IPOCRISIA ITALIOTA

Brusca è un mafioso assassino. È responsabile di migliaia di omicidi. Ha condiviso il suo ruolo con un’altra bestia: Totò Riina. Ma una domanda è d’obbligo: servono o non servono i collaboratori di giustizia nel Paese impregnato da secoli dalle schifose mafie? È ancora necessaria la legge sui pentiti voluta da Falcone? Queste reazioni valgono solo per Brusca? E perché per tutti gli altri pentiti non si è scatenato questo “dibattito”? Per combattere le mafie, seriamente, non bastano le vuote parole. Non servono le opinioni. I fatti, per adesso, non sono ancora pervenuti.   

IPOCRISIA ITALIOTA
Lo scannacristiani di San Giuseppe Jato (ph Corriere della Sera)

Il porco (U verru) è stato scarcerato per fine pena. Giovanni Brusca (“Sono un animale, ho ucciso 150 persone, non so i nomi di tutti”), autore di efferati delitti, da poche ore è diventato un uomo “libero”. Grazie alla legge fortemente voluta da Giovanni Falcone. Ma non è questa certo una novità. Era risaputo da anni. La bestia assetata di sangue, lo scannacristiani di San Giuseppe Jato, figlio del boss Bernardo Brusca e fratello di Emanuele e Enzo (una famiglia di schifosi mafiosi), ha scontato 25 anni di carcere.

E da qualche ora è iniziata la giostra di parole. Pericolose e indirizzate non tanto a Brusca (che le merita tutte) ma alla legge sui collaboratori di giustizia voluta dal magistrato Falcone. La parola d’ordine è: «cambiare». Questa è la lotta alle mafie?

Servono ancora i collaboratori di giustizia?

Ribadiamo il concetto per evitare inutili polemiche. Brusca è un mafioso assassino. È responsabile di migliaia di omicidi. Ha condiviso il suo ruolo con un’altra bestia: Totò Riina. Ma una domanda è d’obbligo: servono o non servono i collaboratori di giustizia nel Paese impregnato da secoli dalle schifose mafie? È ancora necessaria la legge sui pentiti voluta da Falcone? Queste reazioni valgono solo per Brusca? E perché per tutti gli altri pentiti non si è scatenato questo “dibattito”?

La falsa reazione della politica

La reazione ipocrita della politica è sempre fuori luogo. Tutti a rincorrere i microfoni per rilasciare il proprio “spot”. Tutti, in poche ore, sono diventati esperti di mafia. Devono recuperare gli anni perduti, devono far finta di prendere le distanze dai voti presi dai mafiosi, dalle foto fatte con i mafiosi, dagli arresti per mafia degli iscritti dei loro partiti. Si continua a sparlare di mafie senza nemmeno conoscere il problema. Senza volerlo risolvere definitivamente. Ma perché ci si indigna sempre con i mafiosi, con gli assassini, con la manovalanza? Dove sono le parole indignate contro chi prende i voti dei mafiosi, contro chi fa affari con i mafiosi, contro chi riceve e offre favori ai mafiosi, contro chi ha pagato, durante i suoi incarichi istituzionali, Cosa nostra?

Quanti parlamentari, presidenti di regione, ministri, sottosegretari, segretari di partito, consiglieri regionali, provinciali e comunali sono stati accusati, arrestati, processati e condannati per concorso esterno in associazione mafiosa? Si è registrata tutta questa ipocrita indignazione?

 

 La fiera delle parole vuote

«L’autore della strage di Capaci, assassino fra gli altri del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell'acido perché figlio di un pentito. Dopo 25 anni di carcere, il boss mafioso Giovanni Brusca torna libero. Non è questa la 'giustizia' che gli Italiani si meritano» ha affermato il divin Salvini (Lega). Non poteva mancare in questa fiera delle parole vuote il commento della presidentessa di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: «È una notizia che lascia senza fiato e fa venire i brividi. L’idea che un personaggio del genere sia di nuovo in libertà è inaccettabile, è un affronto per le vittime, per i caduti contro la mafia e per tutti i servitori dello Stato che ogni giorno sono in prima linea contro la criminalità organizzata. 25 anni di carcere sono troppo pochi per quello che ha fatto. È una sconfitta per tutti, una vergogna per l'Italia intera.»

Ma questi statisti cosa hanno detto sulla Trattativa Stato Mafia? Sulle condanne inferte – in primo grado - a Leoluca Bagarella, Antonino Cinà, Marcello Dell’Utri, Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno e Massimo Ciancimino. Mafia, apparati dello Stato, politica, potere. Tutti insieme, nello stesso calderone. Staranno aspettando il secondo grado e la Cassazione per esprimere il loro “spot”?

Chi si è stracciato le vesti dopo la condanna (sette anni per concorso esterno) inferta al fondatore di un partito politico (Forza Italia), presente ancora in parlamento? Quali sono state le parole delle Meloni e dei Salvini d’Italia?

«La trattativa continuò – secondo il magistrato Nino Di Matteo – anche con il Governo Berlusconi. Dell’Utri, lo spiegano i giudici nella sentenza, rappresentò a Berlusconi le richieste di Cosa nostra. Dice quella sentenza che un Presidente del Consiglio, nello stesso momento in cui era Presidente del Consiglio, continuava a pagare, come già aveva fatto dagli anni ’70, cospicue somme di denaro a Cosa nostra».

Questo ex presidente del consiglio è stato ricevuto al Quirinale per le consultazioni. Ma nessuno ha detto nulla. Tutti muti. Questo ex presidente del consiglio (a proposito: dove ha preso i soldi per fondare l’Impero?) è stato (ed è) sponsorizzato come "candidato ideale" per diventare presidente della Repubblica. Questo è l'orrore più grande. Gli stessi sponsor, oggi, discorrono di mafie. Inutili e dannosi esperti del nulla.

Per combattere le mafie, seriamente, non bastano le vuote parole. Non servono le opinioni. I fatti, per adesso, non sono ancora pervenuti.   

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