Lea Garofalo. Il Coraggio di dire NO
TESTIMONE DI GIUSTIZIA. Viviamo in un Paese strano... succede sempre tutto dopo. Le persone si tutelano in vita, non si aspetta la morte per ricordare. Nulla è stato fatto per salvare Lea dalla Schifosa 'ndrangheta. Anzi, è stata ritenuta 'poco credibile', una 'pentita', una 'tossica'. Questi i termini utilizzati da chi doveva proteggerla.
LEA è stata lasciata sola, è stata abbandonata dallo Stato e dalle Istituzioni (e dalle Associazioni) di questo Paese. Nessuno ha mosso un dito, prima. Nonostante la drammatica lettera dell'aprile 2009, indirizzata al presidente della Repubblica Napolitano e agli organi di informazione.
«Ho bisogno di aiuto, qualcuno ci aiuti»
Signor Presidente della Repubblica, chi le scrive è una giovane madre, disperata allo stremo delle sue forze, psichiche e mentali in quanto quotidianamente torturata da anni dall’assoluta mancanza di adeguata tutela da parte di taluni liberi professionisti, quali il mio attuale legale che si dice disponibile a tutelarmi e di fatto non risponde neanche alle mie telefonate.
Siamo da circa sette anni in un programma di protezione provvisorio. In casi normali la provvisorietà dura all’incirca un anno, in questo caso si è oltrepassato ogni tempo e, permettetemi, ogni limite, in quanto quotidianamente vengono violati i nostri diritti fondamentali sanciti dalle leggi europee. Il legale assegnatomi dopo avermi fatto figurare come collaboratrice, termine senza che mai e dico mai ho commesso alcun reato in vita mia.
Sono una donna che si è sempre presa la responsabilità e che da tempo ha deciso di rompere ogni tipo di legame con la propria famiglia e con il convivente. Cercando di riniziare una vita all’insegna della legalità e della giustizia con mia figlia. Dopo numerose minacce psichiche, verbali e mentali di denunciare tutti. Vengo ascoltata da un magistrato dopo un mese delle mie dichiarazioni in presenza di un maresciallo e di un legale assegnatomi, mi dissero che bisognava aspettare di trovare un magistrato che non fosse corrotto dopo oltre un mese passato scappando di città in città per ovvie paure e con una figlia piccola, i carabinieri ci condussero alla procura della Repubblica di C. e lì fui sentita in presenza di un avvocato assegnatomi dalla stessa procura. Questi mi comunicarono di figurare come collaboratore, premetto di non aver nessuna conoscenza giuridica, pertanto il termine di collaboratore per una persona ignorante, era corretto in quanto stavo collaborando al fine di arrestare dei criminali mafiosi.
Dopo circa tre anni il mio caso passa ad un altro magistrato e da lui appresi di essere stata mal tutelata dal mio legale.
Oggi mi ritrovo, assieme a mia figlia, isolata da tutto e da tutti, ho perso tutto, la mia famiglia, ho perso il mio lavoro (anche se precario) ho perso la casa, ho perso i miei innumerevoli amici, ho perso ogni aspettativa di futuro, ma questo lo avevo messo in conto, sapevo a cosa andavo incontro facendo una scelta simile. Quello che non avevo messo in conto e che assolutamente immaginavo, e non solo perché sono una povera ignorante con a malapena un attestato di licenza media inferiore, ma perché pensavo sinceramente che denunciare fosse l’unico modo per porre fine agli innumerevoli soprusi e probabilmente a far tornare sui propri passi qualche povero disgraziato.
Sinceramente, non so neanche da dove mi viene questo spirito, o forse sì, visti i tristi precedenti di cause perse ingiustamente da parte dei miei familiari onestissimi! Gente che si è venduta pure la casa dove abitava per pagare gli avvocati e soprattutto, per perseguire un’idea di giustizia che non c’è mai stata, anzi tutt’altro! Oggi e dopo tutti i precedenti, mi chiedo ancora come ho potuto anche solo pensare che in Italia possa realmente esistere qualcosa di simile alla giustizia, soprattutto dopo precedenti disastrosi come quelli vissuti in prima persona dai miei familiari. Eppure sarà che la storia si ripete, che la genetica non cambia, ho ripetuto e sto ripentendo passo dopo passo quello che nella mia famiglia è già successo, e sa qual è la cosa peggiore?
La cosa peggiore è che conosco già il destino che mi spetta, dopo essere stata colpita negli interessi materiali e affettivi arriverà la morte! Inaspettata, indegna e inesorabile e soprattutto senza la soddisfazione per qualche mio familiare è stato anche abbastanza naturale se così si può dire, di una persona che muore perché annega i propri dolori nell’alcol per dimenticare un figlio che è stato ucciso per essersi rifiutato di sottostare ai ricatti di qualche mafioso di turno. Per qualcun altro è stato certamente più atroce di quanto si possa immaginare lentamente, perché questo visti i risultati precedenti negativi si è fatto giustizia da solo e , si sa, quando si entra in certi vincoli viziosi difficilmente se ne esce indenni tutto questo perché le istituzioni hanno fatto orecchie da mercante!
Ora con questa mia lettera vorrei presuntuosamente cambiare il corso della mia triste storia perché non voglio assolutamente che un giorno qualcuno possa sentirsi autorizzato a fare ciò che deve fare la legge e quindi sacrificare se pur per una giustissima causa la propria vita e quella dei propri cari per perseguire un’idea di giustizia che tale non è più nel momento in cui ce la si fa da soli e con metodi spicci.
Vorrei Signor Presidente, che con questa mia richiesta di aiuto lei rispondesse alle decine, se non centinaia di persone che oggi si trovano nella mia stessa situazione. Ora non so, sinceramente, quanti di noi non abbiamo mai commesso alcun reato e, dopo aver denunciato diversi atti criminali, si sono ritrovati catalogati come collaboratori di giustizia e quindi di appartenenti a quella nota fascia di infami, così comunemente chiamati in Italia, piuttosto che testimoni di atti criminali, perché le posso assicurare, in quanto vissuto personalmente che esistono persone che nonostante essere in mezzo a situazioni del genere riescono a non farsi compromettere in nessun modo ad avere saputo dare dignità e speranza oltre che giustizia alla loro esistenza.
Lei oggi, signor presidente, può cambiare il corso della storia, se vuole può aiutare chi, non si sa bene perché, o come, riesce ancora a credere che anche in questo paese vivere giustamente si può nonostante tutto!
La prego signor presidente, ci dia un segnale di speranza, non attendiamo che quello, e a chi si intende di diritto civile e penale, anche voi aiutate chi è in difficoltà ingiustamente! Personalmente non credo che esiste chissà chi o chissà cosa, però credo nella volontà delle persone, perché l’ho sperimentata personalmente e non solo per cui, se qualche avvocato legge questo articolo e volesse perseguire un’idea di giustizia accontentandosi della retribuzione del patrocinio gratuito e avendo in cambio tante soddisfazioni e una immensa gratitudine da parte di una giovane madre che crede ancora in qualcosa vagamente reale, oggi giorno in questo paese si faccia avanti, ho bisogno di aiuto, qualcuno ci aiuti.
Please!
Una giovane madre disperata
28 aprile 2009
La risposta del Quirinale del 2 dicembre 2010 indirizzata al direttore dell’Ansa
A proposito del dispaccio «Sciolta nell’acido: Lea Garofalo a capo Stato, mi uccideranno», che rilancia un testo pubblicato da un quotidiano calabrese, dalle accurate ricerche compiute al Quirinale, non risulta essere mai pervenuta alcuna lettera dell’allora collaboratrice di giustizia al Presidente della Repubblica. Né il Capo dello Stato avrebbe potuto conoscere il testo di una “lettera aperta“ ma – stando a quanto si ”rivela“ – “mai pubblicata”, su una vicenda il cui tragico epilogo non può che turbare profondamente.
Pasquale Cascella, consigliere del Presidente della Repubblica per la Stampa e la Comunicazione
IL PAESE SENZA MEMORIA. Viviamo in un Paese strano... succede sempre tutto dopo. Le persone si tutelano in vita, non si aspetta la morte per ricordare. Nulla è stato fatto per salvare Lea dalla Schifosa 'ndrangheta. Anzi, è stata ritenuta 'poco credibile', una 'pentita', una 'tossica'. Questi i termini utilizzati da chi doveva proteggerla.
Vergogna!!!
La fimmina calabrese è stata bruciata a Milano il 24 novembre 2009.
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