Uno schiaffo da Isernia a don Milani: la scuola pubblica ancora «caccia» i giovani studenti
57 ANNI DOPO LETTERA A UNA PROFESSORESSA. Questa storia, o meglio, queste due storie (ragazzi esclusi dalla scuola pubblica) sono accadute a Isernia. In un Istituto scolastico superiore. La decisione è stata presa. Il collegio dei docenti ha deliberato attraverso una votazione. L’esito è agghiacciante: «Respinti». Buttati nella discarica sociale. Ma di cosa stiamo parlando? Ma, soprattutto, di chi stiamo parlando?
«Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che “respingete”. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate». Non siamo a Barbiana, ovviamente. Lettera a una professoressa, scritto dai ragazzi (esclusi dalla scuola pubblica), ha compiuto 57 anni. E gli schiaffi, don Lorenzo Milani, continua a prenderli anche da morto.
Questa storia, o meglio, queste due storie (ragazzi esclusi dalla scuola pubblica) sono accadute a Isernia. In un Istituto scolastico superiore. La decisione è stata presa. Il collegio dei docenti, poche ore fa, ha deliberato attraverso una votazione. L’esito è agghiacciante: «RESPINTI». Buttati nella discarica sociale. Ma di cosa stiamo parlando? Ma, soprattutto, di chi stiamo parlando? Due adolescenti, probabilmente, problematici che sono parte integrante di una società problematica. “Voi volete trattenere o respingere i fastidiosi, insopportabili e indisciplinati Tizio e Caio?”. Sembra di sentirla la folla urlante che sceglie rumorosamente: “Respingiamo”. Nel bisbiglio si percepisce: “Meglio stare tranquilli il nuovo anno”. E così è stato. Per i due ragazzi sarà molto difficile rimettere i piedi nella scuola pubblica. Il virgolettato, ovviamente, è di fantasia. La «cacciata» dalla scuola pubblica è una triste realtà. Ma quanto tempo ha impiegato il collegio per prendere queste due decisioni? Sarebbe stato interessante conoscere l’acceso e lungo dibattito tra i docenti.
Sandro e Gianni, da Lettera a una professoressa
«Sandro aveva 15 anni. Alto un metro e settanta, umiliato, adulto. I professori l’avevano giudicato per un cretino. Volevano che ripetesse la prima per la terza volta. Gianni aveva 14 anni. Svagato, allergico alla lettura. I professori l’avevano sentenziato un delinquente. E non avevano tutti i torti, ma non è un motivo per levarselo di torno. Erano ridotti a desiderare l’officina. Sono venuti da noi solo perché noi ignoriamo le vostre bocciature e mettiamo ogni ragazzo nella classe giusta per la sua età». Proprio grazie a questo estratto di Lettera a una professoressa ci “appropriamo” di questi due nomi.
I nostri nomi di fantasia per raccontare questa storia.
Sandro e Gianni hanno frequentato per due anni, perché bocciati, la prima classe di un Istituto scolastico ad Isernia. Sono stati etichettati come due cretini? Due delinquenti? Non sappiamo e nemmeno avanziamo ipotesi ma, è evidente, pochi sforzi sono stati fatti per recuperare questi due giovani. Cretini o delinquenti? Non è dato sapere. La decisione sembra essere senza appello: Sandro e Gianni sono fuori dalla scuola pubblica, grazie alla deliberazione del collegio dei docenti. “Ci sono le scuole private”. Tutti possono permettersi queste scuole? A chi giova questo scaricabarile?
Questo è il ruolo dei docenti? Questo è il ruolo della scuola pubblica?
Qualcuno potrà obiettare: “la legge lo consente”. Ma per recuperare un giovane (addirittura due) bisogna fare riferimento ad una fredda legge? Articolo 192, decreto legislativo 16 aprile 1994, numero 297: «Una stessa classe di istituto o scuola statale, pareggiata o legalmente riconosciuta può frequentarsi soltanto per due anni. In casi assolutamente eccezionali, il collegio dei docenti, sulla proposta del consiglio di classe, con la sola componente dei docenti, ove particolari gravi circostanze lo giustifichino, può consentire, con deliberazione motivata, l'iscrizione per un terzo anno». Freddissima e pericolosa. E la legge del cuore che fine ha fatto?
Ogni gesto porta ad una conseguenza. Ma sono state valutate? «Voi avete più in onore la grammatica che la Costituzione». Non è un caso il riferimento alla Carta Costituzionale. Si legge, infatti, nell’articolo 34: «La scuola è aperta a tutti». Il diritto allo studio deve valere per tutti. Per assicurare quel “tutti” bisogna fare certi lavori con passione. Il notaio da cattedra che attende lo stipendio alla fine del mese e il progettino retribuito durante l’anno servono a ben poco. Un andazzo devastante per il giovane studente. «L’abbiamo visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale da campo che cura i sani e respinge i malati. Diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile. E voi ve la sentite di fare questa parte nel mondo?». L’obbligo scolastico termina a sedici anni. Se non si continua scatta un obbligo formativo. Esistono diverse strade: percorso di alternanza tra scuola e formazione professionale, formazione professionale e percorsi alternativi organizzati dalla regione. Un’utopia lunga più di 20 anni. In Molise, come in molte regioni del Sud, non funziona. Ritorna il nostro interrogativo: che fine faranno questi due ragazzi? Qual è il ruolo della scuola pubblica?
La Scuola di don Lorenzo Milani
«La mia è una parrocchia di montagna. I ragazzi uscivano dalla quinta semi-analfabeti e andavano a lavorare. Timidi e disprezzati. Decisi allora che avrei speso la mia vita di parroco per la loro elevazione civile. La più gran parte del mio ministero consiste in una scuola. Dodici ore al giorno, 365 giorni l’anno». Il parroco toscano di Barbiana aveva capito tutto. I giovani ragazzi non possono essere abbandonati e scaricati nel fango sociale. Devono essere seguiti, recuperati. Non è un percorso facile ma è stato già realizzato. I ragazzi di don Milani, cacciati dalla scuola pubblica, perché ritenuti “cretini” e “svogliati”, hanno dimostrato – sulla loro pelle – che il metodo può essere applicato. La scuola pubblica ha il compito di recuperare i “malati”. Non solo di stare appresso ai “sani”. Sarebbe troppo semplice.
La scommessa di un Docente è quella di portare allo stesso livello i suoi ragazzi. Il suo ruolo è quello di curare gli ammalati. «Voi dite d’aver bocciato i cretini e gli svogliati… È più onesto dire che tutti i ragazzi nascono uguali e se in seguito non lo sono più è colpa nostra e dobbiamo rimediare». Gli “ultimi” di don Milani, scacciati dalla scuola pubblica, sono riusciti a ritagliarsi un ruolo importante in società. Grazie al metodo del Parroco toscano.
È possibile cambiare questa scuola «fatta su misura per i più ricchi dove spesso si insegna la lingua che più non si parla, la storia che non è vera o la materia che non serve»? I progetti (retribuiti), il programma-vangelo ministeriale, la burocrazia hanno preso il posto dei sentimenti? «Non vi potete più trincerare dietro la teoria razzista delle attitudini. Tutti i ragazzi sono adatti, e tutti sono adatti a tutte le materie…».
Così fan tutti…
Abbiamo raccolto qualche commento. «Succede in tutte le scuole d’Italia», «Ci potevano pensare prima», «Non è un problema nostro». Quanti luoghi comuni, quanta banalità dietro queste inutili e dannose parole di circostanza. «Ho imparato – scrivono i ragazzi di don Milani – che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia». Questa doppia esclusione dalla scuola pubblica riguarda, infatti, tutti noi. La scuola non è riuscita a fare la scuola. La società ha messo silenziosamente all’angolo due giovani ragazzi che, al contrario di molti adulti, sanno benissimo che «la scuola sarà sempre meglio della merda».
Un consiglio ai docenti, in generale. Leggetelo con passione questo libro. Fatelo insieme ai vostri Studenti. Lettera a una professoressa si trova facilmente e si può acquistare anche con la card ministeriale.
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