delle risposte da parte di Governo e Parlamento continuano a indebolire la democrazia, delegittimando pericolosamente le istituzioni democratiche della Repubblica nata dalla Resistenza. Ma anche questo sembra essere accettato dagli attuali gruppi dirigenti della politica.

Il silenzio dei media e la massiccia campagna mediatica di arruolamento contribuiscono a semplificare il contesto nazionale e internazionale, omologando il dibattito nel Paese. Il risultato è che la nostra vita continua a peggiorare e il nostro Paese rischia di perdere le speranze, favorendo sempre di più lo sgretolamento della coesione sociale e delle possibilità di riscatto di chi vive già in grande difficoltà. In questo scenario sono la criminalità organizzata e le mafie a trarne maggior vantaggio, esercitando un ricatto sui territori, approfittando della disperazione di milioni di persone e offrendo un vero e proprio welfare sostitutivo mafioso in assenza di risposte dello Stato per garantire la giustizia sociale: precondizione per sconfiggere le mafie.

Il cuore del problema sta nel modello di sviluppo neoliberista, ormai da anni insostenibile socialmente e ambientalmente. All’interno di questo modello e in presenza di una crisi ecologica che colpisce molto di più le fasce più impoverite della popolazione, è impossibile garantire lavoro di qualità e salute, giustizia sociale e giustizia ambientale. Continuare a sostenere la visione della crescita economica infinita liberista ci sta portando alla catastrofe. A questo si aggiunge la militarizzazione in atto nel Paese, in cui ingenti risorse della spesa pubblica sono state spostate sulle spese militari. Una militarizzazione che si estende ai conflitti sociali e contro le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici e delle loro rappresentanze sindacali.

Questo modello è responsabile dell’aumento della povertà, delle disuguaglianze, della precarietà lavorativa, dell’insicurezza sociale e sanitaria, del collasso climatico, delle pandemie e della crisi ecologica. La politica, purtroppo, non solo sembra non avere il coraggio di cambiarlo, ma a quanto pare ci continua a dimostrare ogni giorno di non avere nessuna intenzione di farlo. E se non cambia il modello di sviluppo le nostre prospettive saranno catastrofiche.

Stando così le cose, se non lottiamo per i nostri diritti non lo farò nessun altro per noi. Dobbiamo lavorare insieme per ridare alle nostre città e al nostro Paese una visione politica reale, contestualizzata, basata sulla realtà delle sofferenze e delle ingiustizie che incontriamo e viviamo ogni giorno sulla nostra pelle; una visione che sappia vedere anche a lungo termine, in grado di dare risposte, assumere la priorità della lotta per la giustizia sociale e ambientale, per far sì che quelle priorità siano poi trasformate in atti concreti dalla politica istituzionale.

Ci mobilitiamo perché siamo le vittime di questa crisi sistemica e strutturale che continueremo a pagare anche nei prossimi mesi con l’aumento dei prezzi e dell’inflazione.

Perché le disuguaglianze e l’esclusione sociale continuano a crescere da 15 anni ma i Governi continuano a tagliare il Fondo Nazionale Politiche Sociali e rimandano qualsiasi riforma del welfare, continuando a scaricare completamente il peso del lavoro di cura sulle donne; perché centinaia di migliaia di famiglie rischiano di finire sfrattate per strada mentre i grandi costruttori continuano a speculare sugli affitti; perché viviamo male nei nostri quartieri dove ci trattano da cittadini e cittadine di serie B, vengono cancellati servizi e il welfare sostitutivo mafioso diventa l’unica alternativa; perché non vogliamo che le ragazze e i ragazzi finiscano nelle mani dei clan che sfruttano a loro vantaggio l’assenza dello Stato in troppi luoghi del Paese; perché nonostante la pandemia e 160 mila morti niente è stato fatto per la medicina territoriale, la salute pubblica e la prevenzione mentre si continuano a privatizzare i servizi sanitari ed a investire troppo poco su ospedali e personale medico pubblico; perché vogliono distruggere l’unità della Repubblica attraverso la cosiddetta “autonomia differenziata”, realizzando il sogno della secessione dei ricchi, rendendo strutturali le disuguaglianze geografiche e il divario già esistente tra Nord e Sud; perché con il collasso climatico la nostra salute e la sicurezza sociale peggiorano, la siccità aumenta e si sciolgono i ghiacciai mentre il Governo con la scusa della guerra dirotta gli investimenti del PNRR (che erano per equità sociale e sostenibilità ambientale) su gas, carbone, armi e attività che favoriscono solo imprese private e non i cittadini e le cittadine; perché sul PNRR non è stata fatta nessuna co-programmazione e co-progettazione come prevedeva il codice del partenariato europeo e la sentenza 131 della Corte; perché la politica sta condannando il nostro Paese a maggiori disuguaglianze e a ulteriore debito pubblico, ancorando la nostra base produttiva a un modello di sviluppo insostenibile socialmente e ambientalmente che ci renderà tutti e tutte più poveri.

Non vediamo altro spazio per incidere, difendere e promuovere i nostri diritti, se non attraverso una mobilitazione costruita dal basso da soggetti sociali diversi, impegnati su obiettivi comuni contro il caro vita.

Vogliamo condividere con tutte e tutti proposte chiare e concrete su lavoro, casa, reddito, salario, servizi e politiche sociali, lotta alle mafie, riconversione ecologica, accoglienza e no all’autonomia differenziata (scarica le proposte). Proposte già condivise da centinaia di realtà della Rete dei Numeri Pari insieme ad altri soggetti, che continueremo a sottoporre al Governo, e che se fossero applicate sconfiggerebbero la “pandemia delle disuguaglianze”, rimettendo insieme il diritto al lavoro con il diritto alla salute, salvaguardando beni comuni, giustizia climatica e partecipazione.

Rivolgiamo quindi a tutte le realtà che condividono queste proposte l’appello a unirsi alla costruzione di questo percorso, costruendo assemblee territoriali contro il carovita il 5 dicembre.

 

Per sottoscrivere l'appello, unirsi alla costruzione di questo percorso e promuovere la giornata di mobilitazione del 5 dicembre scrivere a: info.nonpernoi@gmail.com

uploads/images/image_750x422_638a2892425fb.jpg

2022-12-03 11:39:39

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Alessio Di Florio

Vicedirettore WordNews.it - È nato ad Atessa (Chieti), nel 1984. Attivista e volontario di varie associazioni e movimenti culturali, ambientalisti, pacifisti e di lotta alle mafie. Collaboratore della redazione abruzzese di Pressenza e di TeleJato.it. Ha collaborato con Adista, Primadanoi, Terre di Frontiera, Unimondo, Libera Informazione, Popoff Quotidiano e SocialPress. Ha curato, per oltre dieci anni, il sito personale del giornalista e regista RAI Stefano Mencherini, dove è stata curata la diffusione e la pubblicizzazione del documentario d’inchiesta «Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento», con il quale è stata portata avanti la “Campagna di sensibilizzazione per l’informazione sociale”, in collaborazione con MeltingPot e Articolo21, e per la creazione di un Laboratorio permanente di inchiesta e documentari sociali in RAI, nata per rompere la censura televisiva del documentario d’inchiesta “Mare Nostrum”. Articoli su tematiche sociali e culturali sono stati pubblicati dal mensile Vasto Domani. Per contatti: redazione@wordnews.it

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