E i funerali di Stato?

Magari si possono celebrare oggi insieme a quelli di “Re Giorgio”. In ogni caso, condoglianze allo Stato.

E i funerali di Stato?

Come ormai tutti sappiamo è morto Matteo Messina Denaro.

Iniziamo conoscendo meglio questa figura: figlio di Don Ciccio Messina Denaro, ex capo mafia di Castelvetrano, cresce nelle gambe di Salvatore Riina.

Un figlio perfetto con il nobile sangue mafioso. Da figlio e figlioccio perfetto non si smentisce. Killer perfetto, decine e decine di persone ammazzate. Partecipa come testa e corpo alle stragi di Capaci e via d'Amelio.

Sarà lui a suggerire (grazie alla sua cultura? non credo) di colpire il patrimonio artistico ed attaccare lo Stato in questo modo: infatti verrà condannato come mandante delle stragi “in continente” del 1993 e di quelle fallite nel 1994.

Di lui, ad un certo punto, si perdono le tracce (così almeno vogliono far crederci) e diventa invisibile. Passa la stagione degli arresti eccellenti: Riina, Bagarella, i fratelli Brusca, Vitale, Farinella. Da qui arriva l'era Provenziana e la sommersione della mafia. Fa affari, detta legge, elegge i suoi politici e Messina Denaro? Nessuna traccia. Però, nel frattempo, accumula un patrimonio stimato a circa 7 miliardi di euro, almeno questi sono i conteggi di quelli che sono alla luce del sole.

Una volta arrestato Provenzano e i Lo Piccolo dovrebbe essere l'erede alla guida di questa “cosa nostra” ma lui la fa diventare “cosa sua”, infatti

“non pensa più al bene di tutti”, afferma così Totò Riina intercettato in carcere nell'ora d'aria; “si mette appresso alla luce e monta solo pali”, il riferimento è chiaro all'eolico, un business fiorente per Messina Denaro.

Ma come si arriva al mito Messina Denaro?

Potrebbero essere tanti gli esempi: lo scambio di lettere con Svetonio, alias Antonio Vaccarino, dove si firma “Alessio” tranne nell'ultima dove invia un messaggio chiaro a nome suo; o forse nella partita Palermo-Sampdoria, dove è negli spalti tra circa 34.000 persone e non di certo per tifare Palermo?

Ma, il suo essere mito viene confermato, il 16 gennaio di quest'anno:

il suo arresto (siamo sicuri che si parla di arresto). “L'ho detto, Matteo Messina Denaro” dice così, con l'aria svogliata, a quei carabinieri dei Ros che lo accompagneranno poi al van nero senza manette e con la pistola vicino alla sua mano.

Addirittura da qui nasce la moda di vestirsi come a lui nel giorno del suo arresto, bella cultura la nostra.
Poi arriva il grande giornalismo mainstream all'italiana, o italico decidete voi: i soldi, l'orologio, i preservativi, le donne; praticamente tutto ciò che ci serve a capire cosa è successo negli anni più bui della nostra Repubblica.

O, peggio ancora, dar risalto al “è stato arrestato nella nostra legislatura! siamo i migliori!”, come se è un vanto scoprire che abitava vicino casa nostra, sotto gli occhi di tutti; o è un vanto l'aver previsto, come un veggente, il suo arresto dal “mister gelataio di Omegna”, quel Salvatore Baiardo che è ancora a piede libero e fondatore di un nuovo partito politico.

Poi si conferma ciò che è nel suo interrogatorio:

“mi avete preso grazie alla malattia” o “conosco cosa nostra dai giornali... non collaborerò mai”.

La figlia, addirittura, che non l'ha mai voluto vedere e conoscere adesso si prende il suo cognome (non sarà mica un testamento?).

Poi arriva il 25 settembre, è morto. Quasi quasi nessuno se l'aspettava tanto che la prima notizia falsa, da un noto giornale nazionale, è uscita due giorni prima insieme alla morte di “Re Giorgio”, coincidenze?

Poi arrivano le più diverse e disperate dichiarazioni su televisione e social: qualche ignorante afferma “che peccato, era un brav'uomo”; invece, qualche cittadino di Castelvetrano che finalmente si sente libero, dice che con questa morte “ci leviamo un grosso macigno da dosso, poteva succedere 60 anni fa”.

Poi arrivano i commenti da alcuni professionisti dell'antimafia: un noto giudice che non vede le manganellate del 23 maggio dal palco in via Notarbartolo, scrive sui social:

“Con la morte di Matteo Messina Denaro finisce una vita piena di violenza, trame, misteri. Finisce anche un'era di Cosa nostra, ma non Cosa nostra”

e poi finisce con la ramanzina sul fatto che dobbiamo sapere di più sulle stragi, come se con la sua morte finiscono le violenze, le trame e i misteri; come se non sia passata pure nelle sue mani l'agenda rossa di Paolo Borsellino; come se non sia stato latitante per ben 30 anni e che questi anni li abbia fatti in latitanza grazie alla famiglia o all'amico e non grazie alle istituzioni che lui stesso difende.

Sonia Alfano scrive:

“Certo che la vita è davvero “strana” in Italia: i boss mafiosi finché erano latitanti godevano di una splendida salute, di sana e robusta costituzione! Appena hanno varcato la soglia delle patrie galere, sono piombati gli acciacchi, le malattie e praticamente sono morti nell'arco di brevissimo tempo. Sostanzialmente, le carceri italiane per alcuni mafiosi sono state più efficaci della pena di morte negli Usa. Per chi non capisse il tono ironico, specifico che avrei auspicato un regime detentivo seriamente restrittivo, al punto di indurre alla collaborazione. E vi ricordo che con Provenzano ci eravamo andati molto vicini, poi è “caduto” dal letto, ha cominciato a stare male, ed è morto... Provenzano, Riina, Messina Denaro, chi sarà il prossimo?”

Forse non ci sono parole più azzeccate in questa giornata.

Adesso che succederà? Chi gli succederà? Ci saranno morti per prendere il suo posto o, come già successo, si saranno divisi già i ruoli da quando è stato annunciato il suo arresto?

Se nessuno sa rispondere a queste domande, il tempo ci darà le dovute risposte.

 

 

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