Il consorzio mafioso a Milano su Report

A Milano ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra si sono federate in un unico consorzio mafioso. All’ombra della Madonnina, esponenti apicali delle tre più importanti organizzazioni mafiose pianificano insieme affari e agganci con la politica. Un sistema criminale che negli ultimi anni è riuscito a infiltrare settori economici e finanziari strategici del territorio milanese e sono riusciti a entrare in contatto con alcuni tra i politici lombardi più in vista di Fratelli d’Italia che attualmente ricoprono incarichi al governo e nelle istituzioni europee. Della cupola milanese trasversale alle tre mafie avrebbero fatto parte rampolli di antiche famiglie di cosa nostra lombarda, parenti stretti di Matteo Messina Denaro, capi delle locali di ‘ndrangheta ed emissari di un potente clan di camorra.

Il consorzio mafioso a Milano su Report

“Vi apro la testa in due: l’imprenditore di Abbiategrasso Errante Parrino ha reagito così alle nostre domande. Che ad Abbiategrasso la mafia si sia da tempo radicata ne è convinta anche la Procura di Milano, secondo la quale, grazie ai rapporti diretti con la famiglia di Messina Denaro, Paolo Errante Parrino sarebbe diventato uno dei punti di riferimento del nuovo consorzio mafioso milanese.

Una tesi a cui non ha creduto il gip del Tribunale di Milano che ha negato ai pm l’arresto di Errante Parrino. A suo carico, scrive testualmente il giudice, ci sono solo vicende bagattellari”

scrive Report sui suoi canali social presentando la puntata.

Report ha mandato in onda l’intervista a Nunzio Perrella, collaboratore di giustizia e uomo di Camorra che ha raccontato la gestione illecita dei rifiuti in Campania facendo scattare diverse indagini. L’ex boss ha raccontato di aver conosciuto il padre di Giorgia Meloni, Francesco detto Franco, nei primi anni '90 arrestato poi, come riportato dalla stampa spagnola, il 25 settembre del 1995 nel porto di Maó, a Minorca, in possesso di 1.500 chili di hashish su una barca a vela.


“Ora le dichiarazioni di Perrella rivelerebbero che il padre dell’attuale presidente del Consiglio non era un semplice trafficante di droga ma lavorava alle dirette dipendenze di un boss mafioso che da quasi 20 anni controlla gli affari criminali più importanti della Capitale”,

ricostruisce il servizio Sigfrido Ranucci. Perrella sostiene di aver chiesto in quegli anni a Michele Senese la disponibilità di importanti quantitativi di hashish. Senese gli risponde in maniera positiva, assicurandolo di avere queste disponibilità facendo riferimento a un suo uomo che con la barca a vela faceva in quegli anni uno o due viaggi al mese tra la Spagna, il Marocco e l’Italia. Il suo nome è Franco, appunto.

Ricostruendo un po' il servizio, realizzato dal giornalista Giorgio Mottola, si è concentrato su Gioacchino Amico come figura di raccordo tra le tre organizzazioni criminali principali che operano in Italia: mafia, ‘ndrangheta e camorra.

È dalle sue parole intercettate che si capisce l’idea chiara di mettere insieme una locale di ‘ndrangheta come quella di Legnano, guidata da Massimo Rosi e alleata per l’occasione coi gelesi; Paolo Errante Parrino, imparentato con Matteo Messina Denaro e Giuseppe Fidanzati per la mafia e il clan di camorra dei Senese, del quale si vanta di fare parte insieme a Giancarlo Vestiti.

Inoltre spiega quali sono gli obiettivi prefissati questo presunto sistema mafioso lombardo: dalle cooperative al superbonus, dai rapporti con la politica al traffico di droga. È sui rapporti con la politica il giornalista fa un approfondimento svelando l’avvicinamento a Paola Frassinetti, oggi sottosegretaria all’Istruzione, i rapporti tra Amico e Carlo Fidanza, eurodeputato di Fratelli d’Italia, per il quale aveva organizzato almeno un evento elettorale per le europee, il tentativo di Amico di candidarsi come sindaco a Busto Garolfo e l’ipotesi di portare in parlamento un medico attraverso la corrente di Daniela Santanchè.

Nel frattempo scorrono le immagini delle videocamere spia piazzate nei vari luoghi d’incontro a Busto Garolfo, in alcuni uffici di imprese edili, in un terreno di Castano Primo, dove si ritrovavano gli appartenenti alla locale di Legnano con Massimo Rosi e in altri luoghi tra Cinisello Balsamo, Abbiategrasso e Milano. Si vedono mazzette di soldi impilate ordinatamente sui tavoli dove si doveva discutere di cantieri edili ma anche sacchi di marijuana e partite di cocaina.

“Lecito e illecito si mischiavano come se tutto facesse parte dello stesso piano ma per il gip di Milano si tratterebbe di suggestioni fantasiose.”

conclude Sigfrido Ranucci.

 

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immagine prese online

 

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