«Chi la intende come modo per rimarcare ancora di più le differenze territoriali non può che trovarmi ostile»
L'INTERVISTA al Senatore Antonio Guidi, eletto in Umbria ed in quota Civici d'Italia – Noi Moderati.
La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?
Da sempre mi indigno sulla visione a macchia di leopardo del nostro Paese, sul piano dell’erogazione dei servizi. Nello specifico, chi si stupisce della configurazione arlecchinesca dei servizi di diagnosi e di cura di numerosissime patologie non conosce la realtà o non vuol conoscerla. Sul piano teorico, tenere conto delle specificità territoriali è un’operazione seria di verità. Chi intende l’autonomia differenziata come modo per rimarcare ancora di più le differenze territoriali non può che trovarmi ostile. La paventata omogeneizzazione è antiscientifica, oltre che disumana. Invece si lavora per considerare le esigenze specifiche e offrire realtà concrete di risposta.
Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?
Un testo onesto e responsivo. Probabilmente avrà problemi di una corretta interpretazione nel settore sociosanitario nella consueta abitudine italiota del tirare acqua al proprio mulino.
C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?
In parte sì. Il Titolo V è per alcuni aspetti una riforma incompleta poiché dando potestà territoriale di programmazione ed erogazione tende a marcare davvero le differenze. Non vi è una clausola di salvaguardia e c’è stato un peggioramento della situazione. Chi si stupisce oggi di un nuovo provvedimento legislativo, guarda l’indice e non la luna.
Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?
Inizialmente, la riforma del Titolo V mi affascinava perché speravo enfatizzasse la partecipazione dei cittadini alla vita sociosanitaria del territorio, ma poi sono rimasto fortemente deluso per la mancanza di approfondimenti e per aver tendenzialmente tolto tessuto a chi già avesse la coperta troppo corta e fatto diventare un damasco chi fosse già ricco, esasperando, di fatto, le differenze.
Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?
Il dibattito politico è naturale e sano in una democrazia, ma ciò non deve distoglierci dall'obiettivo principale: servire il bene comune e rispondere ai bisogni reali della popolazione. Capisco le preoccupazioni sollevate riguardo al rischio che le riforme costituzionali si trasformino in uno scontro politico piuttosto che concentrarsi sui bisogni dei cittadini. Tuttavia, vorrei sottolineare che la riforma del Titolo V del 2001, voluta dal centro-sinistra, ha portato a una serie di problematiche che devono essere affrontate con urgenza. La nostra proposta, portata avanti dal Ministro Calderoli, mira a correggere questi errori e a migliorare il funzionamento dello Stato. Non si tratta di una mera opposizione politica, ma di un impegno concreto per migliorare la governance del nostro Paese. La nostra riforma è stata progettata con l'obiettivo di rendere le istituzioni più efficienti e vicine alle esigenze dei cittadini, aumentando la loro partecipazione e garantendo una migliore distribuzione delle risorse.
Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?
Sono sicuramente partiti con qualche decennio di ritardo e non ritengo siano obiettivi.
Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?
Auspico la seconda ipotesi: non un provvedimento che abbassi il livello dei servizi ma che cerchi di ottemperare la necessità di una risposta comune, tenendo conto delle differenze territoriali. L’importante è che nessuno resti senza risposte. Ci sono territori, ad esempio, in cui a livello polmonare esiste un maggiore fattore di rischio. Dunque, prevedere servizi di prevenzione e cura ad hoc è improrogabile, alzando vigilanza e terapie.
C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...
Non intravedo la ratio di questa affermazione. Prospettando questa iniziativa, si intende migliorare l’erogazione dei servizi e non diminuirli.
Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?
No. È un buon strumento. Anzi, se ben utilizzato, è un ottimo strumento. Ma, come tutto, da solo non basta. Occorre formazione ed educazione del personale e anche dei cittadini, aumentandone la consapevolezza.
Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?
Aldilà della ricaduta concreta e positiva sui servizi, sarà anche occasione per approfondire tematiche sociosanitarie oltre i pregiudizi partitici.
Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?
Ogni provvedimento deve essere maneggiato con cura, poiché se maneggiati con irresponsabilità o con eccessivo pregiudizio, producono danni. Ma non è il nostro caso.
A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?
Ottenere un riequilibrio dei servizi territoriali. Altrimenti sarebbe masochistica. E, ripeto, non è il nostro caso.
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