«Questa Sanità ha fallito. Stanno facendo il gioco delle tre carte»

LA RISPOSTA ALLO «SCEMPIO» e le TESTIMONIANZE. «Inizieremo in settimana una azione di accesso agli atti – ha spiegato l’avvocato Iacovino -, che la legge prevede, per verificare se trasparenza c’è stata nella gestione della pandemia da parte dell’Asrem e da parte dei presidi ospedalieri. Verificheremo legittimamente, perché abbiamo uno strumento operativo di soggetti che sono portatori di interessi e di diritti soggettivi.»

«Questa Sanità ha fallito. Stanno facendo il gioco delle tre carte»
Foto di Foundry Co da Pixabay

MOLISE. Si è costituito il neo Comitato «Dignità e Verità per le vittime del Covid». L’incontro, sulla piattaforma Zoom di qualche ora fa, ha tracciato una netta linea di confine. I molisani, come abbiamo già scritto, hanno deciso di alzare la testa. È finito il tempo di subire le decisioni di pochi, oltretutto incapaci e dannosi. La risposta dei partecipanti è stata comune e ferma. Risponderanno a tono, per rigettare al mittente (la classe dirigente di una Regione incapace di scegliere il meglio, compreso l’attuale sGovernatore con quel perenne sorriso stampato sulla faccia) le inutili "risposte". Ai guasti, ai danni, alle scelleratezze il Comitato risponderà con l’informazione, la controinformazione (un termine antico, ma ancora attuale e necessario), la chiarezza, la verità e la documentazione.

 

Questo, in sintesi, è l’impegno annunciato dal Comitato, supportato da altri Comitati (come il Forum per la difesa della Sanità Pubblica) e da cittadini stanchi e pure un po’ incazzati. Ma, soprattutto, dai familiari delle vittime .

Andiamo con ordine. Cosa è successo durante l’incontro? Di cosa hanno discusso le persone collegate? Partiamo dal fulcro. Perché questo Comitato? «Una iniziativa che non ha alcun valore politico, ma prettamente sociale, di tutela» ha puntualizzato l’avvocato Vincenzo Iacovino che, con il suo studio legale (e, quindi, con i suoi colleghi), si è messo a disposizione per dare voce a chi voce non ne ha. Soprattutto in questo periodo di caos totale. Ovviamente, voluto. «Siamo sempre stati molto vigili nel prestare il fianco alla tutela dei diritti di carattere sociale.»

 

«Siamo molto determinati», ha affermato il presidente Francesco Mancini, già autore di un dettagliato comunicato stampa che WordNews ha pubblicato integralmente. «Cercheremo di portare avanti le nostre idee. Lo faremo con tutte le nostre forze. Vogliamo raggiungere la verità e ridare la dignità ai nostri cari che sono mancati».

 

 

Le finalità del Comitato

«Inizieremo in settimana una azione di accesso agli atti – ha spiegato l’avvocato Iacovino (nella foto in alto) -, che la legge prevede, per verificare se trasparenza c’è stata nella gestione della pandemia da parte dell’Asrem e da parte dei presidi ospedalieri. Verificheremo legittimamente, perché abbiamo uno strumento operativo di soggetti che sono portatori di interessi e di diritti soggettivi.»

«Dobbiamo dare dignità a chi l’ha persa. Ci sono state delle morti di stenti, addirittura, gente morta che non ha potuto bere l’ultimo sorso di acqua chiesto con veemenza e con disperazione. In questa Regione sono stati evitati dei ricoveri e non sappiamo, tecnicamente, il motivo. Sappiamo che molti non hanno potuto avere accesso al reparto di terapia intensiva e hanno stazionato in malattie infettive. Tanto è vero che c’era un numero esorbitante di pazienti in questo reparto, rispetto ai medici disponibili, che ha portato alla carenza di assistenza, sia medica che infermieristica. Chi aveva il disagio materiale della positività non è stato curato come è suo diritto in un Ospedale pubblico. Abbiamo il fondato dubbio che questa Regione non abbia mandato i dati, quelli veri, al Ministero secondo quanto stabilito dal Decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 4 novembre, che richiama la sua circolare del ministero del 30 aprile dove si stabiliscono i famosi parametri epidemiologici per far sì che una Regione possa assumere il famoso colore ai fini dell’importanza e dell’incidenza di questo virus.»

 

«La sporca politica»

Il Comitato, attraverso, lo studio legale Iacovino, ha dichiarato guerra ai responsabili dello “scempio”. «È evidente che se c’è qualcuno che ha fatto sporca politica su questi dati deve sapere che ha fatto sporca politica su delle vittime che oggi sono l’unica cosa certa. L’unico numero certo che noi, oggi, abbiamo sono il numero dei morti. E il numero dei morti ci dicono che questa Sanità ha fallito. Tanto è vero che il presidente della Giunta regionale ha emesso inopportunamente, con carenza di legittimazione, una Ordinanza nei confronti del Commissario ad acta intimandolo di contrattualizzare le prestazioni ospedaliere per pazienti Covid “per garantire l’operatività della completa attuazione del piano approvato il 14 luglio 2020”. Ma tutto questo cosa significa? «Stanno, semplicemente, facendo il gioco delle tre carte.»

 

 

Il piano Covid a Larino

«C’è stato un atto di politica omissiva – ha continuato Iacovino - nel non far passare il piano Covid a Larino, che avrebbe potuto dare una opportunità di lavoro, di ricerca e, soprattutto, di cura e di riabilitazione. Purtroppo l’ignoranza di questi nostri politici ha fatto sì che questo progetto naufragasse in modo vergognoso, la cui responsabilità è ben chiara e precisa.». Dopo cosa è successo? «Il presidente, preso atto del suo clamoroso fallimento fa un’Ordinanza intimando ciò che avrebbero dovuto fare in otto mesi e non sono riusciti, vergognosamente, a fare. Addirittura intimando le prestazioni ospedaliere.»

Su questo punto è intervenuto il Tar. «Il presidente ha subìto una sentenza del Tar che ha detto che la competenza è esclusiva del Commissario. Un evidente abuso che verrà portato all’attenzione delle competenti autorità. Ha fatto un atto eclatante, illegittimo, fuorviante, con abuso di potere ma, soprattutto, abnorme. Nella consapevolezza che il Tar pochi giorni prima lo ha bastonato. Una ingerenza indebita. Da oggi cominceremo a chiedere conto a questi signori.»  

 

La battaglia è contro i gestori della cosa pubblica. «Non vogliamo mettere in croce i medici che, sappiamo, sono gli unici che possono garantire l'assistenza, quella vera, ai malati. Qui il problema gestionale è un problema vecchio, che non è stato risolto , neppure in un momento in cui questa emergenza ci consentiva, e questa è la gravità, di fare delle assunzioni, di fare degli acquisti, di mettere in piedi un centro Covid. Già dal mese di marzo.»

 

L'atto di diffida.

«Ho fatto un atto di diffida già dal mese di marzo, dove richiedevo l'istituzione di un centro Covid e, oggi, sono gravemente inadempienti. Mi vergognerei, al posto loro, di andare in televisione a dare numeri. C'è una grande responsabilità di questa gestione per tutte queste vittime che noi, oggi, giornalmente contiamo. Per tutti questi ricoveri che giornalmente contiamo. La nostra Regione poteva essere un fiore all'occhiello, mai come in questo momento è stata lapidata, ancora una volta, da parte di scelte scellerate che non hanno dimostrato nulla. Noi staremo al fianco per ogni aspetto che riguarda l'omessa cura.»

 

 

Le testimonianze

Rocco L.: «Ho tenuto i contatti con mio padre per una settimana. Il giorno 9 mi è stato comunicato il suo decesso. In quei giorni comunicavano costantemente con telefonate e videotelefonate, in cui mi rendevo conto lo stato del suo disagio, abbandono. Lui chiedeva aiuto. In una registrazione ci diceva chiaramente di denunciare.

Una sua chiara richiesta, la sua ultima volontà – indirizzata a me e ai miei fratelli – di procedere, di far conoscere queste cose che stavano succedendo. Ecco perché noi vogliamo far conoscere quello che è successo all’interno dell’Ospedale. Ma si potevano evitare queste cose? Le potremmo evitare per il futuro? In quali condizioni si trovano gli Ospedali in questo momento? Esiste ancora una condizione di paura? I medici e gli infermieri hanno ancora paura di avvicinarsi ai pazienti, dare quella minima assistenza, non solo medica, ma anche personale. Un bicchiere d’acqua, una parola di conforto. Dare le notizie mediche al paziente. “Ma è così che devo morire?” diceva mio padre. “Così devo morire, in questo modo?”. Non capiamo come si possa andare in un ospedale, con tutta l’emergenza, e vedersi negare quelli che sono i bisogni primari. Come una pronta pulizia, un bicchiere d’acqua. Perché si deve arrivare a questo?

Vogliamo avere delle risposte alle nostre domande. Ho visto mio padre chiedere per ore un bicchiere d’acqua, ho visto l’infermiera che posava la bottiglia sul comodino e scappava. E quando abbiamo chiesto “perché date questa bottiglia che nemmeno può mettersela vicino alla bocca perché ha una mascherina che non si può togliere”. I medici ci hanno parlato di tempi contingentati. Ma quali sono questi tempi contingentati? È possibile che all’interno di un reparto ci deve essere un infermiere che deve essere chiamato, tra l’altro con un numero di telefono? Come si fa a comunicare così con gli infermieri? L’ultima cosa che mi ha scritto mio padre, prima di morire, è Rocco acvv, non riusciva nemmeno più a scrivere. Quando abbiamo recuperato il cellulare abbiamo visto che ha tentato di chiamare, è riuscito a fare solo il prefisso, dell’infermeria.

Voleva bere, nemmeno in punto di morte gli hanno dato un bicchiere d’acqua. Alle 7:30 della mattina ci hanno chiamati e hanno comunicato il suo decesso.»

 

Benedetto L.: «Sono stato ricoverato a Latina, dopo che mi hanno trovato positivo a Formia, perché avevo problemi respiratori. A Formia mi hanno fatto il tampone e poi la Tac. Non me la sono passata bene, ho aspettato otto ore in ambulanza. Sono stato portato a Latina perché non c’era posto all’interno del Pronto Soccorso. Non mi sono meravigliato delle immagini, che vidi il giorno dopo, del Cardarelli di Napoli, perché era la stessa condizione all’interno di quel Pronto Soccorso.

Stavamo uno affianco all’altro, io sono rimasto per sei giorni all’interno di quegli ambienti. C’erano persone spogliate, che rimanevano all’interno delle loro feci. Tutta la mia degenza è durata 24 giorni. A Latina non c’era personale che immediatamente entrava all’interno della camera. Se un ago si spezzava e usciva sangue, è capitato a un vecchietto, nessuna veniva. Ho chiamato, sono andato a bussare alla porta, ma nessuno rispondeva. Sono stato per dieci minuti a bussare. Un rilassamento totale con una persona che ansimava. E dopo che sono entrati ci hanno fatto pure una partaccia. Sono intervenuti con calma, hanno mantenuto i loro ritmi. Se una persona stava con il pannolino aspettavano anche otto ore prima di cambiarlo.»

 

                        

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