«Siamo dubbiosi per come è stata fatta, perché rischia di peggiorare l’equilibrio socio-economico del Paese»

L'INTERVISTA alla startup politica di stampo liberale e progressista, Riforma e Progresso.

«Siamo dubbiosi per come è stata fatta, perché rischia di peggiorare l’equilibrio socio-economico del Paese»


La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. Siete favorevoli o contrari? Perchè?

Per quanto riguarda la creazione della norma in sé, non si può essere contrari, visto che era un atto dovuto, previsto dal titolo V del 2001 della costituzione. Al di là di ciò, come ogni cosa, soprattutto se politica, porta con sé interessi di varia natura; alcuni possono essere favorevoli e portare beneficio ai cittadini, altri no, dipende. Quindi noi di Riforma e Progresso non ci diciamo contrari alla norma, di per sé siamo favorevoli a ridurre il centralismo dello Stato, ma siamo dubbiosi per come è stata fatta, perché rischia di peggiorare l’equilibrio socio-economico del Paese senza la garanzia concreta del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni.

Riteniamo inoltre che in alcuni ambiti sia necessaria una gestione a livello centrale, come l’organizzazione della giustizia di pace, dell’istruzione o dell'energia.

Che valutazione generale date al Ddl Calderoli?

Difficile a dirsi senza ancora un’attuazione tramite protocolli Stato-Regioni, intesa sui LEP e decreti attuativi, anche perché il nostro sistema sarebbe diverso da atri esempi europei come le provinceautonome spagnole (comunidades) o il federalismo tedesco con i suoi Lender, perché facendo interventi di facciata senza calarsi nel sistema Italia non porta a nulla se non si riforma l’efficienza dell’apparato burocratico pubblico e se non si delineano nella pratica i principi di coordinamento generale della finanza pubblica necessari a realizzare il nuovo assetto finanziario del Paese delineato dall’articolo 119 della Costituzione, nel quale ciascun ente si assume piena responsabilità sia in ordine all’entrata sia in ordine alla spesa.

Perché il nodo cruciale è la capacità o l’incapacità delle Regioni di autogestirsi responsabilmente, soprattutto per quanto riguarda la loro spesa pubblica, dato che altrimenti lo Stato dovrà in qualche modo trovare le risorse (togliendole ad altro) per ripianare i deficit che si creeranno o sopperire alle mancanze, incapaci di garantire i standard minimi di servizio. Senza considerare che le istituzioni nazionali rimarrebbero invariate, con anche un Parlamento affetto dai problemi del bicameralismo perfetto invece di dividersi tra parlamento nazionale e parlamento federale “delle regioni” per esempio, come a lungo proposto da più parti. Non ultimo, c’è l’annoso e complesso discorso su come definire i LEP (per garantire il minimo qualitativo standard di servizi uguali in tutta la Nazione). Non è la prima volta che si tenta di definire i famigerati Livelli Essenziali delle Prestazioni.

Un tentativo fu fatto con la legge delega per l’attuazione del federalismo fiscale (Legge n. 42/2009) e con i suoi decreti attuativi, ma ad oggi, in diversi settori cruciali del nostro Paese, i LEP non hanno ancora visto la luce. Tra l’altro, c’è anche un altro problema, non solo la definizione di questi ultimi, ma anche le risorse finanziarie che servirebbero per la loro attuazione. Quanti miliardi servirebbero? La sensazione è che siano davvero tanti e che sarà difficile finanziarli. C’è il rischio che lo Stato per farlo dovrà ridurre la spesa pubblica e/o aumentare le tasse e/o incrementare il debito. Politicamente ciò non è semplice.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

Non ci piace perdere tempo sulle varie congetture politiche tra l’altro passate. Riforme decennali costituzionali, approvate da referendum, non si possono fare solo con un unico supporto di destra o di sinistra. Dal momento in cui negli anni ‘70 si sono create le Regioni, era ovvio che si doveva arrivare a riempirle con qualche funzione. Tra l’altro è palese che alcune materie sono molto più efficaci ed efficienti se regolate e gestite a livello locale, tenendo conto anche delle diversità culturali, sociali, geografiche ed economiche di ogni zona di questo Paese.

Ricordiamoci che l’Italia è stata unita da un piccolo regno accentratore che a livello amministrativo era di stampo francese, quando il territorio italiano, suddiviso per secoli da repubbliche, regni, il papato, era molto più simile ad una Spagna, o una Germania (Paesi con all’interno regioni autonome o Stati federali), diviso in territori diversificati dal punto di vista economico, amministrativo, sociale, culturale. Con il senno di poi, forse, all’epoca, avrebbe potuto portare più giovamento seguire l’idea di Carlo Cattaneo.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritenete che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

Il principio di sussidiarietà di cui parli è mantenuto anche nel DDL Calderoli, il quale, non specificando quali competenze verranno trasferite a Province, Città Metropolitane e Comuni, lascia intenzionalmente la massima libertà ai Consigli Regionali di affidare loro le funzioni e le risorse economiche che più ritengono opportune, trattenendo per sé solamente quegli ambiti per cui è necessario un coordinamento unitario. Esattamente come accade già oggi.

Un possibile problema del ddl è invece il dare la facoltà alle Regioni di gestire troppe materie, che nel lungo termine porterebbero alla creazione di uno Stato molto debole, incapace di agire sui grandi sistemi, sulle economie di scala, sull’efficienza e la gestione delle pubbliche amministrazioni. Senza contare che potrebbe anche indebolire la capacità strategica dell’Italia. La non uniformità su alcune materie e competenze, come la giustizia di pace o l’istruzione, rischia per esempio di essere un boomerang per l’economia e conseguentemente per il benessere dei cittadini.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centrodestra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

Per come è stata concepita e costruita la proposta, si capisce che hanno cercato di seguire più che altro desideri mai sopiti provenienti dallo specifico partito di cui Calderoli fa parte. Senza contare che la Meloni stessa per anni si è battuta contro la frammentazione amministrativa dell’Italia, preferendo invece la forza e la centralità dello Stato. Quindi, sul fatto che adesso la stessa Presidente Meloni si sia rimangiata tutto, forse per altre opportunità politiche dei propri alleati di Governo, la dice lunga. Per come è stata fatta, non si è tenuto conto dei reali bisogni dei cittadini ma nemmeno i limiti burocratici, fiscali e amministrativi che ha da decenni questo Paese.

In Italia purtroppo è sempre stato così. I partiti non hanno mai avuto una reale volontà di migliorare la situazione e il benessere dei cittadini, quanto piuttosto di fare delle operazioni lampo, malfatte, per dare il contentino ai propri elettori o per dare attuazione a improvvisate necessità ideologiche. Questo rischia di portare disastri.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensate?

Le vie istituzionali non sono mai una scelta sbagliata, ma dubito che il DDL Calderoli possa essere realmente dichiarato incostituzionale. Mi sembra piuttosto espressione della solita tifoseria politica di chi cerca la contrapposizione pur di mostrarsi diverso, altrimenti non si spiega per quale motivo amministratori pubblici dovrebbero perdere tempo appellandosi contro leggi nate proprio da un precetto costituzionale. D’altra parte è innegabile il fatto che questa riforma sia figlia di un sogno autonomista/indipendentista di lungo corso del partito di cui Calderoli fa parte, pertanto non mi sorprenderebbe se la riforma dovesse rivelarsi incapace di garantire una maggiore libertà ad alcune Regioni senza curarsi delle conseguenze in capo alle altre. Il populismo molto spesso si ferma alla superficie e una volta assolti i propri proclami finisce tutta la sostanza.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo voi e perchè?

I LEP non sono una novità nel panorama politico italiano e molti governi prima di questo hanno miseramente fallito provando a fissarne i limiti. Per questo ho il fondato timore che verranno fatti male o comunque in modo insufficiente, disomogeneo, con valutazioni spannometriche od assumendo pesi e misure dalle mere finalità propagandistiche, che nel lungo periodo rischierebbero di produrre piccoli disastri socio-economici.

Ma al di là di eventuali danni a discapito prevalentemente del sud, se anche i LEP fossero per assurdo fatti benissimo, ma se poi la burocrazia rimane uguale, i politici regionali e il loro modus operandi di fare politica rimarrebbero gli stessi e se il sud continuerà ad usare i posti nel lavoro pubblico come ammortizzatore sociale, se non si faranno investimenti di sviluppo del lavoro e quant’altro, puoi avere tutti i LEP perfetti che vuoi ma alla fine i servizi saranno comunque insufficienti, e se le Regioni non avranno i soldi per mantenerli, lo Stato (e quindi da tasse o servizi che arrivano anche dal Nord) dovrà in qualche modo metterci i soldi.

Se al Sud non saranno in grado di garantire certi servizi non faranno altro che obbligare i cittadini ad andare al nord per curarsi, o lavorare o semplicemente per vivere meglio, sovraccaricando quindi il nord, rallentandolo e appesantendone gli apparati pubblici regionali.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno…

Le risorse sarebbero le stesse, solo che il nord ne tratterrebbe di più, senza dare la garanzia che le usi tutte al meglio però, e il sud ne avrebbe meno e dovrebbe pensarci lo Stato a sopperire (quindi da tasse che per gran parte arriverebbero dal nord) o forse nelle Regioni più desolate tipo la Calabria, ancora non basterebbe e quindi sempre più calabresi emigrerebbero al nord, senza contare il rischio che sempre più cittadini del sud potrebbero essere spinti per sopravvivenza anche tra le braccia della malavita.

Ma secondo voi bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Più che diritti di cittadinanza uguali per tutti, quello che auspico è che siano garantiti livelli minimi uguali per tutti. Almeno questo è l’obiettivo dei LEP, ma come ben spiegato, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Comunque sarebbero livelli minimi base, il minimo sindacale, che non è detto sia sufficiente, e comunque ci potrà sempre essere il rischio che il nord che potrà spendere di più diverrà polo attrattivo per chi scapperà dal sud con servizi più scadenti.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Per quanto ci riguarda, noi riteniamo cruciale garantire tutelare la sanità pubblica, che anzi andrebbe implementata, armonizzata, gestita meglio. E questo non avviene solo pompandoci dentro soldi, ma facendo anche scelte mirate, efficaci, che spesso la politica regionale non ha dimostrato di essere in grado di saper fare, anche avendone le risorse . La salute è una cosa fondamentale, senza considerare che se un ospedale del sud non funziona o peggio, viene chiuso per mancanza di fondi, le persone del sud ovviamente si recherebbero al nord, intasando, appesantendone i costi, della sanità del nord. Dare totale autonomia sanitaria alle regioni è una scelta sbagliata a nostro avviso.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

Lo scopo della manovra è senza ombra di dubbio triplice:

- Soddisfare tutti i componenti della maggioranza di Governo (in questo caso la Lega) per una maggiore stabilità complessiva. Grazie alla riforma della giustizia su impulso di Forza Italia ed all’autonomia differenziata voluta dalla Lega, ora Giorgia Meloni può sperare di avere maggiore supporto degli alleati

- La Lega ha potuto dimostrare ai suoi elettori, soprattutto di vecchia data, di fare un ulteriore passo avanti verso una maggiore autonomia regionale che a fin dei conti beneficerà di più il ricco nord, bastione elettorale del Partito

- Si è iniziato a dare attuazione a quanto previsto dalla riforma costituzionale del titolo V

 

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