L’eterna inaccettabile pandemia della schiavitù sessuale

Lo sfruttamento della prostituzione non si è mai fermato, neanche dopo il lockdown. Sta costruendo nuove frontiere dello sfruttamento sul web, associandosi a torture, violenze e pedopornografia.

L’eterna inaccettabile pandemia della schiavitù sessuale
Leonardo Palmisano (fonte profilo facebook), Gerardo Gatti e Adriana Colacicco (Progetto Di Vita) e Irene Ciambezi (fonte Semprenews.it)

Lo sfruttamento della schiavitù sessuale, ha denunciato dalle nostre pagine nei mesi scorsi Irene Ciambezi della Comunità Papa Giovanni XXIII e tra i motori della campagna «Questo è il mio corpo», è un’eterna inaccettabile pandemia. Fonte sicura di fondi per le mafie e permessa da troppi, squallidi luoghi comuni intorno la prostituzione e la sua esistenza.

Viviamo in un Paese in cui si ignorano e negano le cicatrici nell’animo e nel fisico, devastanti e perenni, di chi viene sfruttata, in cui tanti considerano accettabile trattare le donne come oggetto da sfruttare come fosse un giocattolo, troppi sparlano e ripetono come pappagalli frasi fatte senza aver mai affrontato la realtà, senza essere mai scesi nella carne viva della quotidianità delle vittime e della realtà reale. 

Si accetta lo sfruttamento della schiavitù sessuale, lo si considera «normale» all’insegna del «ma tanto si è sempre fatto» fino al «la legge lo deve permettere così almeno pagano le tasse». Dimenticandosi che, così come dimostrano gli Stati dove è già avvenuto come ci ha sottolineato Irene Ciambezi, i primi se non gli unici a sfruttare tale nuovo mantello giuridico sarebbero le mafie. E non può essere accettabile lucrare, fosse anche lo Stato, sulla sofferenza, sullo sfruttamento, e sulla trasformazione in trastullo personale per ricchi e meno ricchi depravati, a scapito di persone (non cose o oggetti) che rimarranno devastate e distrutte a vita.

L'eterna inaccettabile pandemia della schiavitù sessuale non si è fermata in quest'anno segnato dall'emergenza sanitaria: «in tutta Italia e nella nostra Puglia, in particolare a Bari - hanno denunciato il mese scorso Adriana Colacicco e Gerardo Gatti di Progetto Di Vita - numerosi sono gli atti osceni in luogo pubblico di donne svestite che in pieno giorno, sprovviste anche di mascherine, affollano le immediate periferie e si vedono code di uomini, che infrangono i divieti alimentando il mercato dello sfruttamento della prostituzione e aggravando il pericolo per la salute pubblica e magari rientrano a casa e contagiano le loro famiglie».

«Il mercato della prostituzione dilaga per bisogno di soldi, ma anche per le pressioni dei “padroni” ed è chiaro che in Italia la prostituzione non costituisce reato, ma lo sono solamente il favoreggiamento o lo sfruttamento della prostituzione - sottolineano Colacicco e Gerardo - occorre quindi reprimere le organizzazioni di criminali e scoraggiare i clienti, quindi facciamo denuncia pubblica al Prefetto di Bari e al Sindaco De Caro di prendere dei seri provvedimenti in merito perché oltre ad arginare la diffusione dei contagi e tutelare la salute pubblica e sono utili anche a combattere le mafie che ci lucrano».

Le mafie nigeriane sono cresciute e prosperate come agenzia di servizi criminali per le multinazionali del petrolio, accumulando ingenti patrimoni che hanno investito in tutto il mondo diventando interlocutori delle mafie di ogni continente. Così sono approdate in Europa e nell’America del Nord e così hanno continuato ad agire. Sfruttando leggi disumane che soffocano quasi ogni possibilità di giungere legalmente e in sicurezza nel nord del mondo, saldandosi con organizzazioni criminali di Africa del Nord (dall’altro persino sostenuti, come in Libia, anche dai provvedimenti della classe politica europa) ed Europa.

Proponendosi come manovalanza organizzata, forza criminale pervasiva e diffusa a cui appaltare il controllo di molte piazze e attività come lo spaccio o lo sfruttamento della prostituzione. Un’avanzata e una dinamica che si può sovrapporre perfettamente all’ascesa dei Casamonica a Roma e le dinamiche di alcuni dei principali sistemi criminali collegati laziali, pugliesi, abruzzesi e molisani per esempio. Le mafie si adattano, sfruttano ogni occasione che i tempi offrono, si saldano tra di loro (mentre abbiamo politicanti da operetta cianciare di mafie vecchie e nuove, di mafie italiane buone sconfitte e di mafie straniere cattive)  sfruttando ogni possibile piega del tessuto economico, sociale e politico.

Captando quali sono le occasioni di guadagno migliori da sfruttare. Leonardo Palmisano nel libro «Ascia nera» riportò le atroci testimonianze di ragazze nigeriane che sono state segregate a Sabratha, in Libia. Luogo di un tempio mafioso libico, ha ricordato nelle scorse settimane lo stesso Palmisano, dove vanno a pregare ‘ndranghetisti, capiclan libici e oscuri uomini dei servizi segreti come documentano le inchieste di Nello Scavo di Avvenire. Inchieste che svelano la saldatura tra le varie mafie, colletti bianchi, complicità degli Stati non solo nelle loro «zone grigie» dalla Libia alla Malta di Dafne Caruana Galizia fino all’Italia.

Le donne e ragazze cinesi sfruttate in Europa tra il 2010 e il 2016 sono state il terzo maggior gruppo di vittime secondo dati della Commissione Europea. Almeno sei dal luglio scorso sono state le operazioni delle forze dell’ordine contro lo sfruttamento di donne e ragazze cinesi (due nelle ultime settimane) a Roma, Catania, Milano, in Trentino, a Matera e una stessa organizzazione in sei diverse località della Toscana. «La maggior parte delle vittime prostitute cinesi in Europa provengono dalle regioni nord-orientali della Cina più impoverite – la recente denuncia di Irene Ciambezi su Semprenews - Vengono spostate nel sud-est e poi trafficate attraverso l'ex Unione Sovietica prima di raggiungere l'Europa».

Secondo alcuni investigatori le bande cinesi potrebbero essere le prime nel controllo del traffico sessuale mondiale: «reti criminali organizzate come società segrete mafiose». «Le donne cinesi arrivano in Europa pensando di lavorare in una famiglia come colf o baby sitter – prosegue Irene Ciambezi - E iniziano davvero così: senza un giorno libero, guadagnano 400, o 600, euro al mese. Sfruttate fin dall’inizio, come alternativa gli viene prospettato per un periodo di lavorare ancora più duramente in un ristorante. Anche in quel caso dove lavorano hanno un posto letto. Dormire e lavorare nello stesso posto è una forma per tenerle sotto controllo. E quando sono sfinite, se si ribellano, gli viene prospettata la prostituzione. A quel punto non hanno più la forza di reagire. In alcuni casi, avvengono più forme di sfruttamento insieme: lavoro domestico, nella ristorazione e sfruttamento sessuale. A turni».  

Nei mesi del lockdown primaverile l’esplosione dell’uso del web - causato dal massiccio impiego di smart working, didattica a distanza e dal confinamento a casa – ha visto aumentare in maniera esponenziale anche l’utilizzo delle piattaforme di messaggistica o di siti web, alcuni apparentemente legali, per il narcotraffico e ancor di più per lo sfruttamento della tratta. Ormai accanto alla pedopornografia online si deve far riferimento anche ad una cyber tratta. Così come è emerso durante un evento facebook organizzato dalla campagna «Questo è il mio corpo» a settembre promosso all’interno del progetto di prevenzione «Nemmeno con un fiore! Stop alla violenza» https://www.questoeilmiocorpo.org/wp-content/uploads/2020/02/Nemmemo-con-un-fiore-Stop-alla-violenza.pdf .

«Nelle grandi metropoli, ma anche lungo la costiera adriatica, il fenomeno è cresciuto e si è spostato al chiuso. E l’allarme riguarda soprattutto lo sfruttamento online, attraverso l’adescamento e anche il cyber crime – ha scritto in un resoconto dell’evento Irene Ciambezi - Le reti criminali sono state rapidissime nel riadattare i propri modelli di business attraverso l’uso intensivo della comunicazione online e anche l’uso dello sfruttamento indoor, nelle case, pur di mantenere le proprie entrate. E la cosa tristissima è che il cybercrime connesso alla tratta ha sviluppato enormi capacità operative con l’aumento della richiesta di servizi online o in videochat e a questo fenomeno si associa anche un altro fenomeno: le torture, le violenze perpetrate per produrre materiale pedopornografico».

 

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