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Accanto a Giovanna Cucé e al giornalismo che apre squarci nel silenzio

by Alessio Di Florio
4 Gennaio 2023
in Mafie
Reading Time: 10 mins read
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«Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda» è la lezione che il giornalista argentino Horacio Verbitsky concretizzò già molti decenni. Nessuna democrazia, nessuna giustizia, nessuna libertà veri sono possibili senza un giornalismo con la schiena dritta.

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Quel giornalismo che Pippo Fava riassunse nel suo editoriale «Lo spirito di un giornale» del 1981 https://www.wordnews.it/pippo-fava-e-il-concetto-etico-del-giornalismo

La propaganda è comoda, al potere, alle trame, depistaggi, intrighi, zone grigie e nere abbondanti nella Storia d’Italia, e a chi la esercita.

L’antimafia, quel che dovrebbe essere il contrasto alle organizzazioni criminali di ogni livello, dovrebbe seguire le orme di Fava e Verbitsky e rigettare la mera propaganda.

Siamo a pochi giorni dalla fine del trentennale delle stragi di mafia del 1992 e di mesi e mesi di celebrazioni, retorica, passerelle, discorsi, di tutto e di più. Quanto senso etico e quanta propaganda è sotto gli occhi di chiunque vuol vedere. Quanto sia stato all’opera il paese degli «eroi» – paese sfortunato ammoniva Brecht – e degli «altarini» e quanto della ricerca della verità, della luce che squarcia ogni buio, ogni velo.

Gli eroi possono diventare comodi, altarini e santini dietro cui nascondersi. Si affida tutto a loro, li si vede lontani, irraggiungibili, irripetibili, unici, eroi appunto e poi nella quotidianità (e non solo in quella) ci si nasconde dietro la lamentela, il fatalismo, l’accomodarsi. Trasformare le mafie, la corruzione, il marcio di questo Paese sporco in un’entità metafisica – imbattibile e troppo grande da noi – che neanche grandi eroi son riusciti a sconfiggere ha una sola immediata conseguenza.

Fin troppo facile. E così, di calendario in calendario, di anno in anno, di celebrazione in celebrazione, che siano le stragi del 1992, di Ustica o altri grandi crimini – costellati da depistaggi, trame e assassinati successivi – nulla cambia e tutto rimane immutato ed impunito.

E la responsabilità è sempre altrove. La memoria di Rita Atria, o meglio quel che in molti casi con molta difficoltà e solo per convenzione linguistica possiamo definire memoria, non è sfuggita a queste trappole della comoda retorica e dell’assolvimento collettivo sugli altarini della retorica. Ma è Rita Atria stessa ad imporci di andare oltre, lo scrisse nel suo tema della maturità e ancora oggi sono parole che interrogano le coscienze e impongono di essere giornalisti e non propagandisti, di perseguire verità e giustizia con coraggio, tenacia, perseveranza, senza mai fermarsi alle comode verità tanto comode e ben lontane dalla verità vera.

La strada che l’Associazione Antimafie Rita Atria in questi decenni, nel nome di Rita ed impegnandosi in maniera libera ed indipendente, sta cercando di proseguire. Perseguendo strade impervie e scomode, impegnandosi in tante lotte in cui non ci si è fermati alle verità di comodo ma si è cercato di illuminare la scomoda, unica, vera, verità.

In occasione del trentennale la giornalista del TG1 Giovanna Cucé, la vicepresidente dell’Associazione Antimafie Rita Atria Nadia Furnari e la direttora della testata LeSiciliane Graziella Proto hanno pubblicato il libro «Io sono Rita. Rita Atria, la settima vittima di via D’Amelio».

Un libro che pone dubbi ed interrogativi su quei mesi e sulla morte di Rita Atria, che riscrive la storia ed impone di andare oltre, di percorrere le impervie strade della verità e della giustizia in maniera anche scomoda.

L’avvocato dell’Associazione Antimafie Rita Atria Goffredo D’Antona ha presentato un esposto alla Procura di Roma per chiedere la riapertura delle indagini, «oggi non riusciamo più a dirlo che si è suicidata, ci viene difficile» ha affermato Nadia Furnari in occasione della presentazione del libro a Palermo nel giugno scorso. Giovanna Cucé, nell’ambito di uno Speciale Tg1, ha realizzato il reportage “Rita Atria, la settima vittima”.

Quel reportage non è più disponibile su RaiPlay e la giornalista del TG1 è stata raggiunta da una serie di diffide e richieste risarcimento danni. Il lavoro giornalistico meticoloso e coraggioso, l’impegno per aprire squarci nei silenzi, non fermarsi mai ma andare oltre, cercare e scavare, scoprire e collegare fatti, atti, documenti, in Italia è sempre più a rischio.

Dà fastidio e rischia di essere cancellato. Sono alcuni degli allarmi democratici che l’Associazione Antimafie Rita Atria e la testata LeSiciliane, dopo aver ricostruito tutta la vicenda esprimendo solidarietà a Giovanna Cucé, lanciano nel comunicato che ripubblichiamo e rilanciamo con quest’articolo.

 

SOLIDARIETA’ ALLA GIORNALISTA DEL TG1 GIOVANNA CUCE’

«Senza scappare, senza tradire, senza corruzioni, o sottomissioni a testa alta, orgogliosamente», scriveva Giuseppe Fava, prima di essere ucciso il 5 gennaio 1984 le sue inchieste con la rivista I Siciliani erano improntate ad «un concetto etico del giornalismo […] la forza essenziale di una società democratica e libera, quale dovrebbe essere quella italiana», denunciando la patologia e le collusioni politiche del potere economico-mafioso.

Oggi, a quasi quarant’anni dalla scomparsa del giornalista catanese, l’Associazione Antimafie “Rita Atria” e la testata LeSiciliane si schierano dalla parte della giornalista del TG1 Giovanna Cucé, autrice del reportage “Rita Atria, la settima vittima”, trasmesso nell’ambito di uno Speciale Tg1 e poi disponibile su RaiPlay, fino a quando non è stato “oscurato” in via cautelativa a seguito di alcune diffide e richieste di risarcimento danni, avanzate per aver mostrato delle immagini risalenti al 1991/92.

Tali frammenti, riprodotti con tutte le cautele, si inserivano in una narrazione funzionale a ricostruire il complesso contesto mafioso partannese dell’epoca, riguardo al quale sussiste un interesse pubblico, concreto e attuale in consonanza con quanto denunciato anche nel libro-inchiesta Io Sono Rita. Rita Atria: la settimana vittima di Via D’Amelio, di cui è autrice la stessa Giovanna Cucè, insieme a Nadia Furnari, Vice Presidente dell’Associazione Antimafie “Rita Atria”, e Graziella Proto, Direttora de LeSiciliane ed esponente del giornalismo etico e antimafioso dai tempi e ne I Siciliani di Pippo Fava.

Nel libro-inchiesta si fa emergere, anche con documenti inediti, quello che in trent’anni non è mai stato cercato, chiesto, investigato e scritto sulla storia scomoda della giovane testimone di giustizia Rita Atria, che a 17 anni si è ribellata al potere politico-mafioso, raccontando tutto ciò di cui era a conoscenza e fornendo un contributo rilevante al lavoro del giudice Paolo Borsellino.

Rita Atria, che fu abbandonata dalle Istituzioni che avrebbero dovuto prendersi cura di lei, lasciandola, invece, in balia di un vuoto che colpevolmente avvolge la fine di questa giovanissima donna ribelle, indirettamente la settima vittima del massacro di Via D'Amelio.

Come nel libro, anche nel reportage si ripercorrono i passaggi e gli sviluppi dell’organizzazione mafiosa funzionali ad aprire un varco nella “nebbia” che poi ha portato alla morte di Rita Atria, si scava e si ricostruiscono nel dettaglio gli elementi contraddittori, le incongruenze, le tracce mancanti, i riscontri mancati, sostanzialmente i tanti interrogativi senza risposta che ancora restano dopo la sua morte.

Entrambi i lavori sono ispirati alla ricerca della verità e a rendere giustizia a Rita Atria, e sono confluiti nella richiesta di riapertura delle indagini, avanzata dalla stessa Associazione Antimafie “Rita Atria”.

In tale ottica, il reportage di Giovanna Cucè, serio e meticoloso, nella puntuale narrazione delle vicende dell’epoca, mostra attraverso le immagini un contesto mafioso complesso, con personaggi di spicco, come Matteo Messina Denaro, e le varie connessioni politiche di quegli anni, devastati dalle stragi.

Un lavoro che, senza se e senza ma, non vuole far cadere nell’oblio la storia del coraggio ribelle di Rita, una storia che merita di essere raccontata, scandagliando il passato per comprendere il presente, una storia che rischia, invece, di essere “oscurata” da cause civili che possono affossare questo diritto a fare luce e quindi ad avere giustizia.

L’Associazione Antimafie “Rita Atria” e la rivista LeSiciliane sono al fianco di Giovanna Cucé e di tutti quei giornalisti che ogni giorno aprono uno squarcio nel silenzio colpevole di molti, al fianco di tutti coloro che esercitano il mestiere di informare in modo coraggioso per amore di verità.

Chiediamo, inoltre, alla RAI di rispondere a questi attacchi ripubblicando su RaiPlay il documentario e di riprogrammare una replica dello stesso con tutte le cautele del caso non solo perché si tratta di un reportage di rara professionalità e soprattutto uno strumento con un elevato contenuto didattico, ma anche perché dovrebbe essere un dovere, per una televisione pubblica, non fare cadere la vicenda della giovane Rita Atria nel pozzo dell’oblio.

Manifestiamo altresì la nostra preoccupazione per un rischio ancor più ampio, quello di disperdere tutto il lavoro per recuperare documenti, frammenti, testimonianze, per non far “sbiadire” tante altre storie, spesso ancora senza giustizia.

Storie che, rimettendo pazientemente insieme i pezzi del passato e inserendoli in un quadro coerente, ci disvelano i meccanismi sottesi ai fenomeni del nostro presente, per non far morire nuovamente tutti coloro che hanno avuto il coraggio di denunciare, per non farli annegare, scomparire ancora, e noi insieme a loro, nella distruzione della memoria.

Associazione Antimafie Rita Atria

LeSiciliane

 

 

I NOSTRI PRECEDENTI ARTICOLI

Rita Atria: «oggi non riusciamo più a dirlo che si è suicidata, ci viene difficile»

https://www.wordnews.it/rita-atria-oggi-non-riusciamo-piu-a-dirlo-che-si-e-suicidata-ci-viene-difficile

Io Sono Rita: presentazione ufficiale a Palermo

Il libro con «documenti inediti, interviste importanti, dichiarazioni dei familiari di Rita, pagine di diario e tanto altro» e «che crea nuovi scenari intorno al suicidio di Rita Atria» anticipa l'editore Rosario Esposito La Rossa. Associazione Antimafie Rita Atria: «è il libro-inchiesta che ricostruisce la sua storia scomoda, tutto quello che, in trent’anni, non è mai stato cercato, chiesto, investigato, scritto. Rita Atria, la ragazzina colpevolmente abbandonata dalle Istituzioni che avrebbero dovuto prendersi cura di lei anche perché sotto tutela».

https://www.wordnews.it/io-sono-rita-l11-giugno-presentazione-ufficiale-a-palermo

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Alessio Di Florio

Vicedirettore WordNews.it - È nato ad Atessa (Chieti), nel 1984. Attivista e volontario di varie associazioni e movimenti culturali, ambientalisti, pacifisti e di lotta alle mafie. Collaboratore della redazione abruzzese di Pressenza e di TeleJato.it. Ha collaborato con Adista, Primadanoi, Terre di Frontiera, Unimondo, Libera Informazione, Popoff Quotidiano e SocialPress. Ha curato, per oltre dieci anni, il sito personale del giornalista e regista RAI Stefano Mencherini, dove è stata curata la diffusione e la pubblicizzazione del documentario d’inchiesta «Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento», con il quale è stata portata avanti la “Campagna di sensibilizzazione per l’informazione sociale”, in collaborazione con MeltingPot e Articolo21, e per la creazione di un Laboratorio permanente di inchiesta e documentari sociali in RAI, nata per rompere la censura televisiva del documentario d’inchiesta “Mare Nostrum”. Articoli su tematiche sociali e culturali sono stati pubblicati dal mensile Vasto Domani. Per contatti: redazione@wordnews.it

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