Bisogna apparire onesti

L’EQUIVOCO VOLUTO. Non servono a nulla le parole per le commemorazioni. Servono i fatti. Anche la politica deve fare la sua parte. Oggi i peggiori figuri si sono impossessati della res pubblica. Nel totale silenzio generale. «Il peggiore analfabeta è l’analfabeta politico» diceva il poeta Brecht. Bisogna ritornare a fare politica per eliminare questi signorotti distruttivi, mafiosi e disonesti.

Bisogna apparire onesti

«L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto.
E NO!

Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso.
Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica.
Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto.
Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati.»

 

Queste parole sono state pronunciate dal magistrato siciliano Paolo Borsellino. Ucciso in via d’Amelio il 19 luglio del 1992, insieme agli uomini della sua scorta (Agostino Catalano, Emanuela Loi - prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio -, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina).

Sono passati 29 anni dalla mattanza realizzata da Cosa nostra e voluta da “menti superiori e raffinatissime” che occupano i piani alti delle Istituzioni malate di questo Paese.

Cosa è cambiato in questi anni? La situazione è migliorata? La politica ha fatto il proprio dovere? E tutti noi cosa abbiamo fatto?

 

Ci continuiamo ad indignare nei giorni dedicati alle vittime. Ed è giusto che sia così. Ma il giorno dopo? E i giorni a seguire? Le ricordiamo le parole del magistrato ucciso anche da pezzi dello Stato?

Continuiamo a dire, come automi: «Eh, la politica… fa schifo», «Non vado più a votare», «Fanno tutti pena», «Sono tutti uguali». Parole vuote, parole senza senso. Utili solo a chi indegnamente continua a farsi eleggere.

 

Ma perché la politica fa schifo? Perché fanno tutti pena? Perché sono tutti uguali?

Questo è il modo per affrontare «la questione politica» in questo Paese malandato e orribilmente sporco?

O serve andare a votare e, nelle cabine elettorali, scegliere i migliori?

Perché abbiamo questi rappresentati istituzionali squallidi, a tutti i livelli?

Per una questione molto semplice. Perché tutti costoro rappresentano i propri elettori.

Se gli elettori sono onesti ci saranno rappresentanti onesti.

Se gli elettori sono disonesti ci saranno rappresentati disonesti.

Indignatevi prima delle elezioni. Indignatevi con la matita in mano. È troppo semplice criticare, dopo. Bisogna agire, prima. Bisogna partecipare alla vita pubblica, bisogna fare il proprio dovere nel quotidiano. Costi quel che costi.

 

Il problema, a volte, è che non ci si indigna nemmeno dopo. Le Istituzioni sono state occupate da inetti e pericolosi soggetti, legati anche alle organizzazioni malavitose. Soggetti che hanno fatto affari con le mafie. E non solo.

Ed oggi? Non è cambiato molto. Gli stessi personaggi continuano a rappresentarle. Nel silenzio generale.

C’è chi ha costituito la sua fortuna personale politica e professionale. Facendo nascere anche partiti, ancora presenti in Parlamento.

E dopo 29 anni? Sono ancora presenti. E vengono pure votati.

C’è chi in passato è stato condannato in maniera definitiva, sempre per questi legami schifosi, ed oggi rappresenta le Istituzioni nazionali e regionali. Nel silenzio generale.

 

Siamo, addirittura, costretti a leggere false parole di circostanza nei comunicati stampa inviati nelle giornate del ricordo da parte di chi nemmeno potrebbe utilizzarle certe frasi. E i giornali offrono adeguato spazio a questi farabutti da quattro soldi.

 

Bisogna essere punciuti per essere definiti mafiosi o basta “semplicemente” avere una mentalità mafiosa (molto diffusa, a tutti i livelli)?

Quando un parlamentare, dell’attuale legislatura, si affida volutamente a un portaborse intraneo a Cosa nostra siamo di fronte a una persona inetta (oggi indagata, con il suo amichetto condannato in primo grado) o pericolosa per le Istituzioni? Quando la stessa indegna parlamentare condivide un modo di fare che avvantaggia l’organizzazione criminale come possiamo catalogare questa condotta? E gli stolti che la definiscono inesperta? E gli imbecilli che la invitano come ospite illustre nelle loro inutili riunioni?

 

Così si fa memoria? Basta una fiaccolata di circostanza o una nave della legalità per ricordare chi è morto per la nostra libertà? Basta un post o un selfie pubblicato sui social per sciacquettarsi la coscienza?

No, non basta. Non può bastare!

È solo una delle tante comodità di questa società liquida e consumistica. Dove tutto diventa omologato e dove si pensa solo ad apparire. Indegnamente!

 

Per commemorare, per rispettare queste persone, i martiri Giovanni e i Paolo (ma non solo), serve spazzare via un passato e un presente vergognoso. E ripartire dalle persone perbene. “Il nodo è politico”. Avviciniamoci alla politica, occupiamoci di politica (anche se già la facciamo nel nostro quotidiano), interessiamoci ai problemi di tutti (e non soltanto al nostro piccolo orticello).

Mettiamoci la faccia.

 

Questo è l’unico modo per avere rappresentanti degni per le nostre Istituzioni, nate dal sangue dei martiri della Resistenza.      

Questo è l’unico modo per ricordare i tanti Giovanni e Paolo. I Santi laici della nostra Repubblica.

 

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